Violenza tra partner: qualche dato
Si è da poco concluso il IV convegno online “Affrontare la violenza sulle donne”, organizzato da Erickson, dove l’intervento dei vari relatori ha permesso un’analisi accurata dello stato dell’arte psicologico, psicoterapeutico, sociale e giuridico rispetto alla violenza tra partner.
Non solo quindi il lavoro volto a sostegno e cura delle donne, ma anche un’attenzione particolare al trattamento per gli uomini maltrattanti.
Il fenomeno è di ampissima portata, se si pensa che la Fondamental right agency (2014) ha pubblicato dati secondo cui in Italia, a partire dai 15 anni, nel corso della vita, il 19% delle donne ha subito violenza fisica o sessuale, il 38% violenza psicologica e il 9% stalking.
Gli studi
Dalla letteratura inoltre è possibile evincere che:
- la violenza è trasversale alla posizione sociale, riguarda anche le donne anziane e sembra essere più frequente fra donne disabili e con problemi cronici di salute.
- Emergono differenze socioculturali per gli uomini: coloro con livelli di istruzione più bassi e che abusano di alcolici hanno più probabilità di mettere in atto comportamenti violenti in casa e con altre persone.
- La violenza contro le donne coinvolge sempre i figli, sia perché la subiscono sia perché vi assistono.
- In Italia 427000 bambini nell’arco di 5 anni hanno assistito alla violenza del padre sulla madre. La violenza assistita è una vera forma di violenza, data anche la sovrapponibilità dei ruoli: il 40-70% dei partner violenti sono anche padri violenti.
- Gli abusi sessuali sui minori sono più probabili quando la madre è maltrattata (OMS, 2010) e circa il 20% delle ragazze hanno subito un abuso sessuale che nella maggior parte dei casi era intrafamiliare.
- In una ricerca di Bastiani (2018) su 151 donne che si sono rivolte a centri antiviolenza, il 40% aveva subito violenza anche in gravidanza, i figli avevano assistito nel 79% dei casi e nel 40% l’aveva subita direttamente.
Considerata tale panoramica la preoccupazione durante il lockdown, dovuto alla pandemia mondiale, era massima e, in effetti, i numeri non hanno tradito le aspettative.
Pandemia, isolamento e violenza sulle donne: impatto del COVID-19
A causa dei periodi di restrizione dovuti all’imperversare del Coronavirus, il tema della violenza sulle donne, già di grande attualità e interesse, è stato ulteriormente posto sotto i riflettori.
Di fatto gli interventi pratici sul suolo italiano sono stati scarsi per arginare una situazione già di per sé complessa.
Si è trattato più che altro della messa a disposizione e pubblicizzazione dei numeri d’emergenza per richiedere aiuto.
A livello internazionale sono stati lanciati messaggi per fare attenzione all’aggravarsi del fenomeno. Non hanno però seguito altrettanti interventi concreti.
La nota positiva riguarda il fatto che sono fiorite tantissime ricerche volte ad approfondire frequenza, fattori predisponenti e precipitanti. Queste hanno aiutato a comprendere ancora meglio ciò che accade, al fine di implementare gli interventi di prevenzione e cura.
Cosa succede nelle relazione violente quando lo stato impone a tutti restrizioni di movimento e di vicinanza fisica? Cosa succede quando chiudiamo le persone in casa e quando questi sono uomini maltrattanti?
La violenza sulle donne conviventi durante il lockdown
In linea generale i dati hanno mostrato che la convivenza forzata, aggravata dagli altri fattori di stress pandemia-dipendenti (la gestione dei figli, l’uomo a casa dal lavoro ecc.), ha portato a un aumento della violenza del 28%.
Coloro che invece hanno riferito una diminuzione degli agiti aggressivi hanno giustificato tale situazione dalla non necessità, da parte del maltrattante, di controllare la partner, essendo questa confinata in casa.
Tale dato è coerente con l’ormai accertato fenomeno per cui il bisogno di controllo, è uno dei fattori centrali legati all’uso della violenza.
L’unico aspetto positivo di tale situazione forzata, ha riguardato il fatto che molte donne si sono rese consapevoli della situazione e hanno deciso di agire per mettere fine ai soprusi.
La violenza sulle donne non conviventi durante il lockdown
D’altra parte, un dato interessante, ha riguardato la violenza sulle donne non conviventi. Fenomeno poco visibile e meno preso in considerazione, ma che le ricerche ci dicono avere numeri importanti:
- infatti i 2/3 dei femminicidi avvengono entro i tre mesi dalla fine di una relazione (EURES, 2014).
- Il 51% delle donne separate continua a subire violenze che, in questo periodo, diventano più gravi (Istat, 2015).
- Una pioneristica ricerca inglese ha fatto emergere che le donne hanno subito violenze durante lo scambio dei figli (Humpheys & Thiara, 2003).
- Avere figli con un uomo violento è il principale fattore predittivo di aumento e continuazione della violenza.
È bene precisare che le violenze non terminano con la separazione, questa è solo parte di un continuum (Kelly, 1999).
Pensiamo che 3 donne su 7 subiscono tutti i tipi di violenze e le cose vanno peggio se sono presenti figli.
Gli agiti aggressivi continuano dopo la separazione, momento più delicato in quanto l’uomo deve mantenere il controllo, che sembra sfuggirgli di mano.
I dati però hanno mostrato che durante il lockdown vi è stata una diminuzione della violenza per le donne non conviventi grazie al distanziamento fisico. Ciò in quanto il confinamento ha rappresentato una tregua momentanea.
Questo ci fa capire che quando le regole restrittive vengono messe in atto dagli organi competenti, la violenza si può arginare o quantomeno ridurre.
Coloro che invece hanno riportato un aumento degli agiti violenti si riferivano a comportamenti di stalking da parte dell’uomo abusante.
La violenza dopo il lockdown
Dopo il lockdown c’è stato un aumento della violenza, con tendenza delle istituzioni a dimenticarsi di queste situazioni.
La crescita è avvenuta per mancato senso di controllo del partner abusante e per uso di alcol.
Su quest’ultimo aspetto bisogna sottolineare che non solo l’uso di alcol porta alla disinibizione comportamentale. Anche l’omosocialità, ossia il vedere altri uomini che la pensano allo stesso modo, aumenta la giustificazione per mettere in atto comportamenti violenti.
In alcuni casi il calo degli agiti aggressivi è stato frutto della messa in atto delle misure cautelari, solitamente a seguito della presa di consapevolezza della donna.
Violenza tra partner e salute mentale
La relazione tra la violenza e la salute fisica e psicologica è ormai da tempo riconosciuta ed ampiamente accertata dalla letteratura: le conseguenze possono essere a breve, medio e lungo termine.
In generale maggiore è l’intensità della violenza e maggiore è la frequenza di sintomi.
Tra questi i più comuni sono: incubi, ansia, attacchi di panico, allucinazioni uditive e disturbi del sonno.
Più la violenza è frequente più sono frequenti questi sintomi. Nello specifico, le allucinazione uditive sono più frequenti quando sono presenti 4 tipi di violenza e aumenta quando il tipo di violenza è 7/8 tipi differenti.
In pratica, quando la violenza non è intensa le donne sembrano resistere, quando è elevata aumentano i sintomi.
Violenza tra partner, trauma e approcci terapeutici a disposizione
Se dal punto di vista sociale e istituzionale sono ancora tantissimi i passi da fare, la psicoterapia moderna ha messo in campo approcci e strumenti efficaci per curare il trauma che spesso segue la violenza tra partner.
Tra i trattamenti più utilizzati abbiamo la Psicoterapia SensoMotoria (Ogden, Minton & Pain, 2012) e l’EMDR (Shapiro, 2019).
La Psicoterapia Senso Motoria è uno degli approcci bottom up utili per il trattamento del trauma. Sviluppata negli anni ’80 da Pat Odgen è un approccio che trova la sua espressione in tecniche di intervento sia basate sul colloquio sia orientate al corpo, ponendo una particolare attenzione all’esperienza somatica come punto di accesso per l’elaborazione di eventi traumatici.
Nel lavoro sulla violenza sessuale, tale approccio si focalizza sull’elaborazione dei vissuti corporei e delle risposte di difesa bloccate nel corpo, per trasformare il corpo ferito in “corpo risorsa”, ricostruendo la dimensione intima con se stesse e successivamente percepire un corpo che può ancora accogliere la dimensione con l’altro.
La terapia EMDR, si focalizza sul ricordo dell’esperienza traumatica per favorirne la rielaborazione.
Utilizza i movimenti oculari o altre forme di stimolazione alternata per trattare disturbi legati a traumi o ad eventi emotivamente stressanti.
Nel campo della violenza tra partner è stata sviluppata per lavorare sia con le vittime sia con i maltrattanti, in quanto fermare e gestire le dinamiche della violenza di genere è possibile, non solo attraverso la cura delle vittime, ma anche attraverso la cura del maltrattante in quanto l’integrazione del trattamento EMDR può contribuire ad interrompere il ciclo disfunzionale della violenza.
Bibliografia
- Bastiani, F. (2018). The predictors of escaping violoence: a two years follow-up of women who sought help at an Anti-violence Centre. Tesi di dottorato in Neuroscienze e Scienze Cognitive, Università di Trieste.
- European Union Agency for Fundamental Rights (2014). Violence against women: An EU-wide survey. Publications Office of the European Union.
- Humphreys, C., & Thiara, R. (2003). Mental Health and Domestic Violence I Call It Symptoms of Abuse. British Journal of Social Work, 33, 209-226.
- Ogden, P., Minton, K., Pain, C. (2012). “Il trauma e il corpo. Manuale di Psicoterapia Sensomotoria”. Istituto Scienze Cognitive Editore.
- Shapiro, F. (2019) “EMDR. Il Manuale”. Raffaello Cortina Ed. Milano.
- World Health Organization, (2010). The world health report – Health systems financing: the path to universal coverage. Geneva.