Un recente studio ha esplorato la relazione tra umorismo e salute psicologica in persone che avevano subito un trauma, mostrando che maggiori livelli di umorismo si connettevano a una riduzione della sintomatologia post-traumatica e anche a una minore difficoltà a regolare le emozioni spiacevoli come ansia, paura o rabbia (Boerner, Joseph e Murphy, 2017).
L’umorismo è una forma di comunicazione tra le più importanti, anche se difficile da codificare perché priva di regole fisse. Facendo umorismo possiamo regolare l’aggressività dell’altro, stimolando una reazione positiva. Saper ridere di se stessi modula similmente anche l’aggressività che talvolta ci rivolgiamo contro, ad esempio con autocritiche o con pensieri svalutanti. Sul piano della relazione con l’altro o con noi stessi, l’umorismo stabilisce pertanto una vera complicità: una battuta spiritosa può bloccare l’irrompere dell’ansia, della paura o della rabbia.
Freud per primo si espresse sui “motti di spirito” descrivendoli come meccanismi psicologici tramite i quali si può liberare energia psichica altrimenti repressa. Scrive il padre della psicanalisi: “Consideriamo che esista uno stimolo per insultare una persona, ma questo è così combattuto dal senso delle convenienze che l’insulto non può avere luogo. (…) Supponiamo che si presenti la possibilità di derivare un buon motto di spirito dal materiale di parole e di pensieri altrimenti usati per l’insulto (…). Lo scopo represso (…) può ottenere la forza sufficiente a superare l’inibizione. Il motto di spirito si rende possibile ed il piacere prodotto non è soltanto quello prodotto dal motto di spirito, esso è incomparabilmente maggiore” (Freud, 1905, p. 144).
Tutto ciò ha un suo corrispettivo anche a livello psico-biologico, poiché l’umorismo si associa alla liberazione di sostanze come le beta-endorfine, note per il loro effetto analgesico, agendo come un moderatore dello stress. Un recente studio di Matsushima e collaboratori (2017) vede il senso dell’umorismo associato alle variazioni della pressione sanguigna, individuandolo come una delle strategie comunicative più efficaci nel generare benessere fisico e psicologico.
L’umorismo si configura come una vera e propria strategia di fronteggiamento (coping) dei vissuti emotivi spiacevoli e delle situazioni problematiche di ogni giorno (soprattutto quelle che non possono essere modificate): cogliere gli elementi comici di una situazione pone una distanza tra sé e il problema che riduce i vissuti di ansia, di frustrazione e d’impotenza, modificando la percezione delle difficoltà che stiamo vivendo. Pensiamo a quale potente effetto ha in una relazione conflittuale l’uso dell’auto-ironia!
Attenzione però a non confondere l’umorismo con l’ironia o tantomeno col sarcasmo: se l’ironia presuppone nell’altro la capacità di risolvere l’ambiguità o il “paradosso” alla base della battuta, il sarcasmo è invece utilizzato da solo uno degli interlocutori per liberare elementi di aggressività socialmente inaccettabili, basandosi su uno squilibrio che non può che ampliare la divergenza relazionale.
L’umorismo si distingue sia dall’ironia sia dal sarcasmo per una sua sottile ma fondamentale peculiarità: l’essere fondato sulla compassione, il cum-patior latino, la capacità di “sentire insieme”. Fare umorismo presuppone il dispiegarsi di un duplice sentimento, lo sdegno e la compassione, che si uniscono e si confondono a generare un vissuto unico e complesso, come ha ben argomentato Pirandello in un suo saggio dedicato al tema.
Molti psicologi hanno studiato scientificamente le differenze tra i modi di ridere e di far ridere che sono stati finora tratteggiati: Martin e i suoi collaboratori (2003), ad esempio, descrissero quattro tipologie di “humor” (“self-enhancing”, “affiliative”, “aggressive” e “self-defeating”), di cui solo le prime due forme (paragonabili all’umorismo sopra descritto) si connettevano a una maggiore salute psicologica ed al benessere relazionale, a differenza delle altre, più simili a ciò che ho descritto come “ironia” e “sarcasmo”.
L’umorismo, come strategia di coping degli stati dolorosi, si connota pertanto di tutti quegli aspetti che contraddistinguono, sia per ispirazione teorica sia per pratica clinica, gli approcci della terza generazione della terapia cognitivo-comportamentale: essi identificano nell’accettazione e nella mindfulness le strategie di elezione per operare il cambiamento e implementare il benessere psicologico, e trovano nell’esercizio della “compassione” la strada per il ripristino di un sano rapporto con se stessi e con gli altri.
Riferimenti bibliografici
Boerner, M., Joseph, S., Murphy, D. (2017). The Association Between Sense of Humour and Trauma-Related Mental Health Outcomes: Two Exploratory Studies. Journal of Loss and Trauma.
Martin, R.A., Puhlik-Doris, P., Larsen, G., Gray, J., Weir, K. (2003). Individual differences in uses of humor and their relation to psychological well-being: Development of the Humor Styles Questionnaire. Journal of research in Personality, 37, 48-75.
Matsushima, E. (2017). Presentation of coping strategies associated with physical and mental health during health check-ups. Community mental health journal, 53, 3, pp. 297-305.
Gilbert, P. (2010). Compassion Focused Therapy: Distinctive Features. London: Routledge.
Harris, r. (2010). The Happiness Trap: Stop Struggling, Start Living. london: robinson. trad. it. presti, g. (a cura di), la trappola della felicità. come smettere di tormentarsi e iniziare a vivere. trento: centro studi erickson.
Freud, S. (1972) Il motto di spirito e la sua relazione con l’inconscio, tr. it. In opere, vol. 5, Boringhieri, Torino.
Pirandello, L. (1986) L’umorismo, Mondadori, Milano.