Le ricerche condotte in campo medico negli ultimi anni hanno evidenziato che eventi di vita particolarmente difficili, come l’abuso o traumi emozionali, vissuti in età infantile, hanno un impatto molto forte sull’insorgenza di malattie croniche, stile di vita e comportamento delle persone.
Già Freud ipotizzava che alla base di alcuni comportamenti messi in atto da alcuni pazienti non si potesse osservare una patologia medica sottostante, ma vi fossero eventi traumatici precoci.
Tale idea ha trovato supporto negli ultimi anni da uno dei più importanti studi epidemiologici americani che ha coinvolto più di 17000 partecipanti. Si tratta dello Studio ACE – Adverse Childhood Experience, nato a partire dagli studi di V. Felitti al Dipartimento di Medicina Preventiva di San Diego negli anni ’80.
L’idea di questo studio è nata a seguito dei risultati ottenuti da un programma di intervento contro l’obesità, quando i medici osservarono che il più alto tasso di abbandoni del programma si riscontrava in modo inaspettato proprio tra le persone per cui tale trattamento aveva successo nella perdita di peso.
Da qui l’indagine più approfondita sul motivo di un risultato tanto controintuitivo e l’emergere, dalle testimonianze dei pazienti, che molti di loro usavano in modo inconsapevole l’obesità come modo per difendersi dall’attenzione sessuale o come difesa da possibili aggressioni fisiche, e molti di loro avevano nella loro storia d’infanzia proprio episodi di abusi o aggressioni.
Così si capì che quello che era visto come il problema (l’obesità) era in realtà un problema secondario e un modo inconscio per risolvere altri problemi precedenti meno evidenti attraverso dei comportamenti “compensatori”.
Da qui sono stati condotti decine di studi fino ad oggi su problematiche che riguardano sia la medicina che la psicologia quali le tossicodipendenze, il fumo, comportamenti violenti e a rischio, malattie croniche e disturbi psicologici.
Per Adverse Childhood Experience si intendono esperienze vissute all’interno del contesto familiare prima dei 18 anni quali: abuso fisico ricorrente, abuso psicologico ricorrente, abuso sessuale, presenza di una persona dipendente da alcool o sostanze nel contesto familiare, presenza di una persona con un grave problema psicologico, trascuratezza fisica, trascuratezza emotiva.
I risultati hanno evidenziato come un numero inaspettatamente alto di pazienti che arrivavano ai Dipartimenti di medicina avessero avuto esperienze avverse significative; per questo motivo è stato ideato un semplice metodo di calcolo che attribuisce un punteggio relativo al cumulo di tali esperienze nella vita della persona prima dei 18 anni, cosicché tale punteggio viene usato per valutare il peso dell’esposizione ad eventi traumatici e quindi l’aumentata probabilità di rischio di sviluppare patologie mediche e psicologiche (lo Studio ACE fornisce anche un link a cui si può accedere per calcolare il proprio punteggio).
Infatti in molti casi certi comportamenti che sono considerati “il” problema, vengono messi in atto per alleviare il disagio emotivo e/o sociale e continuano perché funzionano come soluzione a breve termine del malessere,un modo per auto calmarsi e regolare le emozioni, anche se hanno un effetto deleterio a lungo termine.
Oggi la neurobiologia ci ha mostrato come una intensa paura sperimentata durante l’infanzia possa alterare lo sviluppo neurologico e alterare la normale struttura e funzioni del cervello.
Il cervello del bambino è particolarmente vulnerabile allo stress e alcuni eventi di vista possono avere un impatto cumulativo su cervello e sistema nervoso, portando un possibile aumentato rischio di problemi di salute fisica (obesità, diabete, cancro, funzioni immunitarie ridotte, ipertensione, ecc.).
I risultati dello studio portano allora ad una ulteriore riflessione per la pratica clinica. Molti di questi problemi non vengono indagati e quindi rimangono non riconosciuti e il rischio delle attuali pratiche cliniche può essere quello di spendere molto denaro senza curare la vera causa del problema.
Bisogna considerare la possibilità di agire sulle vere cause che possono stare dietro ai sintomi o ai tentativi di soluzione di problematiche precendenti.
Certo, questo pone non pochi problemi di integrazione con le prassi mediche attualmente adottate, ma può essere un importante riconoscimento perché le persone possano prendersi cura di sé basandosi su un approccio globale biopsicosociale, che può avere molte ricadute positive su più livelli.