Coronavirus e stress
L’attuale condizione che stiamo vivendo legata alla pandemia mondiale da coronavirus è unica e potenzialmente sconvolgente per ognuno di noi. Come evento ad alto impatto emotivo che colpisce la collettività in modalità senza precedenti, può generare reazioni tipiche da stress.
Gli elementi che da un punto di vista psicologico rendono questa situazione un evento potenzialmente molto stressante sono molteplici.
L’aspetto centrale è quello della potenziale minaccia per la propria ed altrui salute.
Secondariamente, da un punto di vista psicologico, dobbiamo considerare anche il peso della scarsa prevedibilità associata al contagio. Gli esperti stessi non conoscevano il virus e le informazioni – soprattutto nelle fasi iniziali – sono state parcellizzate e contraddittorie. Ciò ha aumentato il senso di smarrimento di fronte ad un nemico “invisibile” e “non controllabile”.
In terza istanza, le modalità adottate per la prevenzione e la protezione dei cittadini sono state essenzialmente basate sul distanziamento sociale e l’interruzione delle normali attività di vita. Questo ha inevitabilmente prodotto un aumento della paura, rafforzata anche dall’esposizione telematica a immagini o notizie altamente stressanti.
Infine, la riduzione della progettualità individuale e l’isolamento sociale hanno reso le misure di tutela della propria salute potenzialmente generatrici di vissuti opposti. Da una parte sicurezza e controllo ma dall’altra rabbia e frustrazione (“Per proteggermi devo mettere in stand-by la mia vita”).
I casi specifici
Quando si entra nello specifico di alcune categorie di soggetti (es., gli operatori sanitari in prima linea o i soggetti contagiati), i vissuti emotivi intensi comprendono anche la rabbia, il terrore e la colpa (per aver contagiato altri).
Inoltre esiste un altro specifico gruppo di soggetti, i parenti delle vittime da coronavirus, per i quali l’attuale situazione ha implicato un ulteriore ingente impatto emotivo associato ad un lutto complicato.
Anche nell’attuale fase di ripresa di alcune attività professionali e sociali (la nota “fase 2”), i vissuti delle prime fasi della pandemia possono perdurare e stentare a ridursi. Al fianco di essi iniziano a presentarsi anche altre specifiche reazioni da stress quali:
- affaticamento mentale e fisico associato alle procedure di auto ed etero protezione
- preoccupazioni costanti in relazione alle conseguenze economiche e personali del lockdown
- senso di incertezza associato alla tuttora scarsa progettualità futura.
L’impatto stressante del virus
In conclusione, per più di un motivo, l’attuale situazione pandemica costituisce un evento ad alto impatto emotivo e potenzialmente stressante per ognuno di noi.
Non è un caso infatti che la maggior parte degli interventi di sensibilizzazione e prevenzione della salute mentale in questi mesi si siano basati su messaggi di normalizzazione dei suddetti stati emotivi (paura, ansia, rabbia e colpa) e di altre reazioni tipiche delle situazioni ad alto stress:
- intrusività mentale con immagini temute
- evitamento di stimoli legati alla fonte di stress
- al contrario ricerca compulsiva di notizie sul coronavirus
- disturbi del sonno
- pensieri persistenti negativi
- interesse diminuito per le attività piacevoli
- temporaneo aumento di comportamenti potenzialmente disfunzionali (uso maggiore di alcol, fumo, junk food).
Lo stress e le fasi di risposta
Da un punto di vista psicologico, le classiche fasi di risposta ad un evento stressante sono:
- Fase di shock: prevalgono senso di estraneità, irrealtà, disorientamento spazio-temporale. In questa fase infatti prevale una reazione acuta che costituisce un meccanismo che consente di mantenere un certo distacco dall’evento ed attutirne l’impatto iniziale.
- Fase dell’impatto emotivo: si possono provare una serie di emozioni quali tristezza, colpa, rabbia, paura ed ansia. Inoltre possono svilupparsi anche somatizzazioni (es., disturbi gastro intestinali e cefalee) e ci può essere una certa difficoltà a recuperare la calma.
- Fase di fronteggiamento: il soggetto tenta di riorganizzarsi e ci si comincia ad interrogare sull’accaduto cercando delle spiegazioni.
Queste reazioni coincidono infatti con le fasi di risposta identificate da Solomon (1988) all’interno della così detta “Dinamica della Paura”.
Secondo Roger Solomon, il soggetto di fronte ad un evento potenzialmente traumatico reagisce con una prima risposta acuta (fase della presa di coscienza della vulnerabilità). Poi con una fase di risposta (fase dell’azione) in cui l’individuo sposta l’attenzione dalla vulnerabilità su di sé alla fonte di pericolo esterno. Infine con una fase di sopravvivenza (fase del controllo) in cui la persona mette in gioco le proprie risorse per far fronte al problema.
Lo stress cronico
La dinamica appena descritta illustra la tipica reazione dell’individuo di fronte ad un evento stressante singolo e di durata limitata (puntiforme). In questo caso infatti si parla di ‘stress acuto’. Quando invece la fonte di stress (o stressor) permane nel tempo si parla di ‘stress cronico’.
Dobbiamo constatare, purtroppo, che l’attuale situazione pandemica da coronavirus è tutt’altro che puntiforme e singola. Ci stiamo convivendo e ne siamo esposti ormai da mesi. L’emergenza sta ancora continuando, in parte nella forma epidemica, in parte attraverso le sue conseguenze. Queste stanno lentamente emergendo e riguardano la salute, le relazionali sociali, la situazione economica di miliardi di esseri umani in tutto il pianeta.
Siamo ancora ben lontani dal poter ipotizzare e considerare una completa smobilitazione dall’emergenza: nell’emergenza siamo ancora immersi. Di conseguenza, siamo ancora ben lontani dal poterci pensare di nuovo al sicuro e protetti.
La sindrome generale di adattamento
L’attuale condizione che stiamo vivendo quindi può essere meglio analizzata facendo riferimento al modello che Hans Selye (1974) definì come “Sindrome Generale di Adattamento”, Questo è relativo alla risposta che l’organismo mette in atto quando è sottoposto agli effetti prolungati di uno o più agenti stressanti. Anche in questo caso si delineano tre fasi di risposta:
– Allarme, l’organismo risponde agli stressor mettendo in atto meccanismi di reazione acuta sia sul piano fisico che mentale.
– Resistenza, il soggetto tenta di combattere e contrastare gli effetti negativi dell’affaticamento prolungato.
– Esaurimento. Dato che le precedenti fasi non possono protrarsi a lungo, se lo stressor continua ad essere presente in modo intenso, le risorse a disposizione dell’organismo, essendo limitate, ad un certo punto si esauriscono.
Il modello di Selye, sviluppato a partire da osservazioni fatte sul regno animale, ci aiuta a capire come – di fronte a stress di tipo prolungato o cronico – divenga ancor più necessario per noi esseri umani il trovare delle strategie utili per ridurre l’attivazione fisiologica e fronteggiare con le nostre risorse gli effetti dell’evento.
Come fronteggiare lo stress: resilienza e hardiness
Per resilienza intendiamo “la capacità positiva che hanno le persone di gestire lo stress. Un processo dinamico dove le persone mostrano un adattamento comportamentale positivo quando si trovano a dover fronteggiare un’avversità significativa o un trauma (Luthar, Cicchetti e Becker, 2000).
La resilienza fa riferimento alla flessibilità e alla messa in campo di risorse tali da poter reagire a circostanze avverse con forza mentale ed emotiva. La resilienza infatti permette – al fianco di reazioni emotive negative transitorie e fisiologiche – di continuare ad esperire emozioni positive ed un senso generale di benessere (Davidson, 2000).
Nell’attuale stato di emergenza da coronavirus viviamo una condizione unica e sappiamo che le cose non torneranno come prima, almeno non a breve. Ne deriva che tutti noi oggi dobbiamo essere flessibili per adattarci a circostanze che cambiano velocemente, tollerando un certo grado di incertezza.
Oltre alla flessibilità, un altro elemento importante connesso alla resilienza è il senso di coerenza. Il senso di coerenza è un orientamento alla vita che ha a che vedere con la capacità di comprendere una situazione stressante e usare le risorse disponibili per muoversi in una direzione di promozione della salute e senso di sicurezza. In tal senso la resilienza è promossa quando un evento stressante è vissuto come comprensibile, gestibile, e significativo (Antonovsky, 1987).
Ingredienti della resilienza
La comprensione dell’evento implica capire cosa è accaduto, come e perché. Questo aiuta il soggetto ad aumentare il suo senso di controllo. La coerenza inoltre porta con sé la gestibilità dell’evento in termini di strategie costruttive che possono aiutarci a fronteggiarlo.
Sarà proprio il comprendere un evento e il sentire di poterlo gestire che permetterà al soggetto di trovare il significato positivo che l’impatto dell’evento può avere nella propria vita. Il senso di coerenza costituisce quindi la base della resilienza. “Se capisco cosa accade posso fronteggiarlo, se posso fronteggiarlo posso rafforzare l’idea di me come persona capace di gestire le difficoltà e trovare un senso positivo a quanto accaduto”.
Se applichiamo quanto detto all’attuale situazione di emergenza sanitaria, le condizioni necessarie per superare in modo resiliente la pandemia sono il sapersi adattare con flessibilità alle restrizioni o alle limitazioni, capire cosa è successo e come è successo (anche se non potremo mai sapere perché è successo!) per comprendere le implicazioni dell’evento sulla nostra salute e benessere, e riuscire ad affrontarlo.
Infine dobbiamo saper trovare un aspetto positivo nel problema reale che dà un significato importante per noi stessi (“Grazie a questa situazione ho imparato un po’ di più a concentrarmi sulle cose positive della vita!”)
Resilienza e resistenza
Il concetto di resilienza è strettamente connesso al costrutto di Resistenza (Hardiness; Maddi, 2013). I tre elementi fondamentali del l’Hardiness sono:
- Impegno: “Io valgo abbastanza per potermi impegnare nel fronteggiare l’avversità. Devo impegnarmi perché nella mia vita ci sono delle cose importanti”
- Controllo: “Io ho la possibilità di influenzare l’esito della situazione problematica, sia in senso negativo che positivo”
- Sfida: “Posso imparare da questo evento. Affrontare questa situazione è un’occasione di crescita e di apprendimento”
Nel tentativo di tradurre questi concetti in consigli operativi per fronteggiare lo stress dell’attuale situazione, studiosi autorevoli nel campo dell’emergenza come Roger Solomon puntano molto nel fronteggiamento (coping) dell’evento tramite la possibilità di creare delle routine sane, cioè gestire la quotidianità creando nuove abitudini di self care o potenziando quelle già esistenti.
Le routine sane
Esempi di routine sane sono: alzarsi sempre alla stessa ora, curare la propria alimentazione, truccarsi e pettinarsi (anche se non possiamo uscire), fare esercizio fisico, dormire e riposarsi regolarmente.
Per fronteggiare lo stress, dato che le misure restrittive e l’isolamento sociale hanno portato anche ad una parziale riorganizzazione della quotidianità, il tempo “liberato” dagli impegni eliminati può essere arricchito da nuove esperienze attuabili anche nello spazio domestico e nel rispetto delle regole:
- Coltivare rapporti sociali a distanza
- Sperimentare nuovi hobbies
- Tenere un diario
- Impegnarsi in lavoretti domestici fino ad oggi rimandati per “mancanza di tempo”
- Studiare o leggere
- Andare a visitare in modalità virtuale un museo o un luogo mai visto prima
- Ricercare in modo attivo momenti di rilassamento profondo (esercizi di respirazione, meditazione, training autogeno).
Aiutare le persone ad arricchire la propria quotidianità con routine sane ha lo scopo non solo di aumentare la cura di sé in senso lato ma anche fare un’esperienza di controllo e gestibilità anche all’interno di una situazione avversa. In questa ottica anche un piccolo gesto diventa un’esperienza positiva di controllo. L’impegnarsi nel fare qualcosa di positivo è di per sé un esempio di scelta di azione contro la sensazione di totale impotenza ed inefficacia.
“Non posso cambiare gli eventi ma esercitare un controllo su come io reagisco. Siamo vulnerabili ma non impotenti!
L’atteggiamento più funzionale alla resilienza
L’atteggiamento da promuovere è quello di “un giorno alla volta” in cui le esperienze positive possono essere programmate nel breve termine, con un focus attento e consapevole rispetto a ciò che proviamo qui ed ora.
E’ proprio in questa ottica che si collocano tutte le azioni di riduzione dello stress che abbiamo elencato. L’uomo inoltre – ricordiamolo! – è innanzitutto un animale sociale che sta attraversando questa grande emergenza immerso in una collettività coinvolta.
In quest’ottica, un altro potente antidoto al senso di vulnerabilità è l’ingaggio sociale (Porges, 2017) che si traduce nella ricerca di ascolto e condivisione con persone a noi fidate. L’uomo infatti è programmato biologicamente per cercare conforto sociale quando è sotto stress, la connessione ha già di per sé un effetto di regolazione emotiva intrinseca.
Conclusioni
In conclusione, l’attuale situazione dell’emergenza sanitaria da diffusione pandemica del coronavirus, ha tutte le caratteristiche per potersi definire una situazione di potenziale stress cronico.
In questo momento, ancora immersi nel rischio contagio e coinvolti a 360 ° nello stravolgimento delle nostre esistenze, è molto probabile che prevalgano reazioni psicologiche da stress, a più livelli.
Se, pur mettendo in campo le nostre risorse di fronteggiamento e le nostre capacità resilienti, i sintomi perdurassero oltre il periodo di ritorno alla normalità o assumessero entità tali da compromettere il funzionamento dell’individuo, sarà necessario chiedere l’aiuto di uno specialista che possa valutare l’eventuale instaurarsi di un disturbo dell’adattamento o di un disturbo da stress post traumatico.
Cenni bibliografici
- American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). Arlington, VA: American Psychiatric Publishing.
- Porges, S.W. (2018). La guida alla teoria polivagale. Fioriti Editore.
- Selye, H. (1974). Stress without distress. B. Lippincott, Philadelphia.
- Selye, H. (1976). Stress in health and disease. Butterworth’s, reading, Massachusetts.
- Sedgwick, S.M. et al. (2016). Resilienza e salute mentale. Le sfide nel corso della vita. Fioriti Editore.