Anche a un occhio poco esperto non sfugge il fatto che esistono delle rilevanti differenze di comportamento nell’uso abituale che le persone fanno dei social network.
Esistono difatti soggetti che aggiornano spesso il proprio “stato” commentando le attività quotidiane, condividendo contenuti esterni oppure esponendo polemiche su determinati argomenti; mentre altri individui utilizzano la rete soprattutto per osservare le attività altrui, senza esporsi più di tanto.
Negli ultimi anni alcune indagini si sono rivolte al possibile legame tra aspetti di personalità e pattern di utilizzo dei social media, senza tuttavia ottenere dati univoci o significativi.
Recentemente un pool di psicologi americani (Hart et al., 2015) ha nuovamente aperto l’argomento proponendo un’analisi dell’associazione tra uso di Facebook e personalità, utilizzando il modello dell’attaccamento adulto come cornice teorica.
Con il termine “stile di attaccamento adulto” ci si riferisce all’insieme di pensieri, emozioni e comportamenti di ogni individuo all’interno delle relazioni intime (Mikulincer & Shacer, 2007).
Queste peculiari modalità relazionali, che fondano la loro origine nei “modelli operativi interni” – ossia le rappresentazioni di se stessi e degli altri, sviluppate in seguito alle relazioni di attaccamento bambino-genitore (Bowlby, 1969/1988) – influenzano gli atteggiamenti individuali anche nei rapporti sociali più ampi, oltre che in quelli stretti (Mikulincer & Shacer, 2007).
Due sono le dimensioni che connotano gli stili di attaccamento adulto: l’ansia e l’evitamento.
Gli stili di attaccamento “insicuro” sono caratterizzati, da un lato, da un’iperattivazione del sistema dell’attaccamento e, dall’altro, da una disattivazione dell’attaccamento stesso.
Mentre nel primo caso prevale la dimensione ansiosa che spinge l’individuo a conquistare l’affetto altrui e a ricercare costantemente intimità nelle relazioni, nel secondo stile prevale l’evitamento con una netta riduzione della ricerca di intimità ed un’aumentata autonomia emotiva. Infine lo stile di attaccamento “sicuro” risulta essere caratterizzato da bassa ansia e basso evitamento.
Data l’indiscussa utilità di questo modello nella comprensione delle motivazioni individuali che guidano i comportamenti sociali, Hart e colleghi hanno ipotizzato che i soggetti con attaccamento ansioso, guidati da aspettative abbandoniche all’interno delle relazioni e pertanto molto sensibili al giudizio altrui e molto propensi a creare una precoce intimità nei rapporti, potrebbero ricercare – anche nell’uso di Facebook – maggiori attenzioni e feedback positivi (i ben noti “mi piace”).
Al contrario lo stile di attaccamento evitante, tipico di chi si sente a disagio rispetto all’intimità e con la tendenza a trascurare i bisogni relazionali, potrebbe predisporre gli individui a mantenere una “distanza di sicurezza” nel proprio coinvolgimento persino nella “social community”, limitando le condivisioni dei propri “stati” e mostrandosi minimamente preoccupati dei giudizi altrui.
Lo studio (Hart et al., 2015), che ha coinvolto un gruppo di 267 partecipanti tra i 19 ed i 73 anni, tutti di nazionalità americana ma di diversa estrazione etnica, ha valutato gli stili di attaccamento adulto di questi soggetti, alcune variabili di personalità (introversione/estroversione) e i loro pattern nell’uso di Facebook, secondo i seguenti parametri: sensibilità ai feedback altrui, ricerca dei feedback altrui, attenzioni ricevute dagli altri, gestione della privacy del proprio profilo e livello generale di attività (tempo speso su Facebook, frequenza di accesso, quantità di commenti fatti agli aggiornamenti degli atri utenti).
I risultati dell’indagine hanno evidenziato una associazione positiva tra stile di attaccamento ansioso ed inclinazione individuale verso un uso di Facebook caratterizzato da variegati aggiornamenti di stato e frequenti commenti e condivisioni.
Inoltre gli individui con stile ansioso sono apparsi significativamente più preoccupati dei feedback altrui e quindi più attenti all’apprezzamento che i propri “post” potrebbero ricevere.
Contro le previsioni, lo stile di attaccamento evitante non si è invece dimostrato predittivo di un minor uso di Facebook: i partecipanti meno attivi su questo piano sono risultati essere (abbastanza intuitivamente!) quelli più introversi.
Una delle possibili spiegazioni della non significatività del legame tra stile evitante e disinvestimento nei social media può essere anche legata al fatto che i soggetti evitanti non si sentano molto minacciati dal coinvolgimento su Facebook che risulta comunque essere inferiore rispetto al grado di intimità esperibile nei comuni contesti relazionali.
In conclusione, l’indagine di Hart e colleghi sembra aver aperto un’interessante area di studio che sicuramente sarà approfondita nel prossimo futuro, data importanza che l’uso di Facebook e dei social network sta avendo sempre di più nelle nostre vite, fino ad arrivare a costituire un contesto di socializzazione alternativo (a quello reale) che, per quanto virtuale, genera e rinforza dinamiche relazionali vere e proprie.