Per molti, l’espletamento dei propri bisogni fisiologici, può essere vissuto come una normale consuetudine, purtroppo per altri così non avviene.
La paruresi, conosciuta anche come la sindrome della vescica timida, si riferisce all’incapacità di iniziare o sostenere un’efficace minzione in situazioni in cui vi è una percezione di essere osservati, o potenzialmente osservati, da parte di altri.
Definizioni del problema
Il termine deriva da para- (“anormale, difettoso”) e uresis (“urinazione”) ed è stato coniato da Williams e Degenhart nel loro articolo del 1954 “Paruresis: A survey of a disorder of micturition”.
Una definizione leggermente diversa di paruresis è stata offerta da Vythilingum e colleghi (2002). Questi autori hanno descritto la paruresi come “paura di non essere in grado di urinare nei bagni pubblici o in situazioni in cui altri potrebbero essere consapevoli che il soggetto sta urinando”.
Questa ridefinizione è degna di nota per due ragioni: in primo luogo, sposta l’attenzione dall’incapacità di urinare alla paura di non essere in grado di farlo. In secondo luogo, sottolinea il ruolo dell’attenzione o della consapevolezza degli altri riguardo il tentativo di minzione.
Tipicamente, la paura è centrata su ciò che gli altri potrebbero pensare se il paruretico non fosse in grado di avviare il flusso di urina. I giudizi spesso includono: “Penseranno che c’è qualcosa che non va in me se non sentono la pipì”. “Sarò giudicato meno uomo se non posso urinare dove possono farlo gli altri”. “Il flusso della mia pipì sembra troppo debole/forte mentre colpisce l’orinatoio.”
Sintomi della paruresi
Gli individui con paruresi riferiscono difficoltà significative nell’iniziare e/o sostenere la minzione in situazioni in cui percepiscono il controllo delle loro azioni (ad es. essere visti o sentiti urinare) o le conseguenze delle loro azioni (ad es. un’altra persona che entra in un bagno che hanno appena usato).
La paruresi non è direttamente correlata ai problemi di contaminazione come si osserva nel disturbo ossessivo compulsivo, non è quindi una paura legata all’urina in sé, quanto piuttosto all’atto di urinare.
Gli stimoli associati all’inibizione della minzione nella paruresi sono vari, ma includono il numero di persone presenti, la maggiore vicinanza fisica agli altri e il tipo di orinatoio utilizzato.
La maggior parte delle persone con paruresi trova la minzione più difficile quando sa che un altro individuo sta aspettando di utilizzare la stessa struttura.
Epidemiologia
Il numero esatto di persone che colpisce non è noto, ma gli studi suggeriscono che fino a un quarto della popolazione l’ha sperimentata in una certa misura.
Dai risultati di una metanalisi, la prevalenza della paruresi variava tra il 2,8 e il 16,4% e circa il 5,1-22,2% degli individui con paruresi presentava anche Disturbo d’Ansia Sociale (Kouch et al., 2017).
Vythilingum e colleghi (2002) sostengono infatti, che la paruresi sia una forma di ansia da prestazione, come spesso si vede nel disturbo d’ansia sociale.
Questo punto di vista è supportato dal lavoro empirico di Malouff e Lanyon (1985), i quali hanno scoperto che paruretici e non paruretici differiscono di molto nei punteggi di ansia da prestazione e di ansia interpersonale (in Boschen, 2008).
Differenze di Genere
La condizione si verifica in persone di tutti i sessi e di tutte le età, compresi bambini e adolescenti. Tuttavia, molti studi che esaminano la prevalenza e la natura della paruresi hanno utilizzato campioni maschili (ad es. Hammelstein et al., 2005; Malouff e Lanyon, 1985 in Boschen, 2008).
Ci sono informazioni limitate sulle differenze nella presentazione tra maschi e femmine con paruresi. Rees e Leach (1975) hanno esaminato le differenze maschio-femmina nelle loro prestazioni, scoprendo che i maschi sembrano più preoccupati per la privacy visiva, mentre le femmine sembrano temere maggiormente di essere ascoltate mentre urinano (Boschen, 2008).
Fisiologia della “vescica timida”
La minzione volontaria coinvolge i neuroni situati in una piccola regione del tronco cerebrale nota come nucleo di Barrington. Inviano segnali attraverso il midollo spinale allo sfintere urinario, che è l’anello muscolare che controlla il flusso di urina dalla vescica. Quando qualcuno sceglie di urinare, quegli impulsi nervosi istruiscono lo sfintere a rilassarsi.
Quando qualcuno ha la sindrome della vescica timida, qualcosa interrompe quella cascata di messaggi. Il risultato è che lo sfintere della persona non riesce a rilassarsi e non è in grado di fare pipì.
È noto che la capacità di iniziare e sostenere la minzione è sensibile all’eccitazione emotiva. È stato dimostrato che l’eccitazione ansiosa rilascia neurotrasmettitori che influenzano il tono muscolare e impediscono di rilassare lo sfintere uretrale.
La paura e l’imbarazzo sono stati specificatamente associati all’inibizione della capacità di rilassare lo sfintere esterno per consentire il passaggio dell’urina (Boschen, 2008).
Possibili cause della paruresi
La maggior parte delle persone che soffrono di questa condizione afferma che la loro paruresi è iniziata nella tarda infanzia o nell’adolescenza.
Spesso individuano l’inizio del disturbo in un evento in cui hanno sentito la pressione di urinare con altri nelle vicinanze. La pressione dovuta alla percezione di dover effettuare una performance, potrebbe aver portato a stress e ansia di urinare.
Nel caso in cui questo forte stato emotivo abbia impedito loro di rilasciare la vescica, potrebbero aver subito, o percepito, la messa in ridicolo da parte degli altri.
Se l’impatto emotivo di queste situazioni dovesse essere risultato forte, sarebbe plausibile che un’associazione di percepita minaccia con l’atto di urinare si possa essere venuta a creare. Tutto ciò comporterebbe che, le volte successive, queste persone sarebbero portate a sperimentare ansia anticipatoria, la messa in atto di comportamenti protettivi o l’evitamento della situazione temuta.
I futuri tentativi di urinare infatti sono accompagnati da conseguenze avverse come ansia, imbarazzo e vergogna. La decisione di abbandonare la situazione è seguita da una riduzione degli stimoli avversivi.
In ottica comportamentale, questo modello di punizione positiva (presenza di stati mentali negativi in concomitanza dello stimolo) e rinforzo negativo (sollievo nel fuggire dalla situazione) porta allo strutturarsi di comportamenti di evitamento. La paruresi può portare le persone a evitare situazioni sociali come teatri e ristoranti per la preoccupazione che potrebbero aver bisogno di urinare mentre sono lì.
Analogamente ad altri disturbi d’ansia, gli individui con paruresi possono tentare di utilizzare una serie di comportamenti protettivi per aiutarli a gestire il loro disturbo e le sue conseguenze.
Comportamenti come limitare l’assunzione di liquidi, in particolare di diuretici (ad esempio bevande contenenti caffeina e alcolici, alimenti, farmaci), possono essere utilizzati per ridurre la probabilità/frequenza della minzione. Spesso preferiscono andare in bagno in determinati momenti (ad esempio prima di uscire di casa), per evitare di affrontare lo stimolo quando sono fuori.
Nel caso in cui siano disposti, o costretti, a utilizzare servizi igienici pubblici, possono impegnarsi in comportamenti come l’uso di cubicoli (piuttosto che orinatoi) o scegliere servizi igienici silenziosi e meno affollati.
Gravità e Conseguenze
La condizione è associata a disagio significativo, compromissione del funzionamento sociale e lavorativo e ridotta qualità della vita (Vythilingum et al., 2002).
La gravità della paruresi varia da persona a persona. Alcuni sono solo leggermente disturbati dall’occasionale incapacità di urinare in ambienti specifici. Altri sperimentano una compromissione significativa nella maggior parte dei contesti in cui si trovano di fronte alla necessità di urinare.
Non essere in grado di utilizzare un bagno pubblico può interferire con le attività della vita quotidiana, inclusi il lavoro, le interazioni sociali, le relazioni e i viaggi. Un test delle urine di routine durante un appuntamento medico o per motivi di lavoro diventa un calvario.
Il costante mancato svuotamento della vescica quando necessario può causare complicazioni di salute, comprese le infezioni del tratto urinario. Può anche causare danni ai muscoli della vescica, che, ironia della sorte, possono portare all’incontinenza urinaria.
Bozza di criteri diagnostici per la paruresi (Boschen M.J., 2008)
- Una paura marcata e persistente di non essere in grado di urinare in situazioni in cui la persona percepisce di essere sotto il potenziale controllo di altri (ad esempio orinatoi pubblici).
- L’esposizione alla situazione temuta provoca uno o entrambi i seguenti:
- Un aumento clinicamente significativo dei sintomi di ansia e di eccitazione.
- Compromissione clinicamente significativa della normale funzione urinaria, come incapacità di urinare, estrema latenza nella minzione o incapacità di sostenere la minzione
- La persona riconosce che la paura (del controllo, dell’imbarazzo, dell’umiliazione, ecc.) è eccessiva o irragionevole. Nota: nei bambini questa caratteristica potrebbe essere assente.
- L’uso di servizi igienici in cui le proprie azioni (o le loro conseguenze) possono essere sotto esame viene evitato o sopportato con intensa ansia o angoscia.
- L’evitamento o il disagio interferiscono in modo significativo con la routine dell’individuo, il funzionamento lavorativo/scolastico, le attività sociali o le relazioni, o vi è un marcato disagio per la condizione stessa.
- La durata dei sintomi è di almeno 6 mesi.
- La paura, l’evitamento o l’incapacità di urinare non sono dovuti all’effetto fisiologico diretto di una sostanza o di una condizione medica generale e non sono meglio giustificati da un altro disturbo psicologico (ad es. fobia sociale).
Intervento
Coloro che si riconoscono in tale condizione, dovrebbero prima visitare il proprio medico di base o l’urologo per escludere cause mediche. Se non sussistono evidenze di problemi biologici allora è possibile procedere con un intervento di psicoterapia.
I modelli di intervento cognitivo-comportamentali hanno dimostrato di essere estremamente efficaci nella risoluzione di tale condizione. In particolar modo l’esposizione graduata è risultata di notevole impatto anche a lungo termine (Soifer S., et al., 2010).
Attraverso l’esposizione in vivo, strutturata e calibrata di volta in volta con il paziente, si crea una gerarchia di situazioni in cui poter affrontare la minaccia percepita e utilizzare gli strumenti concordati con il terapeuta, cercando di mantenere sempre il miglior grado di protezione rispetto ai fallimenti.
Si lavora ad esempio sull’associazione condizionata di segnali sociali (come la presenza di altri, orinatoi pubblici, ecc.) con ansia e inibizione della minzione, mirando a indebolire le associazioni esistenti, stabilirne di nuove più funzionali e intervenire sulla generalizzazione.
Si interviene inoltre sui sintomi fisiologici spiacevoli (es. vampate di calore, tensione muscolare ecc.) causati da emozioni come ansia, imbarazzo e vergogna, migliorandone la gestione, attraverso anche tecniche di rilassamento corporeo da poter mettere in atto durante la minzione.
Uno step fondamentale riguarda l’inibizione di comportamenti protettivi e di evitamento.
Modificare i pensieri negativi
I principali target dell’intervento, oltre che i comportamenti, comprendono anche i pensieri e le credenze legate alla patologia, come le credenze sul significato, la probabilità e la gravità della valutazione negativa, le aspettative di risposta da parte degli altri, la rappresentazione di sé e dell’altro come valutatore critico.
Nell’intervenire sui contenuti dei pensieri, accanto all’esposizione graduata, si utilizzano tecniche di ristrutturazione cognitiva e messa in discussione delle credenze maladattive.
Anche il processo di pensiero viene preso in carico, si tratta di pensieri intrusivi e persistenti come il rimuginio alla base dell’ansia anticipatoria e alla tendenza a catastrofizzare gli esiti delle esposizioni.
In questi casi viene utilizzato un approccio metacognitivo che fa riflettere sulla motivazione con cui vengono messi in atto tali processi di pensiero, sulla loro utilità e sulla loro attribuzione di importanza.
Con tali interventi si mira a rifocazzilare l’attenzione per non farsi travolgere dai rimuginii e dalle preoccupazioni sia in fase anticipatoria che situazionale.
Bibliografia
- Boschen MJ. Paruresis (psychogenic inhibition of micturition): cognitive behavioral formulation and treatment. Depress and Anxiety. 2008;25(11):903-12. doi: 10.1002/da.20367. PMID: 17932976.
- Kuoch KLJ, Meyer D, Austin DW, Knowles SR. A systematic review of paruresis: Clinical implications and future directions. J Psychosom Res. 2017 Jul;98:122-129. doi: 10.1016/j.jpsychores.2017.05.015. Epub 2017 May 20. PMID: 28554367.
- Soifer S, Himle J, Walsh K. Paruresis (shy bladder syndrome): a cognitive-behavioral treatment approach. Soc Work Health Care. 2010;49(5):494-507. doi: 10.1080/00981381003684898. PMID: 20521209.
- Vythilingum B, Stein DJ, Soifer S. Is “shy bladder syndrome” a subtype of social anxiety disorder? A survey of people with paruresis. Depress Anxiety. 2002;16(2):84-7. doi: 10.1002/da.10061. PMID: 12219340.