“Pensa bene prima di prendere una decisione”. “Rifletti su quello che hai fatto”. Quante volte nella vita siamo stati invitati ad utilizzare il pensiero e la riflessione a fronte di una situazione problematica.
L’essere umano si è evoluto grazie al pensiero e alla razionalità, la previsione degli esiti di un dato comportamento o di una data situazione ha fatto sì che ci potessimo proteggere da conseguenze anche molto negative.
La riflessione, invece, su esiti indesiderati ci ha permesso di comprendere ed apprendere dall’esperienza come poter cambiare le cose. Tuttavia questi processi, quando patologici, sono anche alla base dell’insorgenza di alcuni disturbi e ne mantengono la presenza.
Rimuginio
Il rimuginio, in prima battuta, è uno stile di pensiero che accomuna molti disturbi d’ansia ed è caratterizzato dalla concatenazione di pensieri con valenza negativa e relativamente incontrollabili, attivata nel tentativo di mettere in moto un problem solving mentale su una questione dal risultato incerto (Borkovec et al. 1983).
Le tematiche del rimuginio sono classicamente di anticipazione di una minaccia futura, attivate anche da semplici processi decisionali o più generalizzate a situazioni percepite come potenzialmente minacciose.
Rimuginare diventa quindi una strategia di regolazione delle preoccupazioni che implica la costruzione di scenari negativi futuri, restringendo l’attenzione a potenziali problemi per anticiparne gli esiti, ragionando come in un dialogo interno fatto di ricorsività ed ipotesi non verificabili.
Tutti noi tendiamo spontaneamente ad usare la verbalizzazione come una strategia di gestione dell’ansia e di disimpegno da emozioni troppo cariche ed in grado di evocare risposte attivanti, ma quello che succede nel rimuginio patologico è che questo processo, una volta innescato, difficilmente si interrompe e diventa estremamente dispendioso in termini di risorse cognitive, perpetrando così anche la sofferenza emotiva.
Questo diventa una forma estrema e perseverante di preoccupazione principalmente nel Disturbo d’Ansia Generalizzata, dove lo stesso rimuginio piuò diventare oggetto di rimuginio (“Questa preoccupazione mi farà impazzire”) ma anche in altri disturbi con componente ansiosa come il Disturbo d’Ansia Sociale, il Disturbo di Panico o nel Disturbo d’Ansia per la Salute, all’interno dei quali le varie tematiche di preoccupazione innescano il rimuginio che diventa pervasivo e mette in moto ulteriori strategie poco funzionali di gestione ed uno stato di allerta continuo.
Ruminazione
La ruminazione è invece una forma di pensiero persistente, circolare e depressivo, che rivolge la propria attenzione al fatto di avere un umore negativo, ai sintomi di tale condizione, alle cause, ai significati e alle conseguenze.
Questi pensieri non portano a modalità pianificate di problem solving, al contrario sortiscono un effetto di paralisi e impotenza di fronte alla sofferenza emotiva (“Perché non riesco ad uscirne?”; “Che cosa c’è che non va in me?”). Le tematiche sono solitamente orientate al passato, come perdite o fallimenti personali, situazioni stressanti vissute ed altri accadimenti negativi, che vengono analizzate in uno sforzo cognitivo di ricerca delle possibili cause e conseguenze.
La ruminazione è tipicamente associata allo sviluppo di sentimenti depressivi e la relazione tra ruminazione e depressione è stata ampiamente indagata, tuttavia questa non è l’unica sfera della psicopatologia che coinvolge la ruminazione. Questa ha infatti un ruolo nell’insorgenza dei sintomi post-traumatici a seguito dell’esposizione ad un evento, nel Disturbo d’Ansia Sociale come fenomeno di analisi dell’esperienza sociale dopo che si è conclusa, nei Disturbi da Uso di Sostanze e di Alcol come facilitatore del craving e del rischio di ricaduta ed infine sembra avere un ruolo importante nei Disturbi di Personalità del cluster drammatico.
La ruminazione, in presenza di sintomi di sofferenza psicologica, ne intensifica e ne prolunga la durata e le probabilità di una cronicità. Si identificano quattro meccanismi per mezzo dei quali la ruminazione è in grado di prolungare la durata della sofferenza psicologica.
In primo luogo, la ruminazione intensifica gli effetti dell’umore depresso sul pensiero, aumentando la probabilità dell’insorgenza di pensieri e ricordi negativi. In seconda battuta la ruminazione interferisce con il problem solving efficace, in particolare rendendo il pensiero più pessimistico e più fatalistico e riducendo la motivazione al cambiamento. Inoltre la ruminazione stimola l’evitamento e danneggia le relazioni interpersonali.
A causa delle loro caratteristiche che, come abbiamo visto, mantengono e aggravano alcuni dei disturbi psicologici più comuni come i disturbi d’ansia e la depressione, questi due processi sono quindi da tempo oggetto di intervento terapeutico, con una particolare attenzione da parte degli approcci di terza generazione di terapia cognitivo-comportamentale, che prediligono un intervento proprio sui processi, piuttosto che sul contenuto dei pensieri più o meno ripetitivi che attraversano le menti di tutti noi, rendendo così possibile un intervento efficace.