È un’esperienza comune quella di perdersi nei propri pensieri ogni tanto, lasciando vagare la nostra mente e distraendoci momentaneamente dal mondo che ci circonda.
Sognare a occhi aperti è un comportamento umano comune. La nostra capacità di sfuggire mentalmente al presente può essere non solo una fonte di piacere ma può anche offrire numerosi vantaggi. Ad esempio, aiutarci a pianificare eventi futuri, risolvere dei problemi, alleviare la noia o fornire un antidoto alla solitudine. O anche fungere da stimolo per aumentare la nostra creatività.
La fervida immaginazione, come anche la capacità di immergersi in sogni a occhi aperti, rappresentano dunque un’esperienza normale. Ciò che rende disfunzionale questa attività è quando diventa difficile da controllare e quando il tempo speso in queste fantasie va a compromettere il funzionamento della persona nei vari domini di vita. In questi casi si parla di Maladaptive Daydreaming (MD).
Che cos’è il Maladaptive Daydreaming?
Il Maladaptive Daydreaming si riferisce all’attività di fantasia compulsiva in cui una persona sperimenta regolarmente sogni ad occhi aperti che sono così intensi e vividi (Somer, 2002) da occupare una quantità eccessiva di tempo e tali da interferire con la capacità di funzionare nella vita quotidiana.
È una forma di dipendenza comportamentale caratterizzata da un forte bisogno di immergersi in queste fantasie (Pietkiewicz, Nęcki, Bańbura & Tomalski, 2018). Per questo chi soffre di MD può provare fastidio o rabbia quando questa attività non è permessa o viene interrotta.
La maggior parte dei soggetti con MD, infatti, trovano difficile ridurre o smettere di sognare a occhi aperti, alla stessa stregua di altri comportamenti di dipendenza (Soffer-Dudek & Theodor-Katz, 2022).
Il MD comporta una profonda immersione in fantasie vivide e prolungate caratterizzate da trame elaborate ricche di personaggi in azione. Tali fantasie sono vissute come realtà anche se le persone sono consapevoli del fatto che non si tratti di qualcosa di reale bensì di un prodotto della loro mente.
Gli individui si sentono come sopraffatti dalla necessità di continuare la fantasia e dunque possono sentirsi fuori controllo e impotenti. Alcuni di loro usano movimenti ripetitivi (ad esempio, girano in cerchio, camminano avanti e indietro, si dondolano nel letto) al fine di indurre un profondo stato di concentrazione di cui hanno bisogno per entrare nel loro mondo immaginario.
Talvolta la musica costituisce un fattore che facilita l’ingresso in questi mondi fantastici.
Gli stati emotivi associati
I sogni ad occhi aperti possono estendersi per ore e diventare così dettagliati e realistici che una persona può provare emozioni intense e autentiche quando si immerge in essi.
Le persone che manifestano il Maladaptive Daydreaming, quando entrano nel loro sogno a occhi aperti, si disconnettono dal mondo che li circonda e ne diventano completamente assorbiti. Ciò al punto da dare voce ai personaggi che abitano nel sogno o recitarne il comportamento.
A tal proposito possono preferire trascorrere il tempo da soli con l’unico scopo di poter sognare ad occhi aperti in maniera indisturbata così da non provare vergogna in presenza di altre persone.
Col tempo la persona si rifugia per buona parte delle sue ore di veglia in questi sogni a occhi aperti che sottraggono sempre più attenzione e tempo rispetto alla vita reale, arrivando a interferire potentemente su molteplici aspetti della vita quotidiana.
Anche se le persone che soffrono di Maladaptive Daydreaming possono scivolare nei loro mondi fantastici inconsapevolmente – per esempio quando cercano di concentrarsi su altro – di solito entrano in questi sogni volontariamente. Riferiscono infatti di avere la facoltà di immergersi in qualsiasi momento per poter continuare la storia.
I loro mondi infatti sono caratterizzati dalla continuazione attraverso più episodi: spesso tornano allo stesso scenario e agli stessi personaggi per anni, con personaggi che invecchiano e si evolvono nel tempo.
Conseguenze del Maladaptive Daydreaming
A causa della natura totalizzante e coinvolgente dei loro sogni ad occhi aperti, le persone con Maladaptive Daydreaming costruiscono realtà alternative e immaginarie a discapito del loro funzionamento individuale e sociale.
Sebbene infatti questa attività sia vissuta come gratificante nel breve periodo, può evolversi in un’abitudine che richiede diverse ore al giorno chiusi nel proprio mondo interiore arrivando a ostacolare il proprio benessere (Bigelsen, Lekrfeld, Jopp & Somer, 2016).
Nonostante il forte impulso a sognare ad occhi aperti, le persone generalmente si sentono male emotivamente dopo averlo fatto: provano emozioni di vergogna e colpa per il tempo occupato nelle fantasie e sperimentano angoscia a causa della perdita di controllo sull’attività.
Le persone che soffrono di MD spesso scelgono di immergersi nelle loro fantasie piuttosto che trascorrere del tempo con gli altri e l’assorbimento nel sogno a occhi aperti per molte ore al giorno è tale da impattare negativamente sullo studio e sul lavoro (Bigelsen et al., 2016).
Spesso si ha pure la compromissione del riposo notturno o di un’alimentazione regolare: impegnandosi in continue fantasie per lunghi periodi di tempo senza riuscire a interromperle, infatti, il soggetto mette da parte anche i propri bisogni fisiologici.
Le conseguenze del MD sulla vita di un individuo possono essere così gravi che Soffer-Dudek e Somer (2018) hanno mostrato che quasi la metà del campione di soggetti con MD era disoccupato e oltre un quarto aveva tentato il suicidio almeno una volta nella propria vita.
Cause del Maladaptive Daydreaming
Sebbene ad oggi non sia indicata in letteratura una causa specifica del MD, alcune teorie suggeriscono che il Maladaptive Daydreaming possa essere una strategia utilizzata per far fronte a emozioni e situazioni negative (Pietkiewicz et al., 2018; Somer & Herscu, 2017; Vyas, Shaikh, Rana & Pendyala, 2023).
Pensiamo per esempio alla situazione di un bambino esposto a esperienze traumatiche multiple e/o croniche, come la trascuratezza o l’abuso. Un modo per sopravvivere a quella situazione, non potendo cambiare la realtà in cui vive, può essere la capacità di creare, attraverso la fantasia e l’immaginazione, un mondo più sicuro in cui rifugiarsi, che gli permetta di alleviare il dolore della vita reale.
Ecco che il sognare a occhi aperti potrebbe nascere come una strategia di autoregolazione interna volta a creare un mondo interiore di conforto che permetta di fronteggiare una realtà difficile.
Può capitare poi che quella strategia, inizialmente nata allo scopo di fronteggiare un’avversità, diventi il modo predefinito di reagire più avanti nella vita. Cosicche la persona continua a usare quella attività anche se la fonte del trauma magari non è più presente. A quel punto quella strategia può avere conseguenze disfunzionali per la persona.
Uno studio di Somer, Abu-Rayya e Brenner (2020) ha analizzato le risposte di 539 adulti con Maladaptive Daydreaming e hanno rilevato che il 69% dei soggetti usava le proprie fantasie per distrarsi da ricordi dolorosi, mentre l’87% usava la fantasia per aiutare a regolare emozioni difficili.
È importante sottolineare che non tutti coloro che attraversano esperienze traumatiche diventano affetti da MD e allo stesso modo non tutte le persone con MD hanno subito traumi dello sviluppo.
Sebbene dunque il MD possa essere una strategia di fuga da una realtà difficile, negli ultimi anni sta diventando evidente che l’eccessivo sognare ad occhi aperti può diventare di per sé patologico e rappresentare un problema significativo per la persona.
Inquadramento diagnostico del Maladaptive Daydreaming
Attualmente il Maladaptive Daydreaming non è ancora riconosciuto come disturbo all’interno del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM-5-TR, APA 2022). Non esiste una definizione ampiamente accettata o dei criteri diagnostici per questo disturbo (Somer, Soffer-Dudek, Ross & Halpern, 2017).
Ciononostante esiste uno strumento di misura self-report composto da 16 item (Maladaptive Daydreaming Scale, MDS-16), costruito appositamente per valutare il MD, che è stato validato in lingua italiana (Schimmenti, Sideli, La Marca, Gori & Terrone, 2020).
Soffer-Dudek e Theodor-Katz (2022) hanno studiato la prevalenza del Maladaptive Daydreaming in Israele e hanno rilevato che circa il 2.5% della popolazione generale di adulti in Israele ha riferito di averlo sperimentato.
Alcuni ricercatori sostengono che il Maladaptive Daydreaming sia un disturbo distinto che dovrebbe essere incluso autonomamente nel DSM (Schimmenti et al., 2020; Theodor-Katz, Somer, Hesseg & Soffer-Dudek, 2022; Thorburn, 2022). Altri suggeriscono che sia una manifestazione di un altro disturbo sottostante, come ad esempio un disturbo d’ansia o un disturbo ossessivo-compulsivo (Pietkiewicz et al., 2018; Salomon-Small, Somer, Harel-Schwarzmann & Soffer-Dudek, 2021). Anche un disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD) (Bigelsen et al., 2016) o un disturbo dissociativo (Soffer-Dudek & Somer, 2022).
Questa mancanza di consenso rende difficile per i ricercatori studiare questo fenomeno e per i clinici rende difficile la diagnosi e il trattamento. Di conseguenza le persone con MD possono essere diagnosticate erroneamente e trattate per altre psicopatologie, invece di ricevere un trattamento specifico per la loro condizione clinica (Bigelsen et al., 2016).
Maladaptive Daydreaming e ADHD
Alcuni autori si sono posti il problema se il Maladaptive Daydreaming fosse una forma di ADHD dopo che alcuni studi (Bigelsen et al., 2016; Somer, Soffer‐Dudek, & Ross, 2017) avevano riportato tassi elevati del disturbo da deficit di attenzione e iperattività in campioni di persone con MD. Contrariamente a questi studi, Theodor-Katz et al. (2022) hanno trovato un’incidenza significativamente più bassa di Maladaptive Daydreaming tra gli adulti con ADHD.
Se fossero stati trovati tassi simmetricamente alti di MD tra il gruppo di soggetti con ADHD non ci sarebbe stata giustificazione per sostenere il MD come disturbo separato dall’ADHD. L’asimmetria trovata in questo studio (20%–23% di MD nel gruppo di pazienti con ADHD, rispetto al 77% di ADHD rilevato in precedenza all’interno del gruppo di persone con MD) fornisce prove a sostegno del fatto che il MD risulta un disturbo separato dall’ADHD.
L’ipotesi clinica è che il deficit di attenzione nel gruppo di soggetti con Maladaptive Daydreaming rappresenti un effetto collaterale, secondario rispetto al problema principale legato all’immergersi in fantasie e questo spiegherebbe perché molti soggetti con MD presentano anche ADHD ma non il viceversa.
Trattamento del Maladaptive Daydreaming
Le opzioni terapeutiche proposte per il Maladaptive Daydreaming sono ad oggi limitate per due motivi. La prima ragione è che si tratta di un fenomeno relativamente nuovo e poco conosciuto, essendo stato coniato da Eli Somer solo nel 2002. La seconda è che, non essendo stato ancora riconosciuto come disturbo nel DSM, poco spazio è stato dato a valutare l’efficacia di interventi appropriati.
In uno studio recentemente pubblicato, Herscu, Somer, Federman & Soffer-Dudek (2023) hanno descritto lo sviluppo e l’efficacia di un programma di intervento online di auto-aiuto di 8 settimane per il Maladaptive Daydreaming.
Questo programma includeva tecniche di mindfulness e compiti di automonitoraggio del tempo quotidiano trascorso nelle fantasie. Un’altra componente chiave del programma prevedeva l’aumento della motivazione dei soggetti a partecipare agli esercizi quotidiani.
Lo studio di efficacia
Un campione di 557 persone è stato assegnato casualmente a tre gruppi: un primo gruppo di intervento prevedeva psicoeducazione, aumento della motivazione, mindfulness e automonitoraggio; il secondo gruppo si è sottoposto all’intero programma di intervento del primo gruppo, fatta eccezione per l’automonitoraggio e infine il terzo gruppo (controllo) non ha ricevuto alcun intervento, se non l’indicazione di fare del proprio meglio per ridurre il MD.
I risultati dello studio hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo nei primi due gruppi. Circa un quarto dei partecipanti del primo gruppo di intervento hanno mostrato indici normali del loro funzionamento quotidiano, mentre i partecipanti al gruppo di controllo non hanno mostrato miglioramenti in nessun aspetto e il loro Maladaptive Daydreaming è rimasto invariato.
I risultati di questo trial mettono in evidenza due strumenti che possono essere efficaci nel trattamento del Maladaptive Daydreaming: l’utilizzo di un diario di automonitoraggio che descriva i momenti in cui la persona quotidianamente si immerge nelle sue fantasie e che permetta di evidenziare gli stimoli attivanti, e l’uso di tecniche di mindfulness o di radicamento al momento presente come strategie per fronteggiare la difficoltà di attenzione e la disconnessione dalla realtà circostante propria del Maladaptive Daydreaming.
Altri interventi utili
Ricostruire la storia della sintomatologia permette di riconoscere il ruolo e la funzione che il MD ha avuto nella storia della persona e, laddove il MD rappresenti una strategia di coping di esperienze traumatiche del passato, il processo di elaborazione di quelle esperienze potrebbe rendere meno necessario il ricorrere al MD.
Sviluppare un’immagine di sé più positiva, accrescere o sviluppare le abilità sociali e la fiducia necessaria per interagire nel mondo reale può essere un ulteriore obiettivo terapeutico nei soggetti con MD.
Come professionisti della salute mentale dobbiamo essere consapevoli dell’esistenza di questo fenomeno per poter dare un nome alla sofferenza sperimentata da molte persone. Solo così possiamo studiare le caratteristiche di questo disturbo e consentire lo sviluppo di trattamenti supportati empiricamente.
Bibliografia
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