Recentemente (marzo 2015) il prestigioso settimanale americano “Time” ha pubblicato un’interessante inchiesta sui disturbi psicologici e psicosomatici che affliggono anche i nostri animali da compagnia, in particolare soffermandosi sui cani.
Pare, infatti, che essi possano soffrire degli stessi disagi degli esseri umani, come ansia, attacchi di panico, fobie, depressione ecc., manifestandoli con sintomi simili, tanto che devono ricorrere all’aiuto di veri e propri specialisti.
Sempre più spesso, non solo negli Stati Uniti ma anche nel nostro paese, i cani vengono portati dai loro padroni “a curarsi” seguendo terapie psicologiche.
A Milano, ad esempio, e anche in altre grandi città italiane, sono stati da poco aperti ambulatori specifici, sia privati che all’interno dei servizi veterinari pubblici della ASL.
E’ naturale chiedersi se lo psicologo per cani serva davvero o, soprattutto in tempi di crisi come quelli attuali, non sia un’esagerazione.
In realtà, gli esperti confermano che gli animali che vivono nelle nostre case possono “ammalarsi” e soffrire dal punto di vista psicologico a tutti gli effetti, quindi il problema esiste.
Lo studio della psicologia canina è nato in Inghilterra da decenni e si è poi sviluppato in USA, per prendere piede ultimamente anche in Italia, magari (in modo) non così spettacolarizzato come in note trasmissioni tv d’oltreoceano, molto seguite ma anche sottoposte a critiche per i metodi educativi/curativi messi in atto dal conduttore, non universalmente condivisi.
Sicuramente approfondire la conoscenza non solo del comportamento umano, ma anche di quello canino, serve a mediare tra le esigenze delle due specie, al fine di migliorare la convivenza reciproca ed agevolare una relazione di benessere.
Vediamo, in pratica, di che cosa si occupa questo terapeuta, analizzando quali sono le sue attività ed i motivi per i quali è richiesto.
La consulenza può esser utile a varie figure: proprietari dell’animale (aiuto per scegliere un cucciolo, capire il suo linguaggio, stimolare il giusto tipo di attaccamento, individuare e modificare suoi comportamenti disfunzionali e/o trattare veri e propri disturbi); allevatori (aiuto per comprendere lo specifico carattere dei cuccioli, identificare precocemente eventuali problematiche, abbinare l’animale più adatto ad ogni futuro proprietario, tenendo conto delle esigenze del cliente, del suo tipo di vita e della razza del cane); veterinari (cooperazione necessaria per agevolare lo scambio tra la figura del medico e quella del padrone, prescrizione e somministrazione di psicofarmaci, sostegno emotivo in caso di intervento/eutanasia/morte dell’animale, aiuto per problemi di relazione tra uomo/cane).
C’è da dire che, spesso, sono proprio i medici veterinari stessi che si specializzano ulteriormente per ottenere la qualifica di esperto in psicologia canina, in maniera da esser in grado di operare direttamente sia in ambito farmacologico che comportamentale, considerato pure che esiste uno stretto legame tra la salute fisica, l’ambito emotivo-cognitivo dell’animale ed il suo comportamento (cosa che, comunque, è valida anche per l’essere umano).
Il settore di intervento più interessante ed innovativo riguarda, sicuramente, il trattamento dei disturbi comportamentali; spesso queste problematiche derivano da traumi come maltrattamento, trascuratezza e/o violenze, abbandono, precoce allontanamento dalla madre ecc., vissuti soprattutto nel primo periodo di vita, il più delicato.
D’altra parte, proprio questi stessi disturbi, quando consolidatisi, sono a loro volta la prima causa di rifiuto del cane da parte del proprietario, con soppressione o trasferimento al canile, in quanto non in grado di gestirlo.
Tutto ciò potrebbe esser evitato grazie ad una corretta educazione dell’animale, fin da cucciolo, e della persona che se ne prende cura.
E’ bene precisare che per disturbi comportamentali s’intendono sia i comportamenti indesiderati (ad esempio, il cane che fa i propri bisogni in luoghi inappropriati, che mastica/mangia oggetti in casa, ecc.), sia quei comportamenti che sono, in realtà, sintomi e manifestazioni di vere e proprie patologie.
I motivi per rivolgersi ad un terapeuta possono, quindi, esser svariati: aggressività verso i propri simili e/o verso l’uomo; ansia da separazione quando è lasciato solo (disagio espresso con abbaio prolungato, ululati, distruzione dell’ambiente circostante, ecc.); paure e fobie ( per rumori forti ed improvvisi, persone estranee, visite dal veterinario, ecc.); iperattività; comportamenti stereotipati ed ossessivi (come inseguirsi la coda, leccarsi e/o mordersi alcune parti del corpo fino a provocarsi ferite e piaghe, strapparsi il pelo, ecc.).
Nella quasi totalità dei casi queste problematiche non si verificano mai improvvisamente, eccetto in presenza di rare patologie neurologiche (comunque ben riconoscibili dai veterinari), quindi è opportuno che i proprietari facciano estremamente attenzione a tutti quegli atteggiamenti che possono rappresentare dei campanelli d’allarme di qualcosa che non va nel cane.
Le prime avvisaglie di comportamenti disturbati possono esser il morso senza ragione, il ringhio, l’ingovernabilità generale, l’istinto di caccia fuori contesto, ecc. Non bisogna assolutamente trascurare certi segnali, perché prima si interviene con un trattamento adeguato, più si avrà successo e il “lavoro” stesso di recupero sarà più facile.
La terapia comportamentale, come dice il nome stesso, ha lo scopo di modificare quei comportamenti disfunzionali dell’animale, utilizzando metodi scientificamente fondati, che in parte si rifanno alle teorie della psicoterapia ad indirizzo comportamentale tipica per l’uomo.
Per riuscire ad individuare la strategia terapeutica più adatta, è necessario formulare prima una corretta diagnosi, raccogliendo informazioni anamnestiche quanto più dettagliate ed accurate possibili non solo sul cane (stato di salute attuale, malattie passate, pattern comportamentali, abitudini quotidiane, storia di vita, eventuali traumi, ecc.), ma anche sull’ambiente in cui vive e sul/sui proprietari (famiglia, regole, stile educativo, tipo di rapporto con l’animale, ecc.). Inoltre, l’animale viene sottoposto ad osservazione, sia in ambulatorio che in un contesto naturale.
Dopo un primo incontro, o al massimo un paio, della durata di circa due ore ciascuno, lo specialista è in grado di esprimere il suo parere sul caso e impostare un percorso terapeutico.
A seconda delle situazioni i tempi variano: una sola “visita” può esser sufficiente per risolvere piccoli disagi, mentre di fronte a problematiche più complesse è necessario programmare un protocollo di sessioni pratiche, con metodi specifici, esercizi, ecc.
Generalmente, è indispensabile qualche mese per superare stati ansiosi, fobie, comportamenti ossessivo-compulsivi; comunque, grazie alle tecniche di modificazione comportamentale (desensibilizzazione sistematica, controcondizionamento, ecc.) si ottengono sicuramente miglioramenti in tempi brevi.
Nei casi più seri, è utile integrare la terapia comportamentale con la prescrizione di farmaci da parte del veterinario; come per gli esseri umani, anche all’animale vengono somministrati psicofarmaci (ma in dosi e combinazioni diverse), secondo il suo stato di salute e la diagnosi fatta. Naturalmente, il farmaco da solo non può esser risolutivo, ma come detto prima va associato ad una corretta gestione del soggetto.
Molto importante è il rapporto col proprietario, che deve esser consapevole dei tempi e modi della terapia farmacologica, di eventuali effetti collaterali e, inoltre, deve esser rassicurato che la stessa non durerà per tutta la vita dell’animale, ma sarà temporanea, a seconda della risposta ottenuta.
Dopo il primo incontro di valutazione, l’andamento della terapia viene monitorato attraverso contatti/colloqui con i proprietari e visite di controllo con il cane. Come già accennato, è essenziale che le procedure stabilite siano seguite con costanza e che ci sia una stretta collaborazione tra padrone e terapeuta, affinché lavorino insieme con lo stesso obiettivo.
Una parte importante del colloquio è dedicata anche alla spiegazione dei comportamenti dei nostri cani (riconducibile al concetto di psicoeducazione nelle sedute di psicoterapia umana): comprendere la reale motivazione di un comportamento è già un grande passo verso la risoluzione del problema.
Essendo specie differenti, infatti, interpretiamo il mondo e ci approcciamo ad esso con altri occhi; anche la comunicazione è diversa, visto che il cane non ha la parola, ma “dialoga” con i suoi simili e con l’essere umano attraverso l’uso di parti del suo corpo (come muove le orecchie e la testa, le espressioni del muso, le varie posizioni che assume nello spazio) accompagnato da vocalizzi.
Un errore comune dei proprietari, derivato proprio dall’incomprensione del linguaggio animale, è quello di “umanizzare” troppo il loro cane, trattandolo come un bambino e/o attribuendogli sentimenti troppo complessi: ad esempio, se il cane ci rovina i mobili in nostra assenza, crediamo che lo abbia fatto per vendicarsi in quanto geloso, in realtà si stava semplicemente annoiando non sapendo come trascorrere il tempo da solo, e quello era il suo modo di esprimere il disagio.
Allora, sarà quanto più necessario, da parte dello psicologo, un lavoro di sostegno del/con il soggetto umano, comunque utile anche in altre circostanze che si possono verificare, come il supporto in caso di lutto (morte del cane, decisione per l’eutanasia), lunga malattia, esigenze in situazioni specifiche (esempio, cane anziano).