Per ogni persona affetta da una grave malattia, generalmente c’è una persona che si prende cura di lei. E questa è il cosiddetto caregiver. Questi, soprattutto se è il solo ad occuparsi dell’accudimento del caro malato, si trova a svolgere, spesso improvvisamente, un ruolo estremamente gravoso.
Ciò gli impone di assolvere contemporaneamente a tante e diverse funzioni: la cura fisica del proprio caro, la gestione della sua casa, il suo trasporto, la ricerca e la scelta di qualcuno che si occupi di lui. Ma anche l’occuparsi del suo stato psicologico ed emotivo, cercando, ad esempio, di organizzare il suo tempo libero con attività che possano distrarlo o stimolarlo adeguatamente.
Il partecipare alle visite mediche, ricevendo notizie dolorose di cui talvolta il malato stesso potrebbe non essere a conoscenza. Gestire anche le comunicazioni con familiari e amici, trovandosi a dover condividere più volte notizie che possono essere emotivamente dolorose, occupandosi anche delle domande e delle reazioni degli altri. E, ancora, potrebbe dover prendere decisioni importanti, su diversi piani, assumendosi il peso della responsabilità delle conseguenze delle sue scelte.
Così, svolgere il ruolo del caregiver di un caro malato può diventare un’attività totalizzante estremamente faticosa, con ripercussioni in tutte le aree della propria vita. E questo richiede necessariamente un nuovo adattamento del proprio ruolo “nel mondo”. Soprattutto quando il quadro di malattia prospettato riguarda una situazione a lungo termine, o magari non definibile nel tempo a priori.
Quali conseguenze?
Per tutte queste ragioni svolgere il ruolo di caregiver implica dover gestire diverse preoccupazioni. E obbliga anche a confrontarsi con esperienze emotive difficili come la frustrazione, il senso di colpa, la paura, l’impotenza, la rabbia, il vissuto di sentirsi soli. Fino al senso di costrizione derivante dal sentirsi “incastrati” in uno stato di malattia che non è il proprio ma che si è obbligati a gestire.
Nell’accudire il proprio caro spesso occorre mettere i propri bisogni in secondo piano. Possono mancare il tempo e l’energia per dedicarsi a quello che piace(va) fare. Fino ad arrivare a trascurarsi personalmente per curarsi “dell’altro”, talvolta sentendo anche di dover fingere che “va tutto bene”.
Per quanto sia normale sperimentare certi stati emotivi, le dinamiche descritte, soprattutto quando perdurano nel tempo, possono generare stanchezza, stress, rimuginio ed altri sintomi ansiosi e depressivi, fino a veri e propri disturbi dell’adattamento, d’ansia, del sonno o depressione.
Cosa è utile?
È fondamentale per il caregiver stesso ricevere sostegno e supporto, al fine di prevenire conseguenze più o meno gravi per la sua stessa salute.
Accudire un caro gravemente malato implica necessariamente il contatto con esperienze emotive dolorose e faticose da gestire. Queste non possono essere cancellate: piuttosto è importante imparare a fare loro spazio e accettarle. Tuttavia, è possibile identificare alcuni elementi che possono “facilitare” il caregiver nello svolgimento della sua difficile funzione.
Innanzitutto, è fondamentale concedersi del (e accettare di aver bisogno di) tempo per adattarsi al nuovo ruolo e ai difficili cambiamenti che esso implica. Questo senza pretendere di doverlo svolgere subito, del tutto e magari molto bene!
Così, è importante per il caregiver stesso identificare e scegliere alcune persone di riferimento che possano sostenerlo svolgendo differenti funzioni.
Funzioni di chi si prende cura del caregiver
E’ importante innanzitutto avere la possibilità di ricevere informazioni adeguate, chiare e comprensibili sulla malattia del proprio caro. Possibilmente associate alla percezione di avere un punto di riferimento cui potersi rivolgere per confrontarsi su queste informazioni durante tutto il percorso di malattia.
In tale senso potrebbe essere utile identificare un medico di riferimento, o rivolgersi ad associazioni o gruppi di supporto specifici, se disponibili sul proprio territorio. Le associazioni e i gruppi di supporto sono utili anche al fine di confrontarsi con persone che vivono un’esperienza analoga alla propria. Questo può incrementare la percezione di supporto sociale, che è importante al fine di promuovere il processo di adattamento e anche di prevenire ripercussioni negative per la propria salute.
È importante sentire di poter chiedere aiuto e sentire di potersi fare sostenere dagli altri. Ed è importante identificare almeno una persona di riferimento con cui poter esprimere le proprie preoccupazioni e le proprie emozioni, anche le più dolorose. Qualcuno con cui il caregiver senta di poter parlare di come si sente davvero, senza fingere che vada tutto bene. Per prevenire conseguenze negative sarebbe importante, infatti, cercare di comunicare in maniera aperta e diretta con gli altri, oltre che col proprio caro malato.
Le figure a cui affidarsi
È importante avere una persona di riferimento e di fiducia cui poter delegare certi compiti, per quanto possibile.
E, per quanto difficile, è altresì importante cercare di coltivare comunque dello spazio per sé e per i propri interessi. Per contattare stati emotivi piacevoli, recuperare energie e anche al fine di evitare di identificare se stessi solo col ruolo di persona che si prende cura dell’altro.
Infine, può essere utile conforntarsi con un professionista esperto in certe tematiche. Uno psicoterapeuta potrà aiutare il caregiver a riconoscere e valorizzare le proprie risorse. E potrà anche promuovere la comprensione e l’espressione delle sue emozioni, anche delle più dolorose e difficili da sperimentare.
Potrà inoltre promuovere l’apprendimento di strategie cognitive e comportamentali per gestire gli stati emotivi, fronteggiare le situazioni e affrontare e gestire i problemi in maniera funzionale. Tutto ciò sostenendo il caregiver nel suo difficile ruolo e promuovendo il suo processo di adattamento.
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