Panico, fobie, ansia sociale ed ansia generalizzata sono alcune delle più tipiche condizioni per le quali le persone si rivolgono agli studi di psicoterapia.
Anche molte altre condizioni di sofferenza, come ad esempio il disturbo ossessivo compulsivo, le problematiche relazionali e anche la depressione si legano imprescindibilmente a stati d’ansia spesso molto difficili da gestire.
Per questo motivo, i sintomi correlati all’ansia ed alla paura possono essere annoverati nella top-ten delle richieste rivolte ai professionisti della salute mentale. Siano essi psicologi, psicoterapeuti o psichiatri.
Distinzione tra ansia e paura
Nonostante ciò, è presente molta confusione rispetto alla definizione di queste due emozioni. Soprattutto rispetto all’individuazione della linea di confine che demarca la differenza tra l’ansia fisiologica e quella patologica.
A ciò è necessario aggiungere un’ulteriore considerazione. In alcune condizioni di sofferenza psicologica il problema principale non riguarda affatto la presenza di un’ansia eccessiva o patologica quanto, piuttosto, deriva da una più generica difficoltà nel tollerare un qualsiasi stato emotivo negativo.
Le emozioni, sia positive che negative, svolgono un ruolo fondamentale nella nostra vita e nell’evoluzione della specie umana. Il loro costante evitamento, sebbene nel breve termine porti a sentirsi meglio, sulle lunghe distanze causa l’instaurarsi di un circolo vizioso. La scarsa tolleranza alle emozioni negative porta, di fatto, a percepirle più frequentemente e più intensamente.
Spesso, infatti, a causa di alcuni meccanismi cognitivi come l’attenzione selettiva ed il monitoraggio della minaccia, finiamo per cadere vittime proprio delle emozioni che temiamo di più.
Qual è dunque il confine tra un’ansia sana ed una disfunzionale? Come possiamo imparare a tollerare le emozioni negative? Quando è il caso di chiedere aiuto?
Le emozioni come bussola
Quello del provare emozioni è un aspetto che accomuna tutte le specie animali più evolute, di cui l’uomo fa parte.
I pensieri che formuliamo, le valutazioni che facciamo, i comportamenti che mettiamo in atto diventano rilevanti nella misura in cui suscitano delle reazioni in noi e in coloro che ci circondano.
Facciamo un esempio: noi sappiamo che rubare è una brutta azione e, se decidiamo di non farlo, non è solo per evitare le conseguenze legali che ne potrebbero conseguire. Anche, e forse soprattutto, poiché sappiamo che questa azione comporterebbe una reazione emotiva negativa nella persona che subisce il furto.
Tale reazione, a sua volta, porterebbe anche noi a provare una spiacevole emozione di colpa e vergogna. Allo stesso modo, se decidiamo di fare un regalo ad un nostro amico, non è unicamente per trarne dei benefici futuri. Ma anche perché siamo consapevoli che ricevere quel dono lo porterà a sentirsi felice e questo, di riflesso, farà star bene anche noi.
Le emozioni, tutte, rappresentano dunque una bussola in grado di orientare le nostre azioni.
Paura ed ansia
La funzionalità delle emozioni è ancor più grande quando parliamo di ansia e paura. Queste emozioni sono infatti filogeneticamente molto antiche e svolgono un ruolo basilare nella nostra sopravvivenza.
Ansia e paura, seppur presentino un legame molto forte, non sono però la stessa emozione. La paura, più arcaica dell’ansia, è uno stato che condividiamo con tutti gli altri animali più evoluti, in particolar modo con gli altri mammiferi.
L’ansia invece, sembra essere un’emozione tipicamente umana, evolutasi a partire dalla paura. In parallelo alla progressione delle nostre capacità cognitive di immaginazione, anticipazione e progettazione.
Entrambe le emozioni sono coinvolte nel sistema della difesa, condividono modificazioni fisiologiche simili e si attivano di fronte ad una minaccia.
La differenza sostanziale
La differenza principale risiede nel fatto che la paura si attiva di fronte ad un pericolo reale e, una volta cessata la minaccia, scompare. L’ansia, invece, può attivarsi anche in relazione ad una minaccia percepita, ovvero non tangibile e condivisa, spesso vaga e mal definita.
Coinvolgendo le nostre capacità di anticipare e prevedere gli eventi, l’ansia può inoltre manifestarsi in modo anticipato rispetto ad eventuali pericoli e perdurare anche in assenza di una reale minaccia. Per sintetizzare questo concetto, potremmo definire l’ansia come l’emozione che anticipa il pericolo, la paura come quella che lo accompagna.
Al giusto livello, entrambe queste emozioni sono fondamentali per garantire la nostra sopravvivenza e, in termini più generali, quella dell’intera specie di cui facciamo parte.
Il sistema di difesa e la paura
Proprio in virtù del fondamentale ruolo che l’ansia e la paura svolgono per la nostra sopravvivenza, il nostro corpo è progettato in modo tale che, fin quando il sistema di difesa dal pericolo è attivo, esso impedisce alle altre emozioni di attivarsi e guidare le nostre azioni.
Anche questo aspetto di “priorità emotiva” è assolutamente funzionale. Ciò poiché l’elemento indispensabile per poter agire nel mondo è, indubbiamente, quello di essere vivi e di sentirsi al sicuro.
Un esempio pratico
Proviamo a fare un esempio per capire meglio il concetto: immaginiamo di camminare tranquillamente per strada e di dirigerci all’appuntamento con un nostro caro amico che non vediamo da tanto tempo. Possiamo supporre che, in quel momento, il sistema che guida le nostre azioni sia quello della piacevolezza. L’aspettativa di abbracciare il nostro amico e chiacchierare con lui si associa ad emozioni positive quali gioia e felicità.
Supponiamo che, per un malaugurato caso, durante il tragitto noi veniamo assaliti da un rapinatore che ci minaccia con un coltello. Che fine fa il nostro desiderio di passare del tempo con il nostro amico? Fortunatamente scompare e viene rapidamente sostituito dal nostro sistema di difesa.
Prende il sopravvento la paura che, con le sue modificazioni fisiologiche ci prepara a difenderci dall’aggressione attraverso tre possibili vie d’uscita: l’attacco, la fuga o ciò che in termini tecnici viene definito “Freezing”. Ovvero una reazione di paralisi, di assoluta immobilità che rappresenta la strategia di difesa più estrema ed innata. Condivisa con molte altre specie animali che vi ricorrono in tutte quelle situazioni in cui non è possibile né combattere né fuggire. In cui il “fingersi morti” sembra essere l’unica soluzione per salvarsi la pelle.
Non è difficile immaginare che cosa succederebbe se, con il coltello puntato alla gola, il nostro sistema di difesa non si attivasse e, invece che darcela a gambe, noi continuassimo a camminare tranquillamente verso il nostro appuntamento.
Fortunatamente, la paura si attiva automaticamente e guida le nostre azioni finché, con ragionevole grado di certezza, non percepiamo di essere fuori pericolo. Solo a quel punto il sistema di difesa si ritrae e noi potremo riprendere le nostre normali funzioni e, magari, avvisare il nostro amico di quanto appena accaduto e concordare con lui un nuovo appuntamento.
Il sistema di difesa e l’ansia
Fin qui abbiamo parlato della paura, ed abbiamo compreso che essa è assolutamente funzionale poiché ci difende da pericoli reali e tangibili.
E l’ansia invece? Come mai ci è utile anche se si attiva di fronte a minacce unicamente percepite?
Come abbiamo detto, il nostro sistema cognitivo è altamente evoluto. A differenza degli animali, noi siamo in grado di progettare la nostra vita e dirigere le nostre azioni verso mete anche temporalmente distanti.
Abbiamo inoltre sviluppato un insieme di sistemi motivazionali e d’azione più ampio rispetto a quello del mondo animale. Ciò fa sì che possiamo sentirci intimoriti anche da tutta una serie di variabili che prescindono dalla stretta sfera della sopravvivenza ma che, indirettamente, contribuiscono a migliorare la nostra qualità di vita.
L’ansia diventa così un’emozione che ci aiuta a orientare le nostre azioni in termini evoluzionisticamente positivi, motiva le nostre azioni ed il nostro impegno.
Un altro esempio
Anche in questo caso proviamo a fare un esempio: immaginiamo di trovarci di fronte ad un esame molto importante che potrebbe decretare il nostro futuro professionale. Abbiamo molti libri da studiare e la nostra prestazione è imminente.
In un simile contesto, se da una parte è certamente vero che troppa ansia non ci permetterebbe di rendere al meglio, dall’altra, non è difficile immaginare che, in un contesto di totale assenza di ansia per la nostra prestazione, anche la motivazione e l’impegno nello studio ne risentirebbero, inficiando la probabilità di sostenere positivamente il nostro esame.
La giusta dose di ansia anticipatoria, l’immaginarsi il giorno dell’esame, la percezione di quella leggera stretta allo stomaco all’idea di poter sbagliare, sono tutti elementi che motivano e guidano le nostre azioni. Inducendoci a passare il pomeriggio a studiare piuttosto che cedere al desiderio di fare una passeggiata rilassante o una chiacchierata con gli amici.
Ansia anticipatoria
Così come per la paura, anche durante gli stati d’ansia, attivandosi il sistema di difesa, il nostro corpo si modifica. Questo per darci la possibilità di rispondere attraverso la fuga, l’attacco o l’immobilizzazione.
Nel caso specifico dell’ansia però, essendo essa presente anche in assenza di reali pericoli imminenti, sotto forma di anticipazione degli eventi, è frequente anche una quarta strategia di gestione della situazione. Tale strategia, tipicamente umana, si basa proprio sulla capacità di anticipare mentalmente le situazioni ed immaginarne i possibili esiti. Con lo scopo, più o meno raggiungibile, di prepararsi ad affrontare il pericolo qualora esso effettivamente si verifichi in futuro.
Paura, ansia e patologia
In base a quanto detto fino ad ora, risulta evidente come tutte le emozioni e, nello specifico l’ansia e la paura, svolgano un ruolo assolutamente indispensabile per la nostra sopravvivenza. Se noi fossimo immuni da queste emozioni, semplicemente, oggi non saremmo qui.
Senza la paura ed il sistema di difesa, i nostri antenati, di fronte ad un orso affamato non sarebbero scappati e non avrebbero costruito delle armi per difendersi.
Senza l’ansia anticipatoria per il freddo dell’inverno non avrebbero scoperto il fuoco, non avrebbero preparato le pelli per ripararsi e, con buona probabilità, si sarebbero estinti.
Ciò che è successo nel tempo, invece, è stato esattamente l’opposto: chi aveva il sistema della difesa maggiormente reattivo è scampato alle insidie ed ai pericoli. Propagando così i propri geni a discapito di coloro che erano meno pronti. È così che i nostri antenati ci hanno lasciato in eredità un sistema della minaccia altamente protettivo e funzionante che, se da una parte ci difende dai pericoli, dall’altra, può attivarsi anche in momenti meno opportuni.
Le fobie
Nel corso della storia, la paura è stata l’emozione che, più di molte altre, ha contribuito alla nostra sopravvivenza.
D’altra parte, però, è anche vero che l’evoluzione industriale e tecnologica della nostra specie ha subito una repentina crescita nel corso del tempo.
Abbiamo inventato metodi per mantenere la nostra igiene, per scaldarci e per curarci in caso di malattia. Costruito città e case in grado di tenerci al sicuro da predatori ed eventi atmosferici. Fatto tutto ciò in un tempo che, evoluzionisticamente parlando, rappresenta un battito di ciglia.
Parallelamente però, la nostra costituzione genetica è rimasta pressoché la stessa dei nostri antenati vissuti sulla terra 30.000 anni fa. Il nostro sistema di difesa ha dunque subito un ritardo nell’adattamento alle nuove e “lussuose” condizioni di vita attuali.
Un retaggio evoluzionistico
Stando a quanto afferma la prospettiva Darwiniana, questo retaggio evoluzionistico potrebbe essere responsabile della genesi di quelle che vengono definite fobie. Ovvero paure irrazionali ed esagerate rispetto alla reale minaccia ambientale.
A sostegno di ciò, in uno studio condotto nel 1998 (Curtis et al., 1998) emerge ad esempio come le principali paure riferite da numerose persone che soffrono di fobie siano perlopiù relative agli animali (in particolar modo rettili, ragni e topi), all’altezza, agli eventi atmosferici e naturali (temporali, terremoti) al sangue ed al buio, soprattutto nei bambini.
Tutti questi stimoli, sebbene al giorno d’oggi possano sembrare delle paure irragionevoli, osservati in un’ottica evoluzionistica hanno rappresentato delle reali minacce per i nostri antenati.
A conferma dell’ipotesi che le fobie attuali possano rappresentare delle paure per stimoli ancestralmente minacciosi, Curtis e colleghi evidenziano come le paure per stimoli evoluzionisticamente più recenti e non presenti in natura, come le armi da sparo e le automobili, siano molto rare nonostante tali stimoli siano decisamente più pericolosi di un temporale o di un innocuo geco sul muro di casa.
L’ansia ed i suoi disturbi
Così come per la paura che, portata all’estremo può generare un timore eccessivo ed irrazionale per stimoli tutto sommato innocui, anche nel caso dell’ansia è possibile assistere ad un’attivazione eccessiva ed irrazionale.
In questo caso, il legame che intercorre tra lo stimolo, reale o immaginario, e la risposta d’ansia è più complesso. Fa riferimento, come precedentemente accennato, a tutti quei valori ed obiettivi che la specie umana è capace di prefiggersi.
Ansia sociale
Nell’ansia sociale, ad esempio, assume molta importanza l’aspetto prestazionale. In particolar modo riferito al contesto interpersonale ed al timore di fare una brutta figura o di venir criticati o derisi.
In termini evoluzionistici, anche questo tipo di variabili possono essere legate alla nostra sopravvivenza. Essere socialmente abili, ottenere buone prestazioni scolastiche e lavorative, essere delle brave persone, sono tutti aspetti che, indirettamente, aumentano il nostro grado di integrazione sociale. E di conseguenza la possibilità di tramandare dei buoni geni ai nostri discendenti, promuovendo l’evoluzione della nostra specie.
In linea generale, secondo la legge di Yerkes e Dodson (1908), la relazione tra ansia e prestazione può essere rappresentata attraverso una “U rovesciata”. Ad attivazione emotiva bassa corrisponde uno stato di demotivazione che porta a prestazioni scarse. A livelli medi di attivazione emotiva la motivazione e la prestazione raggiungono livelli ottimali. Infine, in presenza di un’attivazione ansiosa elevata, anche la prestazione ne risente, poiché l’ansia finisce per interferire con la capacità di rimanere concentrati sul compito.
Nelle situazioni in cui è presente un iper-investimento su alcuni scopi di vita o su alcuni obiettivi, dunque, è possibile che l’ansia, piuttosto che stimolare una buona prestazione, possa, al contrario, inficiarla.
Il rimuginio
Un altro aspetto che entra in gioco nel rendere l’ansia disfunzionale è l’eccessivo ricorso ai processi rimuginativi (rimuginio e ruminazione).
Come già accennato, l’essere umano è in grado di anticipare mentalmente gli eventi e formulare piani d’azione utili alla loro soluzione.
Quando, tuttavia, il ricorso a tale strategia è massiccio ed il pensiero si fa ricorsivo piuttosto che orientato all’azione, si corre il rischio di cadere in una preoccupazione sterile. Questa mantiene la mente concentrata unicamente sulla minaccia senza fornire alcun piano d’azione utile al suo superamento.
Il pensiero rimuginativo è frequentemente riscontrato in molti disturbi d’ansia e rappresenta la strategia d’elezione all’interno del quadro del disturbo d’ansia generalizzata.
Quando chiedere aiuto?
Gli elementi centrali che possono farci ipotizzare che stiamo soffrendo di un disturbo d’ansia riguardano le ripercussioni che le nostre paure e la nostra ansia hanno sulla vita di tutti i giorni.
Qualora l’ansia o la paura siano oggettivamente eccessive e/o irrazionali e finiscano per limitare la nostra qualità di vita, la nostra libertà, le nostre relazioni o il nostro lavoro, allora è probabile che stiamo soffrendo di un disturbo d’ansia ed una terapia può essere utile per superare il nostro problema.
Un’altra situazione in cui può essere utile intervenire terapeuticamente riguarda tutti quei casi in cui, nonostante l’emozione non assuma una forma oggettivamente eccessiva o irrazionale, essa venga sperimentata da chi la vive come intollerabile.
Come sottolineato in questo articolo, infatti, tutte le emozioni, ed in particolar modo l’ansia e paura, sono fenomeni con cui è assolutamente necessario (ed utile) convivere. Esse rappresentano una preziosa guida che può orientare i nostri comportamenti verso scelte funzionali alla nostra sopravvivenza.
Il rischio che si corre nel voler a tutti i costi evitare di sentirsi in ansia o impauriti è, paradossalmente, quello di vivere in un costante stato di minaccia. Il pericolo finisce per venir rappresentato proprio dal timore di provare emozioni spiacevoli.
In questo caso, aumentare la propria “finestra di tolleranza” agli stati emotivi negativi può rappresentare un’utile strategia per vivere con più soddisfazione la propria vita, apprezzando le innumerevoli sfumature portateci in dono dalle nostre emozioni.
Bibliografia
- Curtis, G., Magee, W. J., Eaton, W. W., Wittchen, H. U., & Kessler, R. C. (1998). Specific fears and phobias. The British Journal of Psychiatry, 173(3), 212-217.
- Giannantonio, M. (2013). Paura di sentire. Edizioni Centro Studi Erickson.
- Troisi, A. (1999). Le basi evoluzionistiche delle fobie. Aggiornamenti in psichiatria, 17(5), 3.
- Yerkes, R. M., & Dodson, J. D. (1908). The relation of strength of stimulus to rapidity of habit-formation. Punishment: Issues and experiments, 27-41.