Quando pensiamo ad una coppia che litiga, in conflitto, la prima immagine che a molti di noi viene in mente comprende due partner arrabbiati.
Ormai le emozioni sono state studiate, comprese e raccontate in termini più neutrali e ci stiamo allontanando sempre più dall’idea che esistano emozioni “cattive” o “negative”. Tuttavia, quando immaginiamo una faccia arrabbiata è possibile e frequente che non proviamo belle sensazioni e questo è estremamente normale.
Cos’è la rabbia e che funzione svolge?
La rabbia è un emozione innata e universale descritta in numerosi modelli ed è una di quelle che sono state definite “emozioni primarie” (Ekman, 2008).
È stata nel tempo suddivisa in sottocategorie (es. Rabbia primaria e Rabbia secondaria Greenberg e Paivio (2000)). Viene descritta attraverso vari termini, in base all’intensità o ad altre variabili.
Nei programmi terapeutici della Dialectical Behaviour Therapy (DBT), ad esempio, la rabbia è descritta da circa “16” parole differenti tra cui “ira”, “collera”, “cattivo umore”.
Come tutte le emozioni, anche la rabbia ha una funzione adattiva: ci permette di difenderci e sopravvivere al dolore fisico ed emotivo; ci aiuta a ristabilire il senso di giustizia dopo un torto subito; promuove il rispetto della propria persona e dei propri diritti.
Ma come viviamo e mostriamo la rabbia nelle nostre relazioni? Come interpretiamo la rabbia dell’altro? Tutto questo dipende da molti fattori ed è più complesso di quello che sembri.
Emozioni nelle relazioni e MOI – Modelli Operativi Interni
John Bowlby nella sua Teoria dell’Attaccamento ci racconta come a partire dai primissimi anni di vita i bambini iniziano a costruire dei “modelli”, delle rappresentazioni delle esperienze di interazione con le proprie figure di riferimento.
Questi modelli (MOI – Modelli Operativi Interni) saranno poi la guida che quel bambino potrà portare sempre con se. Lo aiuteranno a comprendere e interpretare i comportamenti degli altri e a regolare i propri di conseguenza.
A seconda della propria storia di vita quindi ognuno di noi darà un valore e inquadrerà ogni emozione in base ai propri MOI, in base alla cornice in cui ogni emozione si è espressa intorno a lui e a come l’ha sperimentata su se stesso.
Frasi come “è arrabbiato, lascialo stare”, “meglio non farlo arrabbiare” oppure “non devo far vedere che mi sento così” arrivano come pensieri automatici e immediati. Sono però il frutto di tante esperienze vissute e sono ormai alla base del nostro modo di stare in relazione con gli altri.
Il modo in cui esprimiamo o non esprimiamo le emozioni dipende quindi da quello che abbiamo imparato nella nostra vita.
Quando iniziamo una relazione sentimentale da adulti, tutto può farsi più complesso: cosa succede se ad esempio l’altro non reagisce come ci aspettiamo? Come posso regolare il modo in cui mi esprimo o rimanere tranquillo quando l’altro mi manda segnali così diversi dal mio modo di vedere le cose?
Cambiare una prospettiva cosi antica e protettiva dentro di noi, rimanere tranquilli ad ascoltare/osservare l’altro può essere realmente una sfida. La rabbia è sicuramente un emozione che rischia, se non interpretata correttamente, di generare malessere di coppia.
La rabbia nelle relazioni sentimentali
Come detto finora, a seconda di come si sono creati i nostri modelli interni, a seconda di come l’ambiente intorno a noi ci ha plasmato, da adulti avremo una rappresentazione della nostra rabbia e della rabbia dell’altro molto chiara e precisa ma, ahimè, non universale.
Per alcuni di noi la rabbia è stata un emozione da evitare, da temere e siamo figli o affetti di persone che “è meglio non far arrabbiare”.
Per altri di noi la rabbia è stata l’unica cosa che ci rendeva visibili all’altro, che ci permetteva di sentirci compresi e aiutati. Siamo quei bambini che hanno usato la rabbia come spinta vitale e che hanno spesso pensato e tuttora pensano “se non si arrabbia nemmeno è proprio grave”.
I momenti in cui c’è più rischio che queste diverse rappresentazioni causino dolore e sofferenza tra i partner sono i momenti di conflitto e di disconnessione.
Disconnessione e rabbia nella coppia
Quando ci sentiamo disconnessi dal nostro partner possiamo avere la sensazione allarmante che la persona più importante della nostra vita ci stia ignorando, criticando, che “non ci veda” o che si stia pericolosamente allontanando.
Quando sentiamo una minaccia nel nostro sistema di attaccamento è normale provare emozioni profonde come Paura, Angoscia, Sofferenza, Tristezza.
Stare in contatto con queste emozioni è storicamente molto difficile. Se in più le nostre esperienze infantili ci hanno insegnato che dobbiamo stare alla larga dalla tristezza, che non ci dobbiamo mostrare vulnerabili e deboli, che se l’altro ci vede tristi e sofferenti si allontanerà, allora la disconnessione diventa ancora più pericolosa.
Ognuno di noi prova a far fronte a questa minaccia seguendo i propri schemi, i propri MOI . Vediamo come esprimere la rabbia possa avere una funzione diversa:
Rabbia per connettersi
Alcuni di noi quando si sentono criticati, allontanati, in pericolo, hanno bisogno che l’altro lo “senta”, lo “veda” e quindi “alza” il tono emotivo, e inizia a sperimentare ed esprimere una rabbia crescente.
La rabbia in questo caso è un emozione “calda”, un grido, un modo di far capire all’altro che lo percepisco distante fisicamente o emotivamente: se ci pensiamo bene se sentiamo l’altro è lontano abbiamo davvero bisogno di “urlare” per raggiungerlo.
La rabbia ha lo scopo di coinvolgere l’altro. “Come mai non senti il pericolo?”, “come è possibile che non ti accorgi che sto soffrendo, che la nostra relazione è in pericolo?”. Questi o altri pensieri nascono dal bisogno di ritrovare la connessione e esprimere la rabbia è a volte la strategia migliore che abbiamo per farci vedere, per far vedere al nostro partner quanto è minaccioso ciò che sta succedendo.
Rabbia come blocco alla connessione
Se le nostre esperienze infantili ci insegnano invece a non esprimere le nostre emozioni, se ogni volta che abbiamo provato e condiviso con gli altri dei sentimenti non è andata a buon fine, smetteremo semplicemente di farlo o cercheremo di allontanarci dall’altro quando le percepiamo.
Il mondo emotivo diventa pericoloso e in un momento di disconnessione, soprattutto se il partner esprime e ci “inonda” tutta la sua emotività, sentiremo il bisogno di allontanarci.
In questi casi a volte la rabbia è l’unica strategia che funziona per respingere le emozioni dell’altro: in questo caso la rabbia è usata per “bloccare” l’altro, per comunicargli che deve smettere di avvicinarsi.
Chi sperimenta questo tipo di rabbia spesso si chiede “come facciamo a riconnetterci se continuiamo a litigare?”: la rabbia serve per evitare che il tono emotivo si alzi e si corra il rischio di allontanarsi sempre di più.
In conclusione, se non c’è condivisione rispetto al motivo per cui ci arrabbiamo, è possibile che si inneschino cicli negativi che mantengono o incrementano la nostra disconnessione.
Violenza e aggressività: rabbia fuori dal sistema di attaccamento
L’espressione della rabbia tra i partner può preannunciare anche una situazione più estrema rispetto a quello di cui abbiamo parlato finora.
Talvolta la rabbia e le sue espressioni si inseriscono nel quadro di quella che viene definita “violenza domestica” (che sia fisica o psicologica).
In questo caso la comprensione della funzione della rabbia diventa indispensabile: è vitale discernere le situazioni in cui i comportamenti aggressivi, seppur estremi e pericolosi, si inseriscono in un escalation a cui entrambi i partner concorrono per salvare la coppia e la connessione di coppia dalle situazioni in cui il partner abusante non usa la rabbia e l’aggressività a scopo di connessione ma solo a scopo di dominanza e di autovalutazione.
Non tutte le coppie violente sono coppie in cui esiste violenza domestica: per capire e valutare queste situazioni così delicate e pericolose occorre richiedere un aiuto appropriato.
Come gestire la rabbia nella coppia
In uno dei più recenti modelli terapeutici per la coppia, la Terapia Focalizzata sulle Emozioni (Emotinally Focused Therapy – EFT) viene celebrato il concetto che “non esistono emozioni irrazionali”.
Questo ci rimanda all’idea che la cosa più importante nei legami di attaccamento, negli spazi in cui ci sentiamo al sicuro, è prendere consapevolezza di cosa può voler dire nel momento presente un determinato comportamento e una determinata emozione che, appunto, non può che essere giusta e normale per chi la sta provando ed esprimendo.
Il primo passo quindi è “rallentare” e chiederci sempre “cosa sta accadendo ADESSO?”.
“Che cosa prova l’altro in questo momento? Cosa cerca di comunicarmi attraverso la sua rabbia?”.
Domande come queste possono aumentare la consapevolezza di quello che sta succedendo e possono portare alla regolazione e alla gestione delle emozioni che si attivano dentro e tra di noi.
Quando chiedere aiuto
Persino questo primo passo può risultare difficile e non immediato ed è quindi importante, se ci sentiamo sopraffatti dalle emozioni che proviamo nei nostri momenti di disconnessione, farci aiutare ed essere guidati verso una diversa consapevolezza di noi e della nostra coppia.
Ogni terapia di coppia ha lo scopo di aiutare i partner a comprendere meglio cosa sta accadendo tra loro.
Nel modello EFT, ad esempio, questo avviene “rallentando” e aiutando i partner a comprendere i propri vissuti, a collegare le emozioni che provano attraverso “la lente” dell’attaccamento e a dare in primo luogo un senso personale e valido alle proprie emozioni.
Il cambiamento avviene poi attraverso i nuovi “dialoghi” che si instaurano grazie alla rielaborazione delle esperienze vissute.
Non possiamo chiedere a noi stessi di non arrabbiarci, ma possiamo imparare a stare in contatto con le nostre emozioni e a comunicare all’altro che senso (Linehan, 2015) ha per noi esprimerle.
Bibliografia
- Bowlby, J. (1969). Attachment and Loss. Vol. 1: Attachment. New York: Basic Books. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 1: L’attaccamento alla madre. Torino: Boringhieri, 1972.
- Bowlby, J. (1973). Attachment and Loss. Vol. 2: Separation. New York: Basic Books. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 2: La separazione dalla madre. Torino: Boringhieri, 1975.
- Bowlby, J. (1979). The Making and Breaking of Affectional Bonds. London: Tavistock Publications. Tr. It. Costruzione e rottura dei legami affettivi. Milano: Raffaello Cortina Editore, 1982.
- Bowlby, J. (1980). Attachment and Loss. Vol. 3: Loss, Sadness and Depression. New York: Basic Books. Tr. It. Attaccamento e perdita. Vol. 3: La perdita della madre. Torino: Boringhieri, 1983.
- Ekman, P. (2008). Te lo leggo in faccia. Riconoscere le emozioni anche quando sono nascoste. Amrita Editore.
- Greenberg, L. S., & Paivio, S. C. (2000). Lavorare con le emozioni in psicoterapia integrata. Sovera Edizioni.
- Johnson, S. (2013). Creare relazioni. Manuale di Terapia di Coppia Focalizzata sulle Emozioni. Sassari: Istituto di Scienze Cognitive Editore.
- Johnson, S. (2014). Love Sense. Il Senso dell’Amore. La nuova e rivoluzionaria scienza delle relazioni romantiche. Sassari: Istituto di Scienze Cognitive Editore.
- Johnson, S. (2019). Attachment Theory in Practice: Emotionally Focused Therapy (EFT) with Individuals, Couples, and Families . Guilford Press.
- Leahy, R., Tirch, D., & Napolitano, L. (2013). La regolazione delle emozioni in psicoterapia. Guida pratica per il professionista. Firenze: Eclipsi.
- Linehan, M. (2015). DBT Skills Training. Manuale-Schede e fogli di lavoro. Raffaello Cortina Editore.