Il neurofeedback (parola che significa “ritorno di informazione neuronale”) è una metodologia indolore e non invasiva. Permette di ricavare informazioni sull’attività elettrica del cervello della persona, per fa sì che il cervello stesso possa regolare la sua attività ottimizzandola. Si tratta di una metodologia molto avanzata, frutto di un secolo di ricerche in svariati ambiti scientifici, tra cui in modo particolare le neuroscienze.
Gli attuali sistemi di neurofeedback derivano dai sitemi di Biofeedback prima e EEG Biofeedback poi. Nati negli anni ’60 come dispositivi per aiutare le persone, attraverso specifici esercizi, a correggere la loro attività muscolare e cerebrale. I primi sistemi di neurofeedback che sono stati sviluppati (i modelli lineari) facevano riferimento a un “modello di cervello”. Si cercava di portare l’attività elettrica del cervello dell’utente, correggendola attraverso specifici esercizi, verso tale modello “ideale”.
Evoluzione del neurofeedback e recenti sviluppi
Ad oggi la più avanzata evoluzione dei sistemi di neurofeedback ha portato al sistema dinamico non lineare. Unico nel suo genere, in quanto è il cervello di ciascun utente a fungere da riferimento. Proprio con tale riferimento soggettivo si cerca di ottimizzarne il funzionamento, in modo da incrementare l’efficienza mentale e il benessere emotivo.
Si tratta infatti di un sistema che si adatta continuamente alla singola persona in ogni singolo istante. Non dirige in nessun modo l’attività del sistema nervoso. Non si tratta quindi né di uno strumento diagnostico né di un trattamento medico. Il neurofeedback fornisce una fonte di informazione per il cervello allenandolo a un funzionamento ottimale. Non viene impostata una “teorica” normalità (come avviene nei sistemi di neurofeedbackk lineare) ma vengono stimolati l’autoregolazione e l’autopotenziamento.
Principi su cui si fonda il neurofeedback dinamico non lineare
Questo tipo di neurofeedback si basa su due principi cardine del funzionamento del cervello: la neuroplasticità e l’omeostati dinamica. Questi sono stati chiaramente evidenziati dagli studi neuroscientifici. Questi due termini descrivono la capacità del cervello di modificare e riorganizzare le connessioni tra i neuroni attraverso le molteplici esperienze della vita quotidiana. Attraverso l’apprendimento, durante tutto l’arco della nostra vita, cercando continuamente il miglior equilibrio chimico-fisico possibile (omeostasi).
Un tempo si pensava che il cervello non fosse più in grado di arricchirsi dopo i 25 anni di età. Oggi è dimostrato che oltre i 90 anni di vita il cervello è in grado di evolvere, apprendere e adattarsi a nuove richieste e condizioni. I neuroni, se stimolati, continuano a rinnovarsi e questa “ricrescita” contribuisce al benessere.
La possibilità del cervello di regolarsi può infatti essere perturbata da vari tipi di traumi fisici e psichici. Ne conseguono disturbi più o meni importanti sul piano fisico, cognitivo ed emotivo.
Per chi può essere utile il neurofeedback
Il neurofeedback dinamico non lineare è stato recentemente riconosciuto (Ottobre 2018) dalla Food and Drug Administration americana come “general wellness”, cioè come generale strumento di benessere. Esso può quindi essere effettuato da tutti gli operatori adeguatamente formati e portare benefici al di là di specifici aspetti diagnostici.
L’utilizzo del neurofeedback dinamico non lineare appare ad oggi promettente e suggeribile per aspetti legati all’ansia e allo stress (panico, insonnia, cefalee), a stati depressivi e a disturbi dermatologici. Molto utile nei disturbi del comportamento come aggressività, scatti di rabbia e impulsività (es. ADHD) ma anche per comportamenti compulsivi legati o meno all’uso di sostanze.
Il neurofeedback funziona?
Le prime pubblicazioni scientifiche sul neurofeedback tradizionale si hanno già a partire già dagli anni ’70. Vari Autori lo hanno sperimentato nei più frequenti disturbi psichici. Ad esempio: nell’ansia, Garrett (1), Egner (2); nel Disturbo Ossessivo Compulsivo, Hammond (3); nella Depressione, Hammond (4) (5); nell’insonnia, Moore (6) e Garrett (7).
Ad oggi l’Università di Victoria in Canada ha raccolto i dati di più di un milione di sedute e condotti ampi studi statistici. Questi forniscono percentuali di efficacia del training con neurofeedback dinamico non lineare molto incoraggianti. I tassi di miglioramento sono del 83,3% nell’insonnia, dell’87,2% per l’emicrania e del 72,4% nella tachicardia. Tutte condizioni che abbassano significativamente la qualità di vita delle persone.
Neurofeedback e psicosomatica
Anche altri disturbi “psicosomatici” traggono giovamento da questa metodica. Ad esempio per la fibromialgia e altri dolori cronici l’Università di Victoria riporta efficacia pari al 73,8%. Mentre per i disturbi gastrointestinali ne attesta l’efficacia nell’80% dei casi. E’ in corso uno studio italiano condotto in collaborazione con l’Università di Palermo (Lanza, 2018) che ne sta valutando l’efficacia per il disturbo da Acufeni. Sebbene se ne aspettino i risultati definitivi, il neurofeedback appare molto utile per trattare un disturbo invalidante e con scarsa o nulla efficacia da parte di altri approcci. I risultati preliminari evidenziano inoltre che, anche nei pazienti in cui non si ha una diminuzione dell’intensità e della frequenza dell’acufene, si ha una riduzione dello stato di ansia. Spesso infatti tale disturbo si accompagna e ad altri disturbi secondari come insonnia ed emicrania che rendono il disturbo da acufeni ancora più invalidante. E’ fondamentale quindi migliorare la capacità di adattamento e la qualità di vita del paziente.
Neurofeedback e problemi dermatologici
Un altro campo in cui l’Università di Victoria ha condotto studi di efficacia è quello dei problemi dermatologici, spesse volte legati ad aspetti psicosomatici. In questi casi la significativa attenuazione dei parametri legati allo stress porta beneficio nel 70% dei casi.
La dottoressa Jean Alvarez ha pubblicato nel 2013 un importante studio sulla rivista Integrative Cancer Therapies sull’uso del neurofeedback dinamico non lineare. Ha misurato il deterioramento cognitivo, la fatica, il sonno e il disagio emotivo (in particolare ansia e depressione) in 23 donne che manifestavano sintomi di chemobrain dopo i trattamenti farmacologici per cancro al seno.
Nelle misurazioni iniziali i partecipanti hanno mostrato punteggi superiori rispetto alla popolazione normale a tutti i questionari. Dopo 20 sessioni di neurofeedback i soggetti erano indistinguibili dalla popolazione normale riguardo a quasi tutte le variabili misurate.
Nello studio di Ali Nazari et al. del 2011 (9) si indica il neurofeedback training efficace per ADHD e non-responders al trattamento farmacologico.
Indicazioni e controindicazioni del neurofeedback dinamico
Ad oggi, con i dati a disposizione, tutti possono avvalersi dell’aiuto fornito dal neurofeedback dinamico non lineare. Non esistono infatti criteri di esclusione rispetto ad età, condizione psicofisica o alla presenza di eventuali patologie ad eccezione di forti ipoacusie. Il training non ha effetti collaterali e non è assolutamente invasivo. Non impone niente al sistema nervoso centrale ma facilita la corretta processazione dell’informazione da parte del cervello. Invia una informazione di ritorno che non è una “stimolazione elettrica”, bensì un segnale che viene mandato al cervello attraverso una micro interruzione dell’ascolto della musica.
Può giovarsi di questo strumento innovativo chiunque desideri utilizzare al meglio il proprio cervello e potenziare le proprie risorse sia fisiche che mentali. Migliorando le capacità di attenzione e concentrazione può aiutare infatti chiunque, dai manager agli sportivi, dai professionisti ai bambini.
Non da ultimo, tale strumento sembra anche promettente come integrazione ai trattamenti psicoterapeutici. Aiuta a superare momenti di blocco e a rafforzare i risultati conseguiti. Può essere affiancato alle terapie farmacologiche per migliorarne l’efficacia e la compliance. E’ comunque fondamentale il ruolo dell’operatore nell’accompagnare la persona durante questa esperienza e nel suo processo di cambiamento.
Bibliografia
- Garrett BL, Silver MP. The use of EMG and alpha biofeedback to relieve test anxiety in college students. In: Wickramasekera I, editor. Biofeedback, behavior therapy, and hypnosis. Chicago: Nelson-Hall; 1976
- Egner T, Gruzelier JH. Ecological validity of neurofeedback: modulation of slow wave EEG enhances musical performance. Neuroreport 2003;14 (9): 1221–4
- Hammond DC. Treatment of obsessional OCD with neurofeedback. Biofeedback 2004; 32:9–12
- Hammond DC. Neurofeedback treatment of depression with the Roshi. Journal of Neurotherapy 2000;4(2): 45 – 56
- Hammond . Neurofeedback treatment of depression and anxiety. J Adult Dev, 2005; Vol 12:131-135
- Moore NC. A review of EEG biofeedback treatment of anxiety disorders. Clin Electro- encephalogr 2000;31(1):1–6
- Garrett BL, Silver MP. The use of EMG and alpha biofeedback to relieve test anxiety in college students. In: Wickramasekera I, editor. Biofeedback, behavior therapy, and hypnosis. Chicago: Nelson-Hall; 1976.
- Alvarez J. et al., The Effect of EEG Biofeedback on Reducing Postcancer Cognitive Impairment, Integrative Cancer Therapies 2013; 12(6) 475–487
- Ali Nazari et al. Effectiveness of EEG Biofeedback as Compared with Methylphenidate in the Treatment of Attention-Deficit/Hyperactivity Disorder: A Clinical Outcome Study, Neuroscience & Medicine, 2011, 2, 78-86)
- Sebern F. Fischer. Neurofeedback nel trattamento dei traumi dello sviluppo. Cortina Raffaello, 2017