Che si tratti di musica sacra o profana, nell’ascolto di un brano musicale il nostro cervello elabora lo stimolo in base alle nostre esperienze pregresse e ai percorsi formativi.
La storia di ognuno di noi contribuisce a colorare i ritmi e le melodie mentre è lo stato del momento a spingerci nella ricerca di una modulazione, attivante o calmante, delle nostre sensazioni.
Ci capita anche di cercare conferme all’esterno dello stato che stiamo esperendo, andando a selezionare la musica che più ci rispecchia in quell’attimo. Ci sono motivi musicali che gradiamo a periodi, altri in modo costante.
Su questo principio sono state realizzate ad esempio musiche col fine specifico di disattivare lo stato di tensione legata all’attesa: pensiamo a “La musica da ascensore” della Muzak Holdings o a “Music for airports” di Brian Eno che l’artista concepì proprio durante l’esperienza personale di una lunga attesa all’aeroporto di Colonia.
Di solito ci bastano pochi secondi per capire se quel brano ci piace o no e di rado le valutazioni immediate si basano su un’analisi artistica o tecnica; dipendono piuttosto dall’istinto, dalla personalità e identità di ognuno
La nostra musica parla un pò di noi
La musica che ascoltiamo comunica agli altri qualcosa di noi, ci fa riconoscere in quella parte di mondo che condivide quelle melodie e atmosfere che in qualche modo confermano chi siamo.
E’ stato notato in alcuni studi che in strutture caratteriali definite esternalizzanti la musica può essere un mezzo per elevare il livello di eccitazione quando coinvolti in compiti noiosi e ripetitivi (dallo studio alle faccende domestiche, allo sport), mentre nelle strutture internalizzanti può costituire un’interferenza con altri processi cognitivi in atto.
Negli ultimi decenni musicologia, psicologia e neuroscienze si sono interessate ai meccanismi coinvolti nello sviluppo delle preferenze musicali. Sono stati confrontati elementi strutturali interni alla musica, come tempo, modalità o complessità, e caratteristiche dell’uditore, come età, genere di appartenenza, tipologia di personalità e di educazione.
Universali in musica
Alcune risposte universali alla musica emergono già nell’infanzia, ad esempio il movimento del battito dei piedi e il cenno della testa.
È noto che la musica attiva le regioni del cervello che controllano le risposte senso-motorie anche senza movimento e può alterare il sistema nervoso autonomo influenzando la respirazione, la frequenza cardiaca e la temperatura corporea.
Allo stesso tempo, può suscitare risposte endocrinoe come la modifica dei livelli di ossitocina e cortisolo. La natura ubiquitaria di queste risposte fa ipotizzare che la musica possa svolgere una funzione evolutiva della quale conosciamo l’importanza ma non ancora gli elementi strutturali su cui poggia.
Questa ipotesi è rafforzata dall’osservazione di come la musica e la danza siano centrali nella vita sociale delle culture di tutto il mondo.
Personalità e gusti musicali
Ricercatori dell’Università di Cambridge hanno cercato di comprendere come i tratti caratteriali e psicologici siano in grado di influenzare i nostri gusti musicali.
Un primo dato è che le persone ascoltano un certo tipo di musica perché ne sono consapevolmente attratte, perché in quel modo desiderano comunicare un certo tipo di informazioni su loro stesse.
Tramite lo stesso principio la musica ascoltata da altri diventa un elemento utilizzato per formulare un giudizio su di loro in base a stereotipi che ci siamo creati sulle caratteristiche associate ad ogni genere di musica.
Tali informazioni sarebbero così importanti al punto tale che piattaforme come Spotify le utilizzano per proposte d’acquisto ipotizzando i nostri gusti in campo alimentare, di viaggi, di letture e molto altro, formulando ipotesi probabili sui nostri gusti partendo proprio da ciò che ascoltiamo.
La ricerca
I ricercatori di Cambridge hanno suddiviso il campione in tre categorie gli stili di pensiero:
- gli empatisti che nutrono un intenso interesse per pensieri ed emozioni degli alti;
- i sistemisti che manifestano un elevato interesse per i modelli, i sistemi e le regole che governano il mondo;
- gli equilibrati che si collocano una via di mezzo tra gli stili precedenti.
Ad un campione di oltre 4.000 partecipanti è stato chiesto di ascoltare circa 50 brani musicali di differenti generi indicando le preferenze.
Gli empatisti preferivano generi più dolci e malinconici (soft rock e cantautori); i sistemisti apprezzavano generi musicali più decisi come hard rock, punk e heavy metal. Gli equilibrati si distribuivano su una gamma più ampia di generi.
Lo stesso gruppo di ricerca in un analogo studio ha selezionato un differente campione di 7.000 partecipanti suddividendoli in cinque gruppi basati su tratti della personalità caratterizzati da:
- Apertura mentale: soggetti descritti come creativi e disposti a sperimentare novità;
- Coscienziosità: amanti dell’ordine e della routine, percepiti come affidabili e orientati al raggiungimento di risultati;
- Estroversione: loquaci e socievoli, che apprezzano molto lo stare con gli altri;
- Empatia: che manifestano l’affetto e tendono ad evitare i conflitti;
- Stabilità emotiva: sicuri di sé, poco inclini a rabbia e ansia.
E’ risultato che coloro con preferenze per musica classica e jazz tendono ad avere tratti di personalità associati ad apertura, creatività, fantasia e capacità verbale.
Chi predilige la musica popolare ha caratteristiche di socievolezza e loquacità, ma tende ad avere idee convenzionali e manifestare poca tolleranza.
Nella musica Pop rock, Soul e Rhythm and Blues si identificano prevalentemente chi si definisce romantico e chi cerca relax.
Punk, rock, heavy metal, sempre secondo i ricercatori, è ascoltata e amata da chi cerca una carica per affrontare un ambiente ritenuto ostile.
Aspetti trans-culturali
Un interessante lavoro pubblicato di recente sulla rivista Proceedings of National Academy of Sciences ha valutato se le caratteristiche strutturali di un brano musicale e le relative connotazioni emotive possano evocare sensazioni in specifiche aree somatiche e se questi effetti sono presenti in individui di culture diverse.
Precedenti ricerche hanno dimostrato che esistono somiglianze interculturali nelle emozioni di base non legate alla musica (gli universali emotivi), ma la coerenza delle sensazioni corporee evocate dalla musica attraverso le culture non era stata esaminata.
Lo studio ha indagato come gli elementi acustici e le caratteristiche emotive legati a un brano possano indurre differenti sensazioni corporee soggettive valutando un campione costituito da soggetti dell’area europea occidentale, statunitense e cinese. Sono state fatti ascoltare 72 brani – 31 occidentali e 31 cinesi – catalogati come tristi, felici, teneri, aggressivi e dance.
Al termine dell’ascolto veniva consegnato ai partecipanti la sagoma di un corpo umano chiedendo di indicare le aree somatiche che erano state stimolate dalla musica ascoltata, consentendo ai ricercatori di costituire una mappa delle sensazioni corporee.
In un esperimento separato a un gruppo differente di partecipanti è stato chiesto di valutare gli stessi brani in base alla gradevolezza, familiarità, tristezza, felicità, aggressività, tenerezza, divertimento così come descrivere se si sentivano energici, rilassati o irritati dopo l’ascolto.
I risultati hanno rilevato che le sensazioni soggettive rilevate all’ascolto di musica asiatica e occidentale presentavano un’elevata correlazione indicando che, a prescindere dalla cultura di appartenenza, gli individui presentavano esperienze emotive coerenti.
Differenze si rilevavano in merito al senso di familiarità, come da attendersi: gli occidentali e asiatici avvertivano maggiore senso di familiarità con i brani della propria provenienza geografica.
La mappa delle reazioni somatiche indicava che i partecipanti, a prescndere dalla cultura di appartenenza, avvertivano gli effetti di un brano triste o tenero a livello della testa e del petto; brani dance e allegri veninavo avvertiti a livello degli arti; la musica descritta come aggressiva veniva percepita in tutto il corpo ma nella testa in particolare.
Certamente è un limite confrontare solo due gruppi culturali e descrivere soggettivamente le sensazioni somatiche senza il supporto di registrazioni fisiologiche, ma resta comunque un interessante punto di inizio per porre le basi ad ulteriori studi.
Conclusioni
Le conoscenze scientifiche andrebbero rservate agli studiosi e ai curiosi. A 5 mesi rispondiamo ritmicamente alla musica con un interesse che supera quello del linguaggio e in molti questo tratto permane. La musica ci distrae, ci conforta, crea legami, ci definisce… e molto altro, in un modo che non nessun studio scientifico può riuscire a spiegare.
Difficile essere in disaccordo con Victor Hugo quando affermava: “La musica esprime tutto ciò che non può essere detto e su cui è impossibile stare in silenzio”.
Al lettore buon ascolto.