L’onicofagia, meglio conosciuta come il brutto vizio di mangiarsi le unghie, in ambito psichiatrico rientra nella categoria dei cosiddetti disturbi compulsivi. Il DSM-IV-TR (la quarta revisione del Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) classifica l’onicofagia come un disturbo del controllo degli impulsi; la caratteristica principale di tali disturbi è l’incapacità di resistere alla tentazione incontrollabile di compiere un’azione potenzialmente dannosa, di solito preceduta da un sentimento di progressiva tensione, agitazione ed eccitazione poco prima di mettere in atto l’impulso a livello comportamentale.
Nel momento successivo all’azione impulsiva, il soggetto sperimenta piacere, sollievo, altre volte senso di colpa. L’onicofagia (mangiarsi le unghie) è correlata ad altri disturbi comportamentali ripetitivi quali la dermatillomania, la dermatofagia e la tricotillomania.
Invece l’’ICD-10 (International Statistical Classification of Diseases, Injuries and Causes of Death, decima revisione) annovera l’onicofagia tra i disturbi specifici del comportamento e delle emozioni che si presentano classicamente durante l’infanzia e l’adolescenza.
Secondo gli esperti, questa categorizzazione del comune fenomeno del “mangiarsi le unghie” apre la strada a nuovi trattamenti, anche farmacologici e nuovi investimenti nella lotta contro quelli che, in passato, sono stati considerati poco più che dei vizi.
L’onicofagia riguarda soprattutto soggetti in età infantile (30% dei bambini di età compresa tra i 7 e i 10 anni) e adolescenziale (la fascia di età che va dai 12 ai 18 anni pare quella maggiormente coinvolta nella pratica di questo vizio con un 45% di adolescenti che si mangiano le unghie compulsivamente), ma in alcuni casi, se il problema viene trascurato può protrarsi molto in avanti nel tempo.
La diagnosi può essere ritardata perché spesso i pazienti tendono a negare o a ignorare le conseguenze del mangiarsi le unghie compulsivamente. Nei casi più gravi il soggetto affetto da onicofagia, oltre alle unghie, mangia anche le pellicine e le cuticole circostanti.
Di norma il problema si manifesta in modo più eclatante quando il soggetto attraversa periodi particolari in cui è più nervoso, annoiato o comunque sottoposto a un determinato stress. Se in alcuni casi, il mangiarsi le unghie è sintomo di un lieve stato di ansia, in altri può essere spia di un disagio ben più marcato.
Chi è affetto dal disturbo in questione ha di norma un comportamento compulsivo e ripetitivo nel mordersi le unghie; la difficoltà a sbarazzarsi di questo vizio potrebbe dipendere dal fatto che portarsi le mani alla bocca è un gesto molto facile, primitivo e automatico: lo facciamo quotidianamente per mangiare e lo fanno i primati durante il grooming. Il soggetto compie il gesto in modo inconscio e, spesso, senza nessuna percezione di portarsi alla bocca le mani per rosicchiarne le unghie.
In genere, l’onicofagia non è limitata selettivamente ad una particolare unghia, ma è rivolta a tutte le dita delle mani. Si può considerare il fenomeno come un processo nel quale è possibile individuare due azioni ben distinte: 1)una fase preliminare che precede l’onicofagia vera e propria consiste nella dettagliata ispezione (visiva o attraverso il tatto) delle unghie e dei tessuti che le circondano, allo scopo di ricercare i possibili difetti da eliminare. Ogni irregolarità induce il soggetto a stuzzicare e mordicchiare l’area fino a rendere la pelle regolare. 2)La fase successiva coincide con il mordere le unghie e ciò che si trova all’estremità delle dita: lamine delle unghie, cuticole, perionichio (pelle che circonda l’unghia a livello prossimale e laterale), iponchio (porzione di pelle sotto la lamina) ecc.
Diversi autori hanno provato a spiegare la motivazione alla base di tale comportamento. Secondo la teoria psicoanalitica il fatto di mangiarsi le unghie viene ricondotto alla fissazione orale. La bocca è la parte del corpo attraverso la quale il bimbo entra il contatto con la propria madre, attaccandosi al seno. Pertanto, il fatto di portare alla bocca le mani e mangiare le unghie richiama la fase dell’allattamento e sembra avere lo stesso effetto calmante.
Altri autori invece ritengono che alla base del mangiarsi le unghie vi siano problemi di natura psicologica (un ambiente familiare disturbato da litigi e incomprensioni, le aspettative eccessive dei genitori, la difficoltà a gestire la propria ansia, nervosismo e soprattutto perfezionismo). Il problema ha la tendenza a scomparire in modo spontaneo nel momento in cui viene meno la causa che provoca il malessere, anche se può ripresentarsi qualora il soggetto attraversi un periodo per lui particolarmente stressante.
Rosicchiarsi le unghie potrebbe sembrare una pratica innocua, ma non è proprio così. Infatti è considerata una vera e propria forma di autolesionismo, che con buone probabilità può comportare anche dei danni alle dita. Inoltre, i medici hanno messo in luce che le unghie, essendo un potenziale canale di trasmissione di infezioni, possono recare danno anche allo smalto dei denti, favorendo così il rischio carie. S
arebbe quindi una condotta da evitare, e molti soggetti sono riusciti a debellarla distraendosi e creandosi alternative, quali potrebbero essere il tenere la bocca occupata con un chewingum, oppure il mantenere le mani impegnate maneggiando altri oggetti.
Sicuramente conoscere le cause che scatenano questa cattiva abitudine di mangiarsi le unghie (detta appunto onicofagia) resta l’aspetto fondamentale per superare il disturbo. Le motivazioni sottostanti alla prassi di questo malsano comportamento possono essere molteplici, e all’origine di questa condotta vi è quasi sempre un motivo di natura psicologica. Tra le principali cause che sottendono al disturbo si possono annoverare le seguenti:
• Secondo gli esperti, ad originare questa condotta sono soprattutto le cause ricollegabili ad ansia e stress: il soggetto scarica il suo nervosismo e la sua preoccupazione mordendosi le unghie. Ciò gli darebbe un senso di sollievo momentaneo, in quanto gli permetterebbe lo sfogo di una tensione emotiva. In questo modo regola e attenua le proprie emozioni personali. In pratica il soggetto riporta qualcosa di ingestibile (poiché sconosciuto ed intangibile, come le emozioni), a un livello più noto (quello fisico e tangibile, del corpo) e questa azione ha un effetto calmante sul sistema nervoso. Durante l’infanzia, quest’abitudine può insorgere quando sussistono episodi di incomprensioni, eccessive aspettative o esiste il timore di perdere l’attenzione dei genitori.
• In altre circostanze l’onicofagia può essere percepita come una vera forma autolesionistica; alcuni studiosi individuano nell’onicofagia un’espressione di aggressività e molti soggetti timidi e remissivi esprimono la loro rabbia rivolgendola verso se stessi e il proprio corpo piuttosto che all’esterno. Queste forme di autolesionismo si verificano prevalentemente in età adolescenziale. Inoltre, rosicchiare le unghie rappresenta un’espressione di tensione aggressiva, come mordere una matita o masticare continuamente un chewing gum, tutti atteggiamenti che possono scomparire se si riesce ad eliminare il disagio che li ha provocati.
• Vi sono poi situazioni in cui ci si mangia le unghie per noia e senso di vuoto. Questa emozione non determina certamente l’esordio del disturbo, ma per il soggetto che possiede tale abitudine può essere estremamente difficile controllare lo stimolo a mangiarsi le unghie anche nei momenti d’inattività. All’opposto della comune opinione, che vuole il mangiarsi le unghie come manifestazione tipica nei momenti di tensione estrema, è possibile osservare che l’onicofagia si presenta anche nei momenti di non azione delle mani (es. mentre si guarda la televisione, durante un’attesa lunga e noiosa, durante lo studio, ecc.).
• Un’altra motivazione potrebbe essere quella imitativa: talvolta, i bambini imparano a rosicchiarsi le unghie senza alcuna motivazione psicologica più profonda, imitando i genitori e poi, con il passare del tempo, questo gesto semplicemente si protrae.
Sicuramente non è un’abitudine di cui andare fieri: è un atto piuttosto antiestetico e sicuramente anti-igienico. A seconda del livello di ansia presentato dal soggetto, le unghie possono essere appena rosicchiate oppure danneggiate, con la pelle circostante. Nei casi più gravi può essere necessario ricostruire l’unghia.
Nei bambini l’abitudine a mangiarsi le unghie si scoraggia con l’uso di smalti di gusto sgradevole, altre volte si sfrutta il senso di vanità sottolineando l’inestetismo dell’unghia rosicchiata. È sbagliato reprimere il gesto sgridando il bambino. E’ consigliato invece lavorare per far capire le implicazioni fisiche e psicologiche dell’onicofagia.
Dal punto di vista sociale, vedere una mano con le unghie consumate, può far pensare ad una persona timida, con scarsa autostima che al posto di riversare la sua rabbia contro il mondo esterno, la riversa contro se stessa sotto forma di autolesionismo. Inoltre, l’onicofago diventa tale anche per compensare un bisogno di attenzione. Ad esempio, si può sviluppare nei bambini a cui nasce un nuovo fratellino e che hanno bisogno di richiamare l’attenzione dei genitori.
L’onicofagia a livello fisico può causare dolore, sanguinamento e arrossamento del letto ungueale, oltre a indurre il danneggiamento dell’eponichio, la porzione di pelle posta alla base e ai lati dell’unghia (cuticola). Quando le cuticole sono rimosse in modo improprio, possono facilitare l’insorgenza di infezioni batteriche o virali (es.: onicomicosi, paronichia, patereccio ecc.). Inoltre, chi pratica l’onicofagia rischia di trasportare nella bocca i microrganismi che si depositano sotto le unghie.
Mangiarsi le unghie durante un’infezione da Herpes simplex virus (labiale) è in grado di sviluppare il giradito erpetico sulla falange del dito morso. Inoltre, si può facilitare la diffusione d’infezioni alla bocca (es.: ossiuri o batteri dalla regione dell’ano).
L’onicofagia è correlata anche alla patologia dentale e può portare a lesioni gengivali, usura degli incisivi e mal occlusione dei denti anteriori; questi si consumano, si debilitano e, con il tempo, si possono presentare altri problemi di salute dentale.
Ultimo danno ai denti, non trascurabile, che può conseguire dall’abitudine di mangiarsi le unghie è la carie, poiché viene intaccata la sostanza adamantina. La persistenza del disturbo negli anni può interferire con la normale crescita delle unghie e può comportare gravi deformazioni delle dita.
E’ importante convincersi dei danni dell’onicofagia. A seguire alcuni suggerimenti per non mangiarsi le unghie:
• Applicare degli smalti dal sapore amaro (es. denatonio benzoato), che scoraggia l’abitudine di mangiarsi le unghie. Questo sistema in alcuni casi funziona, eliminando spesso completamente il gesto malsano, ma quasi sempre non porta ad una risoluzione della problematica, quanto invece a uno spostamento.
• Coprire le unghie con un bendaggio occlusivo.
• Tagliare le unghie e fare regolari manicure con lo smalto alle unghie. Il trattamento di ricostruzione delle unghie può aiutare a superare gli effetti sociali dell’onicofagia. Prendersi cura delle mani può aiutare a ridurre il fenomeno e incoraggia a mantenere questa parte del corpo attraente.
• Mantenere le mani impegnate in altre attività in modo da rendere l’abitudine difficile da praticare.
• Coinvolgersi in una costante attività sportiva può contribuire a scaricare rabbia e tensione, così come adottare tecniche di rilassamento.
Diverse sono le misure di trattamento che possono aiutare a smettere di mangiarsi le unghie. Alcune persone possono risolvere il disturbo spontaneamente, per la paura di sviluppare infezioni o per la volontà di avere un aspetto più curato, mentre altri soggetti si concentrano sul cambiamento dei comportamenti.
Purtroppo i rimedi più semplici ed immediati non sempre si rivelano come i più efficaci e questo perché spesso si trascura l’indagine e la ricerca delle motivazioni che possono stare dietro all’inizio dell’attività di mangiarsi le unghie, soffermandosi solo sul “fenomeno visibile”, il sintomo.
Quindi, sebbene si debba considerare che in moltissimi casi, il vizio di mangiarsi le unghie è solo il risultato di una cattiva abitudine che si è protratta nel tempo e non vi sono altre cause sottostanti di carattere psicologico, nei casi più gravi può essere necessario il ricorso a un trattamento psicoterapeutico al fine di individuare le cause che sottendono al disturbo per poter poi intervenire; se trascurata, l’onicofagia può protrarsi fino all’età adulta.
La terapia comportamentale è utile quando più semplici misure non sono efficaci; questo tipo di intervento ha dimostrato maggiore efficacia rispetto al placebo nei bambini e negli adulti. L’obbiettivo è quello di far disimparare l’abitudine di mangiarsi le unghie ed eventualmente sostituirla con un comportamento più costruttivo (ad es. ponendosi lo scopo di rendere nuovamente presentabili le proprie mani). Si può ricorrere anche alla terapia del controllo degli stimoli sia per identificare sia per eliminare lo stimolo che fa scattare l’impulso di mangiarsi le unghie.
A livello farmacologico l’onicofagia ha mostrato una qualche risposta positiva alla terapia a base di farmaci antidepressivi, prescritti anche nella cura della tricotillomania e del disturbo ossessivo-compulsivo.