Cosa si intende per lutto
ll lutto è un’esperienza profondamente personale e universale che tocca la vita di ogni individuo in vari momenti.
È una reazione emotiva alla perdita di una persona cara, un animale domestico, un lavoro, una relazione o qualsiasi altra circostanza significativa che comporti una separazione o un cambiamento radicale.
Il processo di lutto coinvolge una gamma di emozioni, che possono includere tristezza, rabbia, senso di colpa, negazione e, infine, accettazione. Ogni individuo vive il lutto in modo unico, influenzato dalla propria cultura, personalità e le circostanze della perdita.
Con il termine “lutto” non ci si riferisce soltanto alle reazioni relative alla perdita, ma anche alle strategie attive di fronteggiamento che la persona mette in atto per adattarsi al mondo ora che la persona amata non c’è più.
Ci si riferisce quindi anche al processo che l’individuo attraversa per adattarsi alla morte della persona cara, ossia ai processi di assimilazione e accomodamento.
Il processo di adattamento alla perdita
Per adattarsi alla perdita, l’individuo in lutto deve riorganizzare la propria relazione con chi ha perduto, nonché il proprio mondo interiore ed esteriore.
Dovrà quindi:
- Trasformare il rapporto intessuto con la persona persa e formare un nuovo tipo di legame. Tale adattamento richiede il passare dal rapporto con la persona nel “qui e ora”, al legame in assenza, ora che la persona non c’è più. La relazione con la persona continua, ma attraverso la costruzione di una nuova rappresentazione interna, fatta di ricordi e momenti significativi.
- Adattarsi personalmente alla perdita. La perdita di una persona amata può avere effetti profondi sulla propria identità (“non so più chi sono”) e mettere in crisi gli assunti di base sul funzionamento del mondo.
- Imparare a vivere in maniera adattiva nel mondo.
Fasi del lutto
Il concetto di “fasi del lutto” è stato introdotto per la prima volta dalla psichiatra Elisabeth Kübler-Ross nel suo libro del 1969, “On Death and Dying”.
Kübler-Ross identificò cinque fasi del lutto: negazione, rabbia, contrattazione, depressione e accettazione. Altri autori hanno affrontato il tema delle fasi nel lutto ma è importante tenere in considerazione il fatto che queste fasi non si verificano necessariamente in un ordine lineare e che non tutti le sperimentano tutte o nello stesso modo.
In generale però si possono identificare tre ampie fasi che descrivono i processi di risposta e adattamento alla perdita:
- Fase di shock/evitamento: inizialmente la risposta più frequente alla morte di una persona amata comprende reazioni di shock, stordimento e incredulità. Si tratta di reazioni naturali, soprattutto quando la perdita è improvvisa e inattesa. Con il passare del tempo lo stordimento diminuisce e lascia spazio al contatto con la sofferenza emotiva.
- Fase della presa di coscienza/ impatto emotivo: è quel periodo in cui la persona prende contatto e attraversa la sofferenza. Tipiche di questo periodo sono la tristezza, il desiderio della persona persa, la disperazione, la colpa, la rabbia.
- Fase di accomodamento: con il tempo, di solito, si arriva ad una diminuzione dell’intensità delle reazioni emotive. Si apre la possibilità di accettare il lutto, adattandosi ad una vita senza la persona amata.
Queste fasi sono ampie e complesse; il processo di lutto richiede tempo e pazienza con se stessi.
Col tempo, l’intensità del dolore tende a diminuire, anche se la perdita può continuare a essere avvertita. È importante ricordare che il lutto non ha una “scadenza” e che ognuno ha il proprio ritmo per elaborare la perdita.
Quando però il lutto diventa opprimente e impedisce le normali funzioni della vita quotidiana per un tempo prolungato può diventare importante rivolgersi ad uno psicoterapeuta.
Il lutto nel DSM
Nel DSM-5 (Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, Fifth Edition), pubblicato dall’American Psychiatric Association, il lutto non è classificato come una malattia mentale.
Tuttavia, il DSM-5 riconosce che la perdita di una persona cara può innescare una gamma di risposte psicologiche, tra cui sintomi che possono assomigliare a quelli di un disturbo depressivo maggiore.
Ciò ha portato a un dibattito significativo nella comunità psichiatrica e psicologica riguardo alla cosiddetta “esclusione del lutto”, che si riferisce a una clausola presente nelle edizioni precedenti del DSM. Questa consigliava di non diagnosticare un disturbo depressivo maggiore durante i primi due mesi di lutto, eccetto in presenza di specifici criteri (come pensieri suicidari prolungati, grave disfunzione o sensi di colpa patologici).
Cambiamenti nel DSM-5
Nel DSM-5, questa esclusione del lutto è stata rimossa. I criteri per la diagnosi di disturbo depressivo maggiore ora includono una nota che specifica che il lutto può effettivamente innescare una depressione e che la distinzione tra una normale reazione di lutto e un disturbo depressivo maggiore può essere fatta sulla base della durata e dell’intensità dei sintomi.
Questo cambiamento è stato oggetto di dibattito, con alcuni che sostengono che potrebbe portare a una patologizzazione eccessiva del lutto normale. Mentre altri ritengono che faciliti l’identificazione e il trattamento di coloro che soffrono di gravi disturbi depressivi innescati dalla perdita.
Disturbo da Lutto Persistente
Nel DSM-5, è stata proposta una nuova condizione, nota come Disturbo da Lutto Persistente (Prolonged Grief Disorder, PGD), per descrivere un’esperienza di lutto che supera le norme culturali e sociali attese e che comporta un significativo disagio o disfunzione.
Tuttavia, nel momento della sua pubblicazione, il PGD non è stato incluso come diagnosi ufficiale nel manuale principale, ma è stato inserito nella sezione III. Questa elenca le condizioni che richiedono ulteriori ricerche prima di essere considerate per l’inclusione come diagnosi ufficiali.
Il PGD è caratterizzato da:
- desiderio intenso e persistente o una nostalgia per il defunto
- difficoltà ad accettare la morte
- senso di irrilevanza della propria vita senza il defunto
- amarezza o rabbia in relazione alla perdita
- distacco sociale o emozionale dagli altri
- difficoltà a impegnarsi in attività significative
Differenze tra lutto e lutto persistente (o complicato)
Il lutto e il lutto complicato rappresentano due diverse esperienze nel processo di elaborazione della perdita.
Abbiamo visto che il lutto è una reazione naturale e universale alla perdita di qualcuno o di qualcosa di significativo. Le emozioni che si provano possono essere complesse e molto intense e il processo di lutto varia notevolmente tra gli individui, influenzato da fattori come personalità, cultura, e il tipo di perdita subita.
Le persone in lutto di solito attraversano un processo di guarigione che consente loro di adattarsi alla vita senza la presenza della persona o della cosa persa, pur mantenendo la capacità di andare avanti.
Il lutto complicato (a cui oggi ci riferiamo con il termine di Disturbo da Lutto Persistente) si riferisce invece ad una reazione di lutto prolungata e grave che impedisce a una persona di riprendere le normali funzioni della vita quotidiana.
Questo tipo di lutto si manifesta quando i sentimenti di perdita sono così intensi che la persona ha difficoltà a riprendersi, anche dopo un periodo di tempo considerevole dalla perdita.
I sintomi possono includere un desiderio ossessivo per il defunto, evitamento estremo di tutto ciò che ricorda la perdita, emozioni di intensità paralizzante come rabbia o colpa, e una preoccupazione persistente per le circostanze della morte.
È importante riconoscere quando il lutto diventa complicato, poiché il supporto professionale può essere cruciale per aiutare l’individuo ad affrontare la perdita in modo sano e a ritrovare un equilibrio nella vita.
Terapia cognitivo comportamentale del lutto
La terapia cognitivo-comportamentale (CBT) per il lutto si concentra sull’aiutare gli individui a comprendere e modificare i pensieri, le emozioni e i comportamenti disfunzionali associati al loro processo di lutto.
Questo tipo di terapia mira a facilitare un adattamento più sano alla perdita, promuovendo strategie di coping efficaci e migliorando la funzionalità quotidiana. Ecco alcune componenti chiave e strategie utilizzate nella CBT per affrontare il lutto:
Identificazione e sfida dei pensieri automatici negativi:
La CBT aiuta a identificare i pensieri automatici negativi che possono emergere in seguito alla perdita, come la colpa irrazionale o la convinzione che la vita non abbia più senso senza la persona amata.
Attraverso tecniche come la disputa razionale, la terapia insegna a sfidare e riformulare questi pensieri in modi più equilibrati e realistici, riducendo l’impatto emotivo negativo.
Modifica dei comportamenti e incremento delle attività piacevoli:
Le persone vengono incoraggiate a impegnarsi in attività che trovano gratificanti o significative, per contrastare la tendenza all’isolamento e all’apatia che può accompagnare il lutto.
Gestione dell’evitamento:
La CBT lavora per ridurre il comportamento di evitamento, incoraggiando l’esposizione graduale a situazioni, luoghi o oggetti che ricordano la persona persa, al fine di ridurre l’ansia e la sofferenza legate a tali ricordi.
Tecniche di rilassamento:
Vengono insegnate tecniche di rilassamento come la respirazione profonda, la meditazione o il rilassamento muscolare progressivo per aiutare a gestire lo stress e l’ansia.
Ristrutturazione cognitiva:
Gli individui imparano a riconoscere e cambiare schemi di pensiero negativi in più positivi e realistici, aiutando a costruire una narrativa personale più resiliente e ottimista riguardo alla perdita.
Lavoro sul significato e la riconnessione attraverso la rielaborazione della perdita:
La terapia può aiutare le persone a trovare un senso nella loro perdita, incoraggiando la riflessione su ciò che la persona amata ha significato per loro e come i loro valori e le lezioni apprese possono influenzare la loro vita in avanti.
Riconnessione con il mondo:
La CBT incoraggia gli individui a ristabilire legami con gli altri e a riscoprire il proprio ruolo e scopo nella vita, al di là della loro esperienza di lutto.
La CBT per il lutto è particolarmente efficace nel trattare il lutto complicato, dove il dolore diventa soverchiante o cronico.
Attraverso un approccio strutturato e orientato agli obiettivi, la CBT può fornire gli strumenti necessari per elaborare la perdita in modo sano, permettendo agli individui di avanzare pur mantenendo un legame significativo con la persona persa.
La terapia EMDR per il lutto
L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è una forma di psicoterapia originariamente sviluppata da Francine Shapiro negli anni ’80 per trattare il disturbo da stress post-traumatico (PTSD).
Da allora, l’EMDR si è dimostrato efficace anche in altre aree, inclusa l’elaborazione del lutto.
Questo approccio terapeutico si basa sull’idea che la mente può guarire dalle ferite psicologiche così come il corpo recupera dalle ferite fisiche.
Nel contesto del lutto, l’EMDR può aiutare gli individui a elaborare e integrare le esperienze dolorose legate alla perdita in modo sano. L’EMDR nel trattamento del lutto si concentra sulle memorie traumatiche o particolarmente dolorose associate alla perdita, permettendo al paziente di arrivare a una risoluzione emotiva.
Efficacia delle terapie
In uno studio controllato randomizzato, Meysner e coll (2016) hanno confrontato terapia EMDR e CBT rilevando che i due trattamenti hanno la stessa efficacia.
Cotter e coll (2017), utilizzando i dati ricavati dalle interviste fatte ai pazienti che hanno partecipato allo studio precedentemente citato, hanno evidenziato che entrambi i gruppi mostravano maggiori capacità introspettive, più emozioni positive, una maggiore “relazione” mentale con il defunto, un aumentata fiducia in se stessi e maggiori livelli di attività.
Ciascun trattamento produceva comunque effetti specifici.
I pazienti trattati con CBT riferivano di aver trovato particolarmente utile l’acquisizione di abilità di regolazione emotiva (aspetto che è parte integrante del protocollo).
L’aspetto caratteristico dei pazienti trattati con EMDR era il fatto che i ricordi disturbanti diventavano meno nitidi e più distanti.
Negli stessi pazienti la transizione verso maggiori livelli di attività e più fiducia in se stesi avveniva in modo spontaneo anche se tali benefici non erano obiettivi diretti nella terapia come lo era invece nel protocollo CBT, dove si lavora in modo attivo verso la costruzione di esperienze positive.
Considerazioni cliniche
La rimozione dell’esclusione del lutto nel DSM-5 e la proposta del PGD riflettono un riconoscimento crescente dell’importanza di distinguere tra lutto normale e disturbi più gravi che possono richiedere interventi clinici.
Questi cambiamenti mirano a migliorare la comprensione e il trattamento di coloro che stanno vivendo difficoltà significative nel loro processo di lutto, garantendo al tempo stesso che il lutto normale sia visto come un processo naturale e non patologico.
Bibliografia
- Cotter et al. (2017). Participant experience of tha Eye movement Desensitization and Reprocessing vs. Cognitive Behavioural Therapy for grief: similarities and differences”. European Journal of Psychotraumatology, 8, suppl 6.
- Meysner et al. (2016). Evaluating the efficacy of EMDR with grieving individuals: A randomized controlled trial. Juornal of EMDR Practice and Research, 10, 1 pag 2.
- Solomon R.M. Lutto e EMDR. Dalla diagnosi all’intervento clinico. 2022 Raffaello Cortina ed.
- Shear M.K., Mulhare E. (2008). Complicated Grief. Psychiatric Annals 38:10
- A cura di Biondi M. DSM 5. Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali. American Psychiatric Association. 2023 Raffaello Cortina Ed.