Cosa colpisce in un potenziale partner? Quali caratteristiche affascinano gli individui? Cosa spinge le persone a intrattenere relazioni che si rivelano invariabilmente simili?
La letteratura sul tema del corteggiamento e sull’attrazione fisica è ampia (Buss, 2016). In questo articolo affronteremo alcuni dei fattori psicologici che influenzano la scelta dei partner e, talvolta, intrappolano gli individui in relazioni disfunzionali.
L’attrazione è un tema che si colloca ai limiti della consapevolezza coinvolgendo processi cognitivi, affettivi e somatici.
Lo stile di attaccamento
La letteratura da tempo ha indicato come il legame emotivo costruito con le figure di attaccamento durante l’infanzia sia utilizzato dalla mente umana come prototipo per le relazioni intime in età adulta (Bowlby, 1969, 1973, 1980; Feeney & Noller, 1990).
Inconsapevolmente la mente registra nella memoria implicita informazioni rispetto alle caratteristiche della relazione, i ruoli e le aspettative rispetto al comportamento dell’altro. Nel complesso queste informazioni sono definite “stile d’attaccamento”.
Ad esempio, un bambino che riceve cure e accudimento stabili e a cui è fornita protezione e incoraggiamento da parte dell’adulto è probabile che interiorizzerà un’idea di sé come positiva e un’idea della relazione con l’altro come stabile e sicura. In età adulta, quindi, avrà una buona percezione di sé e sarà orientato a costruire relazioni equilibrate e soddisfacenti.
Diversamente un bambino cresciuto in un clima di critica o caratterizzato da indifferenza verso i suoi bisogni avrà difficoltà a rappresentarsi le relazioni intime come sicure. Ecco che, in assenza di esperienze riparative, avrà difficoltà a gestire episodi sia di abbandono che di vicinanza relazionale.
Tipologie di stile di attaccamento
Secondo Bartholomew e Horowitz (1991) esistono quattro tipologie di stile di attaccamento adulto: sicuro, ansioso, evitante e timoroso. Ciascuno di questi stili si caratterizza per una particolare rappresentazione di Sé e dell’altro all’interno della relazione.
Sicuro – Per la persona è facile essere emotivamente vicina al partner. Si trova a suo agio nel dipendere dal partner e nella possibilità che il partner dipenda da lui. Ritiene che il partner la accetti per quella che è e che sarà presente nel momento del bisogno.
Ansioso – Per la persona è fondamentale essere in intimità/condivisione totale con il partner, ma spesso sente che lui/lei è riluttante a essere intimo come vorrebbe. Prova disagio se non si sente emotivamente vicino al partner e spesso ha il dubbio che il partner non tenga a lei quanto la persona tiene a lui/lei.
Evitante – La persona è a suo agio senza una relazione stretta e intima con il partner. Per lei è molto importante sentirsi indipendente e autonoma. Preferisce non dipendere dal partner o che lui/lei dipenda da lei.
Timoroso – La persona è a disagio quando si sente emotivamente intima con il partner. Vorrebbe una relazione intima con lui/lei, ma trova difficile fidarsi completamente di lui/lei. È preoccupata che il partner possa ferirla se dovesse entrarci in intimità relazionale.
L’IMAGO Theory
Tra le prime teorie a interessarsi ai fattori psicologici, tra cui lo stile di attaccamento, che influenzano la scelta di un partner è stata negli anni ottanta la cosiddetta Imago Theory. Questa è stata sviluppata da Harville Hendrix e Helen LaKelly (1980).
Tale teoria prende le mosse dall’osservazione, già notata da Freud, che gli individui non interagiscono direttamente con il partner, ma con una sua rappresentazione mentale. Essa è una sintesi di caratteristiche reali del partner unite a contenuti interni della persona proiettati sull’altro.
Secondo Hendrix (1980), quando i caregiver non riescono a soddisfare in modo sistematico i bisogni di base del bambino, dei quali il primario è la connessione emotiva, si generano delle “ferite”. La persona le porterà con sé nella vita adulta e che gestirà reprimendone o negandone la sofferenza.
L’Imago (parola latina significante “immagine”) corrisponde ad una rappresentazione interna per lo più inconscia della figura di attaccamento formatasi nell’infanzia dall’interazione con coloro che hanno fornito (o meno) cure.
In altre parole, l’Imago è l’immagine interna di “colui che potrebbe farmi sentire un unicum soddisfacendo finalmente i miei bisogni relazionali”. La corrispondenza tra caratteristiche reali del potenziale partner e l’Imago, definita Imago match, può condurre a sperimentare una potente attrazione per quella persona.
Imago match
Secondo gli autori, per quanto coscientemente le persone affermino di cercare partner con caratteristiche diverse da quelle dei caregiver, a livello inconsapevole sono attratte da persone con caratteristiche, positive e negative, simili a chi le ha cresciute e, dunque, corrispondenti all’Imago.
Il principio che guida l’attrazione è ottenere la soddisfazione dei bisogni di base da qualcuno che ricordi a livello profondo le prime figure di attaccamento con i loro pregi, ma soprattutto difetti.
L’opposto (fittizio) che attrae
Altro elemento che sembra influenzare l’attraenza di un individuo è quanto abbia caratteristiche apparentemente opposte alla persona.
La spiegazione è rintracciabile nel processo di socializzazione. Durante la crescita il il contesto insegna al bambino cosa è degno di attenzioni e quali comportamenti subiranno punizioni. È all’interno di questo processo che alcune inclinazioni e caratteristiche del bambino saranno represse e sanzionate.
Nella vita adulta la persona sarà attratta da individui con caratteristiche simili a quelle inibite, ma aventi la capacità di esternarle ed esprimerle. Ad esempio, una persona estroversa che è stata punita per la propria spontaneità, divenuta pertanto inibita, potrebbe trovare attraente un individuo aperto e socievole.
Tuttavia, ciò che è stato appreso durante l’infanzia resta presente nell’individuo e può condurre a criticare egli stesso il proprio partner per tali caratteristiche. Riprendendo il precedente esempio, la persona potrebbe criticare il partner per essere troppo spensierato, caotico o impulsivo.
La prospettiva cognitiva e il concetto di Schema
L’approccio cognitivo-comportamentale alle relazioni ha permesso di approfondire e sistematizzare la conoscenza rispetto alle leggi dell’attrazione, in particolare attraverso l’introduzione del concetto di Schema.
Uno schema può essere definito come una struttura cognitiva ed emotiva che incapsula informazioni rispetto a se stessi, gli altri e il mondo. Si sviluppa dalle esperienze dirette e indirette vissute nell’ambiente di sviluppo (Young et al., 2003).
Gli schemi filtrano silenziosamente la percezione del mondo, delle persone e delle relazioni al punto che la persona raramente si rende conto di averli.
Per quanto gli schemi siano un elemento strutturale della vita psicologica umana, possono divenire disfunzionali o maladattivi nel momento in cui intrappolano l’individuo in una lettura fissa e immutabile della realtà.
Ad esempio, uno schema di difettosità (“sono sbagliato”) potrebbe guidare un individuo verso l’evitamento delle relazioni producendo un effetto paradosso in cui la solitudine viene letta come conferma della propria inadeguatezza.
La ricerca di familiarità
Inconsapevolmente le persone possono trovare attraenti e affascinanti persone che generano in loro sensazioni familiari e basate sugli schemi; persone cioè che confermano lo schema.
Come detto, stabilendo una relazione con tali partner si attiva contestualmente la speranza di riscrivere e sanare le ferite relazionali del passato, o, in termini cognitivi, disconfermare gli schemi maladattivi rispetto a se stessi e alla relazione.
La speranza che guida inconsapevolmente la scelta del partner con caratteristiche simili alla figura di attaccamento meno presente è quella di ottenere l’attenzione, l’affetto o la stima che un tempo la persona non ricevette.
L’alchimia degli schemi
Purtroppo, ciò che resta sullo sfondo è un elemento importante: se quella persona è ritenuta attraente è proprio perché ha delle caratteristiche che le impediscono di avere risposte molto diverse da quelle dei primi caregiver.
In tal senso, le possibilità di disconfermare l’idea negativa di sé e della relazione si riduce drasticamente. L’alchimia degli schemi è proprio questo, trovare attraenti persone con schemi che rafforzano le convinzioni più intime su sé e sulle relazioni affettive.
Secondo Stevens e Roedinger (2017) Alcune associazioni tipiche possono essere:
- Persone che tendono alla sottomissione possono essere attratte da persone con la tendenza alla dominanza.
- Persone che si aspettano di essere non rispettate dall’altro potrebbero essere attratte da persone con la tendenza a punire ed essere aggressivi.
- Persone che non si aspettano di ricevere validazione emotiva potrebbero essere attratte da persone con la tendenza all’egocentrismo.
- Persone che tendono ad auto-criticarsi potrebbero essere attratte da individui inclini alla polemica e all’esternalizzazione della colpa e del biasimo.
Modificare gli schemi per una vita sentimentale più sana
Secondo Young e colleghi (2003), l’affrancamento dagli schemi maladattivi si ha nel momento in cui è scelto un partner che abbia caratteristiche tali da attivare leggermente gli schemi e, al contempo, permetta la sperimentazione di nuove modalità di interazione e cura reciproca rispetto alle prime esperienze relazionali.
In questo senso, si creerebbe una occasione unica per modificare gli schemi relazionali e ampliare la libertà relazionale di entrambi i partner.
Infatti, così come gli schemi hanno un peso nel determinare la lettura della realtà è anche vero che non sono fissi e immutabili, ma possono essere modificati e la loro influenza sul presente ridotta.
La Schema Therapy è un intervento integrato, individuale o di coppia, volto a promuovere la capacità dell’individuo di soddisfare i propri bisogni di base nel presente e sanare le “ferite” emotive del passato.
Attraverso l’aumento della consapevolezza di sé, tecniche di intervento esperienziali e la relazione terapeutica sono modificati gli schemi disfunzionali che rendono difficile la vita sentimentale della persona intrappolandola in relazioni disfunzionali.
Riferimenti Bibliografici
- Bartholomew, K., & Horowitz, L. (1991). Attachment styles among young adults: A test of a four-category model. Journal Of Personality And Social Psychology, 61(2), 226-244. doi: 10.1037//0022-3514.61.2.226
- Bowlby, J. (1969). Attachment and loss: Vol. 1. Attachment. Basic Books.
- Bowlby, J. (1973). Attachment and loss: Vol. 2. Separation: Axiety and anger. Basic Books.
- Bowlby, J. (1980). Attachment and loss: Vol. 3. Loss. Basic Books.
- Buss, D. M. (2016). The Evolution of Desire: Strategies of Human Mating. Basic Books.
- Feeney, J. A., &Noller, P. (1990). Attachment Style as a Predictor of Adult Romantic Relationships. Journal Of Personality And Social Psychology, 58(2), 281-291.
- Young, J. E., Klosko, J. S., & Weishaar, M. E. (2003). Schema therapy: A practitioner’s guide. Guilford Press.
- Hendrix, H., & LaKelly Hunt, H. (2019). Getting the love you want: A guide for couples. St Martin’s Press.
- Stevens, B., & Roedinger, E. (2017). Breaking Negative Relationship Patterns: A Schema Therapy Self-Help and Support Book. Blackwell Pub.