L’estate è la stagione degli amori che nascono o delle avventure che si esauriscono in breve tempo, almeno così vuole un luogo comune.
Che la ricerca di un nuovo partner sia finalizzata a un rapporto duraturo o a una semplice avventura, si parte sempre dal percepire inizialmente l’altro come più o meno disponibile dal punto di vista sessuale.
Cosa determina questa percezione è una domanda che si sono posti dei ricercatori australiani della Macquarie University guidati dal professor Jan Stephen e Joe Antar. Essi hanno pubblicato uno studio a riguardo sulla rivista Evolution and Human Behavior.
Hanno studiato il rapporto tra gli indici più rilevanti della sociosessualità e le caratteristiche morfologiche facciali. In altre parole, hanno valutato se le intenzioni sul tipo di rapporto cercato potevano essere rilevate guardando i tratti del viso.
Questa abilità risulta di una certa importanza nel prendere decisioni, più o meno consapevoli, su quali persone siano maggiormente adatte in base agli obiettivi che abbiamo sul tipo di relazione.
Lo studio è partito con un’autovalutazione di uomini e donne eterosessuali sui loro livelli di “sociosessualità” intesa come la tendenza ad impegnarsi in attività sessuali al di fuori di una relazione, definito anche sesso occasionale.
I partecipanti si sono ritratti in una loro foto e l’hanno mostrata ai partecipanti di sesso opposto in modo tale che potessero giudicare, basandosi solo sulle caratteristiche del viso, se la persona ritratta fosse maggiormente interessata a una relazione strutturata nel tempo oppure a un’avventura erotica.
Sono state raccolte le fotografie di oltre 100 persone caucasiche, con un’età media di 20 anni, a cui è stato fatto compilare il Sociosexuality Orientation Inventory-Revised (SOI-R) che valuta la disposizione ad avere rapporti sessuali occasionali e a non impegnarsi in una relazione strutturata.
Un primo dato osservato era che tra gli uomini maggiormente disposti al sesso occasionale prevalevano tratti somatici caratterizzati da visi più lunghi, fronte alta, nasi più pronunciati e occhi più grandi.
Molto interessante è che il campione di donne sottoposte allo studio ha identificato con precisione proprio queste caratteristiche dei volti maschili come indicatori dell’interesse degli uomini per il sesso occasionale. In altre parole le donne, osservando i visi, avevano una buona capacità di comprendere se gli uomini fossero interessati solo a relazioni di breve durata.
Per gli uomini erano i volti femminili più piccoli, più gracili, con occhi e labbra più piccole ad essere erroneamente percepiti come indicatori di una certa disponibilità delle donne ai rapporti occasionali. Infatti, nella maggior parte dei casi, la loro percezione non corrispondeva alle reali intenzioni della donna osservata.
Stando a questi dati gli uomini non sembrano essere abili come le donne.
Il fatto che le donne abbiano mostrato migliori abilità degli uomini nel riconoscere i partner sociosessuali è dovuto a un processo che si attiva nel cervello delle persone che osservano oppure questo fenomeno si rileva per un qualcosa di effettivamente presente nei volti delle persone osservate?
I ricercatori hanno provato a rispondere a questo interessante quesito tramite l’impiego dell’Intelligenza Artificiale.
Il principio è che se la differenza è dovuta a elementi presenti nei volti ciò vorrebbe dire che nei visi degli uomini esistono informazioni sulle intenzioni di relazione mentre ciò non accade per le donne.
In questo caso si potrebbe costruire un algoritmo informatico in grado di formulare giudizi corretti sulle intenzioni relazionali degli uomini ma non delle donne.
Qualora il sistema informatico dovesse invece mostrare una uguale capacità di rilevare la sociosessualità sia negli uomini che nelle donne allora i dati rilevati nello studio deriverebbero da una differenza nell’occhio che osserva. In altre parole le donne avrebbero tratti somatici del viso indicativi di sociosessualità ma gli uomini non sono in grado di rilevarla.
Testando questa ipotesi i ricercatori australiani hanno osservato che l’intelligenza artificiale era in grado, tramite l’analisi dei volti, di fare previsioni accurate sulle intenzioni relazionali degli uomini, mentre ciò non accadeva quando venivano analizzati i visi delle donne.
La risposta che è stata data dai ricercatori su questo dato ipotizza che responsabile di questo divario sarebbe il ruolo giocato dal testosterone e alla sua capacità di “scolpire” i volti, lasciando tracce della sua funzione.
Livelli elevati di testosterone definiscono non solo alcune caratteristiche facciali dall’aspetto maschile ma anche comportamenti più tipicamente maschili come l’interesse per le relazioni a breve termine e non impegnative.
Nella donna il testosterone svolge un ruolo minore nello sviluppo della femminilità ed è questo che spiegherebbe perché le informazioni sull’intenzione di relazione non sembrano rilevabili nei loro volti delle donne né da parte degli uomini né da strumenti informatici.
I dati come sempre dovranno essere confermati in più sedi e con campioni più numerosi. Sicuramente quanto emerso è molto interessante dal punto di vista scientifico e solleva molte domande.
Vorrei non sfuggisse comunque un’osservazione: l’età media dei partecipanti allo studio era di 20 anni. Con l’avanzare dell’età subentrano altri elementi influenzati dalla propria storia, dalle esperienze di vita vissuta, dalle aspettative sociali, dai bisogni emotivi, dalla protezione verso legami in atto. Probabilmente nell’età matura i dati dello studio porterebbero ad altre conclusioni. Restiamo in attesa di vederle.
Bibliografia
Evolution and Human Behavior. Facial shape provides a valid cue to sociosexuality in men but not women. Antar, Ian Stephen. Volume 42, July 2021, pag 361-370