Lo sviluppo di un quadro psicopatologico non è generalmente determinato da un unico fattore, bensì è l’esito di una catena di eventi che comprende sia fattori prossimali, che agiscono quali cause dirette (la perdita di un lavoro, la fine di una relazione ecc..), sia fattori remoti, che si collocano nella storia passata del paziente e “preparano il terreno” sul quale andrà a strutturarsi il disturbo.
Riferirsi alla vulnerabilità storica di un paziente significa concentrare l’attenzione su tutti quei fattori remoti (del passato) che possono aver favorito lo sviluppo di un determinato disturbo e trattarli al fine di potenziare il lavoro sui sintomi attuali e prevenire il rischio di una ricaduta.
Infatti, le esperienze precoci giocano un ruolo di primo piano nel determinare immagini negative di sé, che sostengono lo sviluppo di sintomi o comportamenti disfunzionali; a seconda che uno o più eventi stressanti di vita incontrino tale vulnerabilità, si potrà o meno verificare l’esordio sintomatico.
Raccogliere le informazioni sul passato
È grazie al colloquio clinico (in particolare alla raccolta della storia di vita), all’uso di test e ai ponti emotivi presente-passato, che reperiamo informazioni circa l’atmosfera caratterizzante l’ambiente del paziente, in cui possono essere stati frustrati i bisogni di base di attaccamento, protezione, amore, cura, attenzione, accettazione incondizionata, lode e autonomia.
Tale raccolta di informazioni e il loro collegamento ai sintomi attuali, permette anche di capire il perché è emersa una determinata problematica (disturbi d’ansia, problematiche relazionali che si ripetono, deflessione dell’umore, disturbo ossessivo compulsivo ecc..), che viene finalmente spiegata alla luce della storia di vita del paziente, e non come qualcosa che è “caduto dall’alto”, di cui solitamente il paziente si colpevolizza.
Individuare il contesto interpersonale e familiare, gli stili educativi e di accudimento, eventuali esperienze traumatiche di cui il paziente ha fatto esperienza, è un primo passo per comprendere il proprio disturbo o la problematica che si porta in terapia.
L’uso delle tecniche esperienziali per lavorare sul passato
Gli approcci di terza generazione quali Schema Therapy (Arntz, Jacob, 2013), la Terapia Sensomotoria (Ogden, Minton & Pain, 2006), la Compassion Focused Therapy (Gilbert, 2005) e altre, integrano nei loro protocolli un’ampia gamma di tecniche esperienziali. Tali strumenti possono anche essere utilizzati al di fuori di uno specifico approccio teorico e favoriscono il raggiungimento di diversi obiettivi:
- fornire le fondamenta per facilitare l’interruzione dei processi ricorsivi che mantengono il disturbo;
- ridurre la sensibilità del paziente al senso di indegnità, inadeguatezza, abbandono e solitudine che arrivano dalle esperienze precoci;
- superare gli ostacoli del cambiamento terapeutico;
- prevenire le ricadute.
Per raggiungere tali obiettivi e permettere il benessere e miglioramento della qualità di vita, gli esercizi esperienziali (in immaginazione e corporei) e drammaturgici, sono particolarmente adatti a potenziare il lavoro cognitivo comportamentale centrato sui sintomi.
Per riassumere, le operazioni dell’intervento terapeutico con pazienti che necessitano di un lavoro sul “passato”, può prevedere due livelli indissolubilmente connessi tra loro: uno attuale, che rappresenta la fotografia del paziente nel qui ed ora e uno legato alle passate esperienze sensibilizzati, che hanno portato alla vulnerabilità.
Alcune tecniche esperienziali utilizzate in psicoterapia
Le tecniche immaginative
L’Imagery Rescripting (ImR) è una procedura emotivo-esperienziale, messa a punto da Smucker (1995) e successivamente ri-elaborata da Arntz e Weertman (1999) che ha come obiettivo principale la riduzione dell’intensità delle convinzioni nucleari disfunzionali (“non sono amabile” “sono indegno”), associate al ricordo doloroso e l’acquisizione di strumenti funzionali per la cura dei propri bisogni.
Consente di trasformare un’immagine negativa in un evento più positivo, grazie all’appagamento di bisogni emotivi frustrati nel passato.
Grazie all’esperienza della memoria rivissuta, al paziente viene data la possibilità di cambiare prospettiva sul problema, ad esempio modificando la percezione dell’immagine di non amabilità.
Le tecniche corporee
Esercizi corporei. Ormai sappiamo che molte delle nostre abitudini fisiche (sensazioni viscerali, posture, gesti spontanei abituali, espressioni facciali, tensioni muscolari) costituiscono il correlato corporeo delle immagini negative di sé (se mi sento inadeguato tenderò ad avere una postura ricurva).
Si aiuterà il paziente a sperimentare stati fisici di efficacia nuovi e notare che quando il corpo risponde bene, idee ed emozioni cambiano, virando verso il positivo. Ad esempio, la paura fuori controllo di essere giudicato può ridursi a fronte ad un lavoro sul corpo in cui si sperimentano stati più tonici.
In generale il lavoro può essere svolto su:
- Ad esempio assumere una postura di “potere” (power poses) aiuta ad incrementare la sensazione di maggior forza, efficacia percepita, grazie ad un intervento sulla postura e sul tono muscolare.
- Scarico (Lowen, 1975). Movimenti si scarico della tensione come “scrollare” braccia e gambe, sono movimenti utili per contrastare lo stato mentale di abbattimento e l’ipoarousal, in quanto permettono di rivitalizzare il corpo, allentare le tensioni e sciogliere alcune contrazioni muscolari, facilitando quindi la sensazione di vitalità.
- Sperimentare in seduta la possibilità di allontanare con un gesto l’altro rappresentato come critico o, ancora peggio, aggressivo, può essere molto utile con pazienti con difficoltà su questi temi e farli sperimentare sicurezza.
- Quando vi è una tendenza all’iperattivazione esercizi come il grounding sono utili strumenti per imparare a calmarsi, regolare gli stati emotivi percepiti come incontrollabili, sentirsi stabili, protetti e al sicuro.
- Attività fisica specifica. È ormai noto che le arti marziali, come chi kung, il tai chi chuan, jiu jitsu siano pratiche utilissime per implementare i temi di sicurezza, forza, capacità, presenza a se stessi. In studio è possibile proporre qualche movimento/azione specifici da qui mutuati.
- Anche lo yoga, favorisce nei pazienti la consapevolezza e aumenta l’accettazione e la tolleranza delle emozioni, migliorandone di fatto la regolazione emotiva.
Le tecniche drammaturgiche
Il role play è una tecnica che consiste nel rivivere una situazione del passato, ricordata in modo problematico dal paziente, avviando un confronto con uno o altri soggetti che agiscono altri ruoli. Lo scopo principale consiste nel facilitare il cambiamento attraverso lo sviluppo di nuove percezioni di sé e dell’altro.
Il paziente simula nello spazio della stanza interazioni con gli altri in presenza del terapeuta, che impersona i ruoli. Grazie al coinvolgimento in nuove forme di dialogo emergono capacità di regolare le proprie emozioni e di gestione della sofferenza.
Ad esempio per un paziente con profondo senso di inadeguatezza, rispondere assertivamente al fidanzato critico e sprezzante, induce a percepire la relazione complessiva come meno problematica, sentendosi al contempo più forte, apprezzabile e capace di gestirla.
Il gioco delle due sedie
Questa tecnica che si distingue dalla precedente in quanto vi è un dialogo in cui il paziente fa entrambi i personaggi. Nel dialogo tra queste parti, si porta il paziente a incarnare simbolicamente degli stati d’animo o posizioni psicologiche presenti nel suo vissuto soggettivo, come l’alternarsi di un sé critico a un’immagine nucleare positiva di sé.
Lo scopo è portare il paziente al dialogo tra parti di sé. Lo si aiuta a identificare i diversi personaggi, voci, posizioni, si cerca di dar loro un nome, per esternalizzare le parti disfunzionali e comprendere che sono interiorizzazioni di parti critiche apprese durante la sua storia di vita.
Conclusioni
Tali tecniche hanno quindi il grande potere di lavorare sul passato per migliorare la qualità di vita nel presente. Non si tratta solo di un trattamento che analizza il ciò che è accaduto, ma usa la riscrittura degli eventi sensibilizzanti per lavorare sul presente e garantire un miglioramento nel futuro.
Bibliografia
- Arntz, A., Jacob, G., (2013). Schema Therapy in azione. Teoria e pratica. Ist. Scienze Cognitive.
- Arntz, A. & Weertman, A. (1999). Treatment of childhood memories: Theory and practice. Behaviour Research and Therapy.
- Gilbert, P., & Irons, C. (2005). Focused therapies and compassionate mind training for shame and self-attacking. In P. Gilbert (Ed.), Compassion: Conceptualisations, research and use in psychotherapy (pp. 263–325). Routledge.
- Lowen, A., (1975). Bioenergetics. New York, Coward, McCann & Geoghegan.
- Ogden, P., Minton, K., & Pain, C. (2006). Trauma and the body: A sensorimotor approach to psychotherapy. W. W. Norton & Company.
- Smucker, M. R., Dancu, C., Foa, E. B., & Niederee, J. L. (1995). Imagery rescripting: A new treatment for survivors of childhood sexual abuse suffering from posttraumatic stress. Journal of Cognitive Psychotherapy.