Con il termine maltrattamento emotivo infantile (I.E., childhood emotional maltreatment, CEM) ci si riferisce a condizioni di “neglect” ed abuso subiti in età precoce con una negazione estrema dei bisogni infantili.
Questa condizione può essere condivisa da soggetti afferenti alla popolazione “non clinica” e,diversamente da quanto si possa comunemente pensare, non è una condizione circoscritta alle esperienze infantili dei pazienti con psicopatologia conclamata.
Indubbiamente esiste un’ampia letteratura sul ruolo del CEM nello sviluppo di psicopatologie di ogni genere ed anche il DSM – 5 ha riconosciuto il ruolo delle esperienze traumatiche precoci nell’eziopatogenesi di moli disturbi mentali.
D’altro canto esistono ben pochi dati sul peso del maltrattamento emotivo infantile su altri aspetti,anche non psicopatologici, del funzionamento interpersonale dell’individuo, quale la qualità dei rapporti sentimentali in età adulta. E’ indubbio infatti che le esperienze precoci costituiscano un tassello fondamentale per il raggiungimento di una rappresentazione interna di se stesso come degno di amore, elemento a sua volta necessario per la costruzione di un’autostima stabile, un adeguato sviluppo della sessualità e di capacità relazionali sane.
E’ abbastanza intuibile come tutti questi elementi incidano sulla possibilità di costruire rapporti sentimentali soddisfacenti in età adulta.
Tuttavia per esaminare approfonditamente la relazione tra maltrattamento infantile e qualità delle relazioni intime future dobbiamo necessariamente considerare altre variabili storicamente associate a questi due costrutti: l’autocriticismo e lo stile di attaccamento.
Con il termine autocriticismo ci si riferisce ad una variabile di personalità caratterizzata dalla tendenza stabile e invalidante a criticarsi e giudicarsi negativamente ogni qual volta non si soddisfano standard elevati di vario genere (es. prestazionale, etico, ecc.) che ci siamo autoimposti.
Molti studi hanno individuato un’associazione tra CEM ed autocriticismo: è facilmente comprensibile come un individuo, trascurato emotivamente in infanzia, interiorizzi l’idea di non meritare amore e supposto e, attribuendo questa sensazione al suo “non andare bene”, generi un atteggiamento costantemente critico verso di sé.
A sua volta i dati della letteratura indicano quanto tale atteggiamento ipercritico risulti essere correlato ad una maggiore probabilità di sviluppare relazioni intime caratterizzate da ambivalenza, sfiducia e timore della vicinanza emotiva (proprio come effetto della tendenza ad essere critici anche verso il partner e della paura di poter essere giudicati dall’altro).
Per stile di attaccamento in età adulta ci si riferisce al pattern di atteggiamenti, vissuti e comportamenti con il quale ci presentiamo nel rapporto di coppia; come un effetto diretto della qualità delle relazioni primarie di attaccamento con le figure genitoriali. In particolare, pattern adulti di attaccamento evitante risultano caratterizzati da bassa intimità e svalutazione delle relazioni intime mentre attaccamenti adulti ambivalenti sono associati a dipendenza ed elevato bisogno di attenzione da parte del partner.
L’ampia letteratura esistente sul legame tra stili di attaccamento e qualità delle relazioni ha raramente considerato il costrutto dell’autocriticismo all’interno di un modello integrato a più variabili. Solo Sibley e Overall (2008,2010) hanno proposto un modello mediazionale in cui l’effetto dell’autocriticismo sembrava influenzare la relazione intima tramite l’inserimento di una variabile aggiuntiva costituita dallo stile di attaccamento evitante (ma non da quello ansioso/preoccupato!).
Recentemente un gruppo di ricercatori britannici (Lassri, Luyten, Cohen e Shahar, 2016) hanno indagato, in un campione di soggetti non clinici, il rapporto tra maltrattamento emotivo infantile e qualità dei rapporti sentimentali, considerando il peso dell’autocriticismo e dell’attaccamento come variabili mediatrici.
I risultati della ricerca hanno pienamente confermato l’ipotesi che l’associazione negativa (quindi proporzionalmente inversa) tra il grado di maltrattamento subito e la buona qualità dei rapporti intimi da adulti fosse mediata significativamente dalle due variabili considerate: l’autocriticismo e lo stile di attaccamento evitante.
In sintemi, le esperienze precoci di deprivazione emotiva portano l’individuo a interiorizzare un atteggiamento critico verso se stesso (plausibilmente per meccanismi di autodifesa di tipo auto-accusatorio) e a sviluppare sia atteggiamenti di scarsa fiducia verso gli altri, sia una fuga dall’intimità nelle relazioni (tipica dello stile di attaccamento evitante).
Ne consegue che il distacco emotivo, l’iperinvestimento nell’autonomia e la visione dell’altro come inaffidabile compromettono inevitabilmente la capacità di creare e mantenere rapporti di coppia soddisfacenti e saldi.