L’insonnia è un problema che affligge milioni di italiani e che spesso si porta dietro complicanze nella vita diurna, quali stanchezza cronica, depressione e nervosismo.
Dormire bene è un’esigenza umana fondamentale e coloro che non vi riescono hanno un livello di sofferenza soggettiva molto elevata.
Non a caso i cosiddetti sonniferi, cioè farmaci prevalentemente benziodazepinici (tavor, en, zanax, minias, control, ecc.) con azione ipnoinducente, sono largamente impiegati nel trattamento dell’insonnia, spesso a sproposito e con conseguenti problemi di dipendenza e assuefazione.
Fortunatamente oggigiorno esistono delle strategie alternative che stanno dando risultati alquanto soddisfacenti.
In particolar modo la terapia cognitivo comportamentale, che interviene primariamente sulla cosiddetta igiene del sonno (comportamenti facilitanti il sonno) e sul sistema di pensieri negativi che influiscono negativamente sull’addormentamento, ha dimostrato risultati eccellenti, tanto da essere indicata come terapia d’elezione nelle linee guida di trattamento dell’insonnia.
Dormire bene con un programma mirato di psicoterapia è quindi possibile, e ci sono studi, fra cui uno recentissimo pubblicato su Behavior Research and Thearpy, che questo tipo di interventi sono efficaci anche negli anziani e possono aiutare a interrompere l’assunzione continuativa di sonniferi.
In particolare il suddetto studio (accessibile cliccando qui), ha testato l’efficacia della terapia cognitivo comportamentale per l’insonnia in un gruppo di 70 volontari, di oltre 50 anni di età, che stavano tentando la sospensione dai farmaci ipnoinducenti.
Solo coloro che sono stati sottoposti alla psicoterapia in oggetto hanno mostrato miglioramenti significativi nella qualità del sonno riferita, pur liberandosi dalla dipendenza farmacologica.