Sia in letteratura che nella pratica clinica è nozione condivisa che l’ingaggio ed il mantenimento della terapia col paziente narcisista comportino non poche difficoltà.
Questo è stato ampiamente dimostrato con studi empirici e risulta evidente anche dai tassi di drop-out riscontrati all’interno dei servizi di salute mentale. Tuttavia, il disturbo narcisistico di personalità resta una delle sindromi meno indagate e non esistono studi randomizzati sull’efficacia del trattamento per questo disturbo.
Al di là della descrizione che troviamo nei manuali diagnostici di psicopatologia, la fenomenologia di questo disturbo di personalità comprende numerose difficoltà relazionali: il narcisista che si mostra spesso competitivo, ipercritico verso gli altri, vulnerabie all’umiliazione ed emotivamente distanziante. Tende a percepirsi privilegiato mostrando pretese di ricevere trattamenti di favore o attenzioni particolari, tende ad essere dominante ed ha un estremo bisogno di controllo nella relazione. Può essere distante ed evitante a livello relazionale e manifestare comportamenti manipolativi. Infine presenta insensibilità e mancanza di empatia associate all’incapacità di reciprocità nei rapporti.
Di conseguenza, anche all’interno del setting terapeutico, il paziente narcisista tende a manifestare comportamenti in linea col suo senso di superiorità: critica il terapeuta, ignora le osservazioni dell’altro, ha scarsa capacità auto-riflessiva generando sentimenti di rifiuto nel curante.
In alternativa il paziente può mostrare segnali non autentici di pseudo-alleanza basati su un’idealizzazione dell’altro arrivando poi ad avere un bisogno costante di conferme e ammirazione. Considerati insieme, questi pattern interpersonali provocano spesso sentimenti ambivalenti, contrastanti o addirittura distruttivi nel clinico (Freemen & Fox, 2013; Gabbard, 2009).
Alla luce di quanto detto, appare ancor più disarmante l’assenza di ricerche sistematiche sulla relazione terapeutica con pazienti narcisisti. I pochi studi randomizzati esistenti si rivolgono a gruppi di soggetti con diagnosi di un disturbo di personalità afferente al Cluster B (secondo i criteri del DSM-IV- TR) senza una valutazione della singola diagnosi.
I soggetti afferenti a questo gruppo diagnostico tendevano ad evocare risposte di irritazione e minore empatia nei terapeuti. Inoltre i clinici riferivano frequenti ed intensi sentimenti di impotenza, rifiuto o attrazione fisica, e ciò indipendentemente dall’orientamento teorico-metodologico dei singoli professionisti (Betan et al., 2005).
Solo negli ultimi anni sono arrivati i primi dati sulla qualità della relazione terapeutica con i pazienti con diagnosi di DP Narcisistico riscontrando nei terapeuti sentimenti di noia, rabbia e distrazione con fantasie sull’interruzione della terapia (Colli et al., 2014).
All’interno di questo nuovo filone, un recentissimo studio italiano (Tanzilli, Muzi, Ronningstam, Lingiardi, 2016) condotto su un campione di 67 psicoterapeuti con diversa formazione, ha indagato i pattern di controtransfert ricorsivi con i pazienti narcisisti. I risultati hanno mostrato una effettiva tendenza di tali pazienti ad evocare nel terapeuta intense reazioni emozionali negative, capaci di danneggiare la qualità della relazione terapeutica.
In particolare, i pattern maggiormente riscontrati risultavano essere, primariamente, quello critico con reazioni controtransferali di inadeguatezza e autosvalutazione e, secondariamente, il pattern ostile che induce nell’altro emozioni di irritazione e risentimento. Ciò potrebbe dipendere dal tipico stile difensivo dei pazienti narcisisti che tendono a criticare e svalutare gli altri in reazione ai propri sentimenti di inferiorità nel tentativo di innalzare un’autostima fluttuante.
Un terzo pattern riscontrato in questo campione clinico è quello distaccato, accompagnato da sentimenti di noia ed indifferenza del clinico. Questa mancanza di connessione emotiva potrebbe derivare dall’estrema difficoltà di questi soggetti di riconoscere i propri bisogni di vicinanza ed intimità all’interno della relazione terapeutica.
Infine, un ultimo pattern riscontrato è stato quello impotente che genera nel terapeuta vissuti di inefficacia, insicurezza ed ansia. Inoltre, nello stesso studio emergono reazioni controtransferali particolarmente intense nei casi in cui la diagnosi di DP narcisistico si associava ad altri tratti di personalità del cluster B.
Infine le correlazioni tra emozioni del terapeuta e personalità del paziente sono risultate non significativamente influenzate dal tipo di formazione o altre variabili socio-demografiche del clinico.
I dati di questa indagine empirica sembrano quindi confermare il peso che certe dinamiche relazionali tipiche della personalità narcisistica hanno sull’esperienza interna del terapeuta, generando emozioni intense e influenzando negativamente la qualità della relazione e quindi del lavoro psicoterapico.
Per il clinico, la conoscenza profonda di propri vissuti è il primo passo fondamentale per la modulazione di queste stesse emozioni, condizione a sua volta necessaria per gestire le richieste (spesso manipolatorie!) di questi stessi pazienti e far rispettare i limiti del setting.