La psicosi mestruale è un quadro interessante sia per la presentazione fenomenica che per la tipologia di farmaci impiegati per il trattamento.
Clinicamente questo disturbo si manifesta con episodi di confusione, tipici del delirium, che si presentano spesso in prossimità del menarca o del parto, probabilmente legati alla presenza di cicli anovulatori. Se il quadro psicopatologico completo appare relativamente poco frequente e spesso non riconosciuto, non è così per tutte quelle varianti del disturbo sottosoglia.
Si manifesta come un disturbo psicotico che si presenta di solito tra il terzo giorno precedente e i 3 giorni successivi al ciclo (1,3). A differenza dei disturbi psicotici classici, tale forma presenta una remissione completa tra una crisi e l’altra e non causa il deterioramento cognitivo tipico dei quadri cronici (1).
Una prima descrizione di tale disturbo la troviamo sul finire del 1800 da parte di Kraft Ebing (4,5) il quale pubblicò in seguito anche una monografia sul tema. Nel 1998 Brockington (6) presentò dei dati che richiamavano nuovamente l’attenzione su questa forma psicotica legata al ciclo mestruale che però, col tempo, venne nuovamente dimenticata nella pratica clinica, nonostante una discreta mole di lavori sulla correlazione tra psicosi e ciclo mestruale (1,3,6).
L’attuale ipotesi patofisiologica fa pensare ad un’aumentata sensibilità recettoriale durante la fase mestruale caratterizzata dal calo estrogenico. Tale ipotesi è supportata dal dato rilevato nelle pazienti schizofreniche che alti livelli di estrogeni correlano con bassi punteggi dei sintomi positivi (7,9).
Sembra che i livelli di estrogeni interferiscano con i livelli di dopamina e con il grado di sensibilità dei suoi recettori denominati D2. E’ stato osservato nelle scimmie che durante la fase follicolare (che è associata a bassi livelli estrogenici) i recettori per la dopamina di tipo D2, a livello di quel nucleo cerebrale chiamato Corpo Striato, presentano una sensibilità maggiore del 12% rispetto alla sensibilità recettoriale rilevata nella fase luteinica (caratterizzata invece da alti livelli di estrogeni) (10).
L’implicazione è che nei periodi con bassi livelli di estrogeni una più alta attività dopaminergica potrebbe correlare con la comparsa di sintomi positivi della psicosi.
Gli estrogeni modulano la sintesi della tirosina-idrossilasi (enzima coinvolto nella sintesi della dopamina) nei sistemi dopaminergici: secondo Deuchar e Brockington (12) durante i cicli anovulatori il cervello è esposto ad alti livelli di estrogeni che bloccano i recettori D2; l’ipotesi è che nel momento in cui, fisiologicamente, i livelli di estrogeni scendono, l’esposizione a recettori D2 diventati ipersensibili alla dopamina può costituire un fattore scatenante per la crisi psicotica.
L’eziologia neurobiologica ipotizzata suggerisce per il trattamento l’impiego di ormoni sessuali. Infatti gli antipsicotici riescono a rendere la crisi di minor durata ma non interferiscono con la ciclicità del disturbo (13).
In letteratura viene suggerito di impiegare come trattamento, off label, combinazioni estroprogestiniche (2,8); sembra incoraggiante anche l’impiego di modulatori dei recettori estrogenici (2) e ormoni tiroidei (13).
Data la correlazione del disturbo con cicli anovulatori, andrebbero evitati in queste pazienti quegli antipsicotici che determinano un aumento dei livelli di prolattina (tra questi: gli antipsicotici di vecchia generazione, le sulpiridi e il risperidone).
Ricordare questo quadro psicopatologico può essere d’aiuto al clinico, facendogli prestare maggiormente attenzione a quei quadri in cui la storia della sintomatologia è legata alle fasi del ciclo mestruale.
Bibliografia
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15. Riecher-Rossler A, Kulkarni J. Estrogens and gonadal function in schizophrenia and related psychoses. Curr Top Behav Neurosci. 2011;8:155-171.