Vedere in agenda l’appuntamento con il dentista non mette di buonumore nessuno di noi. Tuttavia, alcuni riescono a gestire in qualche modo l’ansia e la preoccupazione e affrontano la situazione, per altri la paura è così intensa da portare anche all’evitamento di tutto ciò che ha a che fare con il dentista stesso (incluse visite di controllo o interventi per risolvere sintomi dolorosi).
Da anni ormai l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto l’odontobofia come una problematica di interesse clinico e si stima che ne sia affetto il 15/20 % della popolazione mondiale (Seligman, Hovey, Chacon, & Ollendick, 2017).
Un essere umano su 5, quindi, ha paura del dentista. Ma come mai? Come possiamo inquadrare meglio questa condizione?
Odontofobia: cos’è il timore del dentista
Con il termine “odontofobia” ci riferiamo ad un fenomeno di estrema paura dei dentisti e delle cure dentistiche. L’esposizione, l’osservazione o persino il nominare argomento legati al dentista solitamente producono una forte reazione di ansia.
Sono stati osservati sintomi come sudorazione, tachicardia, iperventilazione, nausea, bocca secca o ipersalivazione, fiato corto, tremori e altri sintomi fisiologici, tipici dell’ansia e del panico. Questa intensa reazione, unita ai frequenti evitamenti dello stimolo fobico possono arrivare a compromettere la vita di chi ne è affetto e a causargli estremo disagio.
A livello comportamentale quindi cosa fa un odontofobico?
Quasi sicuramente evita di prestare attenzione ai sintomi dolorosi a carico della bocca e dei denti e cerca di rimandare il più possibile un eventuale visita dal dentista.
Se tuttavia è costretto a recarsi in ambulatorio mette in atto tutta una serie di comportamenti che non fanno altro che aumentare la propria ansia: per esempio può decidere di arrivare molto prima del previsto nello studio per “controllare o evitare la propria paura” e, in questo modo, si ritroverà per molto più tempo in contatto con ogni minima sensazione ansiosa, amplificandola notevolmente.
L’ansia, la paura, nascono come condizioni e ed emozioni adattive e difensive e, per questo, ignorarle o fingere di averne il controllo non fa altro che esporci di più alla minaccia. Se credessimo che c’è un leone dietro il cespuglio davanti a noi, davvero ignoreremmo o cercheremmo di resistere alla paura e all’ansia che ci dicono di scappare lontano?
Se la nostra mente ci dice che “il dentista” è una minaccia il primo passo è senz’altro ascoltarla e capire cosa ci sta comunicando.
Fattori psicologici associati all’odontofobia
Sono di seguito riportati alcuni tra gli aspetti psicologici più associati all’odontofobia:
- È stato osservato come l’ansia per i denti possa essere spiegata da una più generica e innata sensibilità all’ansia. L’odontofobia è risultata più frequente in soggetti con disturbi ansiosi o depressivi rispetto a soggetti senza una storia clinica psichiatrica (Timothy et al., 2000).
- Un aspetto preponderante sembra essere la paura del dolore. Si è visto che l’intensità e le manifestazioni della paura del dentista variano a seconda del tipo di intervento che ci si immagina di fare/che stiamo subendo: estrazioni, terapie canalari, impianti o altri interventi estremamente lunghi e invasivi sono associati più spesso a sintomi fobici (Hmud et al., 2009).
- Molti studi evidenziano che le persone con odontofobia spesso non hanno una buona visione dei dentisti: dentisti chiusi, arrabbiati e burbero, ma anche freddi, distanti e disinteressati spesso provocano maggiore fobia nei pazienti. Questo può derivare anche da racconti e testimonianze di altre persone (Scott et al., 2001).
Paura del dentista: fobia o trauma?
Nel linguaggio comune i concetti di “odontofobia”, di “ansia per il dentista” o di “paura del dentista” rimandano in modo indistinguibile allo stesso fenomeno.
Ma è davvero corretto catalogare la paura del dentista nel più ampio gruppo delle Fobie Specifiche?
Molti autori si sono interrogati su questo grande dilemma. La Fobia Specifica è un quadro clinico presente nel manuale diagnostico dei disturbi mentali, DSM – 5 (American Psychiatric Association, 2013) e definito da:
- Paura o ansia marcate verso un oggetto o situazione specifica.
- Evitamento attivo della situazione o dell’oggetto fobico, che altrimenti viene sopportata con ansia intensa.
- Riconoscimento che la paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto al reale pericolo rappresentato dall’oggetto o dalla situazione specifici e al contesto socioculturale.
- Disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento dell’ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti, a causa dei suddetti fattori.
Come caratteristica imprescindibile, quindi, la paura o l’ansia dovrebbero essere riconosciute dal soggetto come “sproporzionate” ed “irrazionali”. Ma chi ha paura del dentista, spesso fa fatica a dichiarare che la propria ansia è “esagerata” o “incoerente” con il contesto. A differenza ad esempio di chi ha paura dei ragni o dei topi, che invece non ha problemi nel riconoscere che la sua reazione e il suo allarme sono esagerati rispetto alla reale minaccia che l’animale rappresenta alla propria vita.
Per questo e per altri motivi ci si è a lungo chiesti se “odontofobia” non fosse un nome improprio e se in realtà i sintomi della paura del dentista non fossero meglio inquadrabili in patologie legate all’area traumatica.
Il trauma psicologico
Possiamo definire il Trauma Psicologico come una “ferita dell’anima”, come un evento che rompe il consueto modo di vivere e vedere il mondo e che ha un impatto negativo sulla persona che lo vive.
Come viene descritto nel più recente modello di trattamento del Trauma, il modello EMDR (Eye Movment Desensitization and Reprocessing – EMDR), esistono diverse forme di esperienze potenzialmente traumatiche a cui può andare incontro una persona nel corso della propria vita.
Vengono definiti “T” tutti quegli eventi che portano alla morte o che minacciano l’integrità fisica propria o delle persone care. È possibile far rientrare nella definizione di trauma T l’esperienza vissuta in particolari interventi odontoiatrici?
Nel Disturbo da Stress-Postraumatico (DSPT) sono spesso presenti sintomi di marcata attivazione dell’arousal ed esagerate risposte di allarme qualora si entri in contatto con stimoli associati al trauma. Agitarsi fino ad avere un attacco di panico nel percepire il tipico odore di “eugenolo” (la sostanza contenuta nel cemento e nei medicinali usati in odontoiatria) o provare intenso fastidio ai denti nel sentire il rumore stridulo del trapano elettrico sono sintomi molto comuni in chi riporta di avere paura del dentista possono rimandare ad aspetti traumatici e sono molto più rari nel caso di una Fobia Specifica.
Va però sottolineato che già Mower nel 1947 teorizzava che le fobie si sviluppano da processi di apprendimento e che una persona apprende a temere uno stimolo “neutro” se questo viene abbinato ad un evento doloroso.
Le ricerche hanno documentato che gli individui che hanno vissuto esperienze dolorose dal dentista sono 14 volte più a rischio di avere paura del dentista di chi non ha mai avuto un esperienza del genere e sono 16 volte più a rischio di non richiedere le cure dentistiche tempestivamente (Braca, Vega, & Vega, 2006).
Comprendere più chiaramente in che etichetta diagnostica rientra l’Odontofobia renderebbe più efficace il suo trattamento.
Valutazione e trattamento dell’odontofobia
Per effettuare una diagnosi più specifica, si può ricorrere a strumenti come la “Corah Dental Anxiety Scale” o la “Modified Dental Anxiety Scale”. A seconda dell’intensità della paura e dei sintomi fobici e a seconda di quanto è compromesso il benessere della persona il trattamento va in direzioni differenti.
La maggior parte delle persone sopporta la paura del dentista senza cercare un trattamento terapeutico. La decisione avviene spesso nel momento in cui un cambiamento impone all’individuo un tipo di esposizione che è stato evitato o ridotto al minimo per anni.
Interventi ambientali: quando il dentista diventa terapeuta
La maggior parte delle ricerche sull’odontofobia non si trova su riviste psicologiche bensì su riviste odontoiatriche: è fondamentale che chi opera in questo settore sia a conoscenza di come funziona la paura del dentista e che si mettano a punto programmi di trattamento anche utilizzabili dai dentisti stessi.
Se la paura è più controllabile la cosa più utile è agire in senso preventivo. Grazie ai moderni progressi nel campo dell’odontoiatria si è potuto promuovere un cambiamento nell’ambiente e nei macchinari medicali. Soprattutto in età pediatrica ormai è evidente il miglioramento dell’atmosfera.
Alcuni accorgimenti efficaci:
- Rendere la sala d’attesa più confortevole, insonorizzarla e magari diffondere una musica rilassante, ridurre se non eliminare l’odore di eugenolo nell’aria, usare toni caldi e accoglienti per le pareti ed evitare di affiggere sui muri quadri che rimandano ai denti è sicuramente un buon inizio.
- È stato osservato che una particolare colorazione della luce influisce sulla sensazione di stress durante i trattamenti. È possibile sfruttare l’effetto del colore per alleviare la paura e rendere meno stressante l’esperienza.
- Formare dentisti e personale che opera negli studi odontoiatrici sull’odontofobia. È importante che il paziente si senta a suo agio, compreso nella sua paura (e non certo giudicato) e aiutato in ogni modo a gestirla e tollerarla.
- Promuovere un atteggiamento validante e cooperativo, spiegando ai pazienti le procedure, non dando false informazioni per “addolcire la pillola” e comportandosi in modo professionale ma “caldo”.
Se il dentista o gli operatori odontoiatrici si rendono conto che la paura compromette eccessivamente la necessità del paziente di ricevere le cure adeguate, dovrebbe consigliare un approccio terapeutico più specifico.
La psicoterapia per l’odontofobia
Come accennato, situazioni più gravi compromesse possono invece trarre beneficio da un approccio psicoterapeutico. Tecniche comportamentali come la desensibilizzazione sistematica e il modeling (usato soprattutto nei bambini) sono da sempre metodi impiegati per il trattamento delle fobie:
La desensibilizzazione sistematica, ideata da Joseph Wolpe (1958), è risultata efficace nel trattamento dell’odontofobia (Singh, Bhaskar, & Rehmn, 2015). Il principio è il “controcondizionamento”: si evidenziano tutti i fenomeni e le situazioni fobiche; si gerarchizzano; si chiede al paziente di immaginare la situazione fobica e si inizia a praticare il rilassamento (iniziando dal fenomeno meno fobico, come ad es. la vista di un trapano elettrico).
Nella tecnica del modeling, ideata da Albert Bandura, il paziente apprende modi efficaci per affrontare le proprie paura attraverso l’osservazione di altri soggetti nella stessa condizione. Vedere una persona calma e rilassata mentre osserva un trapano o anche mentre si sottopone ad un igiene dentale può aiutare i pazienti odontofobici a gestire meglio la propria preoccupazione.
La terapia cognitivo comportamentale – CBT è il trattamento d’elezione per i disturbi d’ansia, tra cui le Fobie specifiche, e viene ampiamente utilizzata nel trattamento dei disturbi trauma correlati.
Attraverso la combinazione di tecniche comportamentali con interventi cognitivi si vanno a comprendere e ristrutturare alcune credenze maladattive. Pensieri automatici negativi possono provocare emozioni intense e comportamenti disfunzionali, tra cui i primis l’evitamento dello stimolo fobico. Attraverso la CBT si insegna al paziente a ridimensionare o modificare le credenze rispetto al dentista e ad adottare strategie di coping più funzionali.
Bibliografia
- American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, 5th Edition: DSM-5. . American Psychiatric Publishing.
- Braca, H., Vega, E., & Vega, C. (2006, Sep-Opt). Posttraumatic dental-care anxiety (PTDA): Is “dental phobia” a misnomer? Hawaii Dent J, 37(5), p. 17-9.
- Corah, N., Gale, E., & Illig, S. (1978, Nov). Assessment of a dental anxiety scale. J Am Dent Assoc, 97(5), p. 816-9.
- Hmud, R. (2009). Dental anxiety: causes, complications and menagement approaches. JMID, 2(1), p. 9-14.
- Humprhis, G., & Dyer, T. R. (2009). The modified dental anxiety scale: UK general public population norms in 2008 with further psychometrics and effects of age. BMC Oral Health, 20.
- Mowrer, O. (1947). On the dual nature of learning – A reinterpretation of “confditioning” and problem solving”. Harvard Educational Review, 17, p. 102-148.
- Scott, D. (2001). Reliability of DSM-IV anxiety and mood disorders. J Abnorm Psychol, 110(1), p. 49-58.
- Seligman, L., Hovey, J., Chacon, K., & Ollendick, T. (2017, Jul). Dental anxiety: An understudied problem in youth. Clin Psychol Rev, 55, p. 25-40.
- Shapiro, F. (2000). EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari. McGraw-Hill.
- Singh, H., Bhaskar, D., & Rehmn, R. (2015, mar-apr). Psychological Aspect of Odontophobia. Int J Dent Med Res, 1(6), p. 210-212.
- Timothy, J., & al. (2000). Anxiety and pain measures in dentistry. A guide to their quality and application. JADA, 39, p. 1449-57.