Negli ultimi anni appare crescente l’interesse per la depressione post partum materna, un fenomeno che per molto tempo è stato nascosto o vissuto in maniera individuale e solitaria. Quasi come rappresentasse un tabù, un motivo di vergogna per la neo-mamma, poco in grado di prendersi cura della prole e poco incline a stabilire con essa una relazione di affetto e trasporto.
Più recentemente però, l’interesse dei clinici e della ricerca si è focalizzato anche sulla depressione dei neo-padri e, conseguentemente, sui possibili esiti e risvolti nella crescita dei figli.
Nonostante il crescente focus, la conoscenza dei fattori di rischio della depressione post partum negli uomini è ancora piuttosto scarsa. Alcuni studi hanno dimostrato che tra i fattori di rischio associati al disagio psicologico paterno prenatale, possiamo includere (Boyce et al., 2007):
- un rapporto coniugale tendenzialmente insoddisfacente
- una debole rete sociale
- informazioni insufficienti su tutto ciò che riguarda gravidanza e parto
Altre ricerche, invece, hanno evidenziato come i seguenti fattori possano essere associati a problemi di salute mentale paterni durante il periodo perinatale (Bellard & Davies, 1996; Harvey & McGrath, 1988; Lovestone & Kumar, 1993):
- rapporto non supportivo
- scarsa armonia coniugale
- difficoltà lavorative
- essere molto giovani
- scarso funzionamento sociale
- storia passata segnata da un disturbo psichiatrico
Il ruolo degli ormoni nella depressione post partum dei padri
Tenendo conto delle conoscenze esistenti sulla depressione post-partum materna, è possibile ipotizzare che lo stesso fenomeno, vissuto da un padre, potrebbe essere causato da cambiamenti ormonali che si verificano durante la gravidanza della compagna e/o nel periodo subito successivo alla nascita del figlio (Kim & Swain, 2007).
Il testosterone
In primo luogo, la depressione post-partum paterna potrebbe essere correlata a cambiamenti nei livelli di testosterone dell’uomo, che tendono a diminuire fisiologicamente durante la gravidanza della partner e dopo il parto (Fleming et al., 2002; Storey et al., 2000). Tale ormone, infatti, inizierebbe a diminuire almeno un paio di mesi prima del parto e tenderebbe a mantenersi basso per diversi mesi dopo il parto, almeno per la maggior parte dei padri (Wynne-Edwards, 2003).
Diversi ricercatori suggeriscono che tale diminuzione comporti livelli di aggressività più bassi, una migliore concentrazione, un maggior investimento nel nuovo ruolo di genitore e la costruzione di una relazione di attaccamento più forte con il proprio figlio (Wynne-Edwards, 2003; Clark & Galef, 1999).
Risulta infatti che padri che presentano livelli più bassi di testosterone esprimono più facilmente empatia e manifestano maggiore necessità di rispondere al pianto dei bambini (Rohde et al., 2005).
Gli estrogeni
In secondo luogo, la depressione post-partum paterna potrebbe essere correlata a più bassi livelli di estrogeni. Nei padri, infatti, il livello di estrogeni inizia ad aumentare durante l’ultimo mese di gravidanza della partner e fino al periodo post-parto (Berg & Wynne-Edwards, 2002).
In considerazione delle scoperte sul rapporto tra l’aumento dei livelli di estrogeni e i comportamenti materni (Numan, 1994), l’aumento di estrogeni nel padre sembrerebbe accrescere comportamenti genitoriali proattivi dopo la nascita del figlio.
Fleming e colleghi (2002) hanno anche scoperto che più il padre è coinvolto e attivo nel suo ruolo genitoriale, maggiore è il livello di estrogeni rispetto ad altri padri. Dunque, sembrerebbe che la presenza di una disregolazione di estrogeni paterni possa costituire un altro fattore di rischio importante che potrebbe stare alla base di un umore maggiormente depresso dei padri.
Il cortisolo
Un altro fattore di rischio biologico nella depressione post-partum paterna potrebbe essere rappresentato dalla presenza di livelli più bassi di cortisolo, l’ormone che regola le risposte fisiologiche agli eventi stressanti (Nelson, 1999).
Alti livelli di cortisolo sono generalmente associati a elevati livelli di stress. Tuttavia, per una madre, durante il post-parto, elevati livelli di cortisolo sono generalmente associati a un aumento della sensibilità e responsività verso il bambino (Fleming, O’Day & Kraemer, 1999) e a un tono dell’umore meno depresso (Fleming & Anderson, 1987).
Allo stesso modo, livelli più bassi di cortisolo nei padri potrebbero essere legati a difficoltà nel legame padre-figlio ed essere associati ad un umore maggiormente depresso.
La vasopressina
Ancora, la depressione post-partum paterna potrebbe essere correlata a bassi livelli di vasopressina, che aumentano dopo la nascita del bambino, in maniera analoga al livello di ossitocina della madre (Young & Frank, 1999).
La vasopressina, infatti, sembra giocare un ruolo centrale nel migliorare lo sviluppo del legame padre-bambino (Wang, Ferris & De Vries, 1994).
Simili comportamenti che denotano un maggiore coinvolgimento paterno nella cura dei figli durante il primo mese di vita del bambino, sono associati a un rapido aumento dei recettori della vasopressina nella corteccia prefrontale del cervello.
Per questo motivo, possiamo ipotizzare che i padri con bassi livelli di vasopressina possono avere maggiori difficoltà nel mettere in atto comportamenti genitoriali adeguati. Quindi, di conseguenza, essere anche più vulnerabili alla depressione.
La prolattina
In ultimo, la depressione post-partum nei padri potrebbe essere correlata a cambiamenti nei livelli di prolattina, che gioca un ruolo importante per l’insorgenza ed il mantenimento di comportamenti genitoriali (Storey et al., 2000).
I livelli di prolattina negli uomini aumentano durante la gravidanza e continuano ad aumentare nel corso dei primi anni post parto (Storey et al., 2000).
Dal momento che livelli alti di prolattina nel periodo postnatale sembrano legati a maggiori risposte agli stimoli infantili nei neo-padri (Storey et al., 2000), un livello di prolattina più basso potrebbe portare un neogenitore ad avere difficoltà ad adattarsi alla genitorialità e quindi esporlo a stati d’animo più negativi.
Fattori di rischio ambientali per la depressione post partum paterna
L’adozione di un modello ecologico, che prende in considerazione l’intero contesto di vita della persona, può fornire una prospettiva più ampia nella comprensione di come la famiglia, la comunità, il lavoro, la società e la cultura, interagiscono e possono influenzare lo sviluppo di un individuo (Bronfenbrenner, 1979).
E’ frequente che nuove esigenze e responsabilità durante il periodo post-partum siano spesso causa di importanti rivoluzioni nella vita di un padre, cambiamenti che possono rivelarsi fattori di rischio ambientali per lo sviluppo di una vera e propria depressione.
I padri spesso sperimentano più difficoltà nello sviluppo di legami affettivi con i loro figli rispetto alle madri, che solitamente strutturano con più facilità un attaccamento quasi istantaneo con il bambino fin dai momenti subito successivi al parto. Il legame padre-figlio, invece, sembra svilupparsi più gradualmente nei primi due mesi dopo il parto (Anderson, 1996).
Questo più lento sviluppo del legame di attaccamento potrebbe in alcuni casi spiegare la correlazione con un sentimento di impotenza e depressione nel padre nei primi mesi successivi al parto.
La mancanza di modelli genitoriali
Uno dei fattori che possono rendere la genitorialità paterna difficile può rivelarsi anche l’assenza di un buon modello genitoriale a cui fare riferimento.
Negli ultimi anni, è visibile un aumento delle aspettative della società verso i padri allo scopo di far loro sperimentare un maggiore coinvolgimento nella genitorialità. Molti padri tuttavia non hanno acquisito adeguate competenze genitoriali dai propri padri o da altri familiari di sesso maschile (Barclay & Lupton, 1999). Ciò anche e soprattutto per motivazioni legate alla cultura e al periodo storico di appartenenza.
La mancanza di comprensione di ciò che ci si aspetta da un padre, quindi, potrebbe causare ansia e portare ad un maggiore rischio di depressione post-partum paterna (Condon, Boyce & Corkindale, 2004).
Mancanza di gratificazioni
Anche la mancanza di ricompense e gratificazioni nella genitorialità potrebbe contribuire allo sviluppo di una depressione post-partum nei padri.
Questi riportano spesso come importanti i feedback positivi, ad esempio i sorrisi dei loro bambini, che fungono da gratificazione e rinforzo alle cure paterne (Anderson, 1996). Chiaramente, però, questi vengono più facilmente a mancare se le ore a disposizione per stare con il figlio sono ridotte o se il padre non può sperimentarsi nel proprio ruolo genitoriale.
I padri riferiscono molto spesso anche di sentirsi isolati e tagliati fuori dal legame esclusivo madre-bambino e di sentirsi gelosi del maggiore tempo che le loro partner passano con il bambino, in particolare del legame che si sviluppa attraverso l’allattamento al seno (Rutter et al., 2004).
È interessante notare che talvolta i padri possono segnalare anche sentimenti di gelosia verso i loro bambini, perché i bambini occupano una grande quantità di attenzione esclusiva della partner (Goodman, 2002).
Il cambiamento nella relazione di coppia
Inoltre, elemento centrale, a causa di improvvisi cambiamenti di vita, le relazioni coniugali spesso risultano minacciate durante i primi tempi del periodo post-natale (Anderson, 1996).
I padri riferiscono una maggiore insoddisfazione nei rapporti di coppia, tra cui la mancanza di intimità (Meighan et al., 1999) e la perdita di interesse nella relazione sessuale (Condon, Boyce & Corkindale, 2004). Così come una diminuzione di attenzioni nei loro confronti da parte delle partner, impegnate maggiormente nella cura dei figli.
Nei rapporti coniugali, lo stress della genitorialità dei padri durante il periodo post-partum può essere ulteriormente complicato dalle differenze di percezione dei ruoli di genere distinti di padre e madre. L’idea del ruolo dell’uomo come “capofamiglia” può essere rinforzata a causa dei maggiori impegni economici dopo la nascita del bambino, e, a sua volta, può impedire ai padri di essere più coinvolti nella genitorialità.
Una maggiore sensazione di fallimento in termini di prestazioni può essere significativamente correlata al disagio psicologico tra i padri (Morse, Buist & Durkin, 2001).
Fattori di protezione e prevenzione per la depressione post partum negli uomini
Per facilitare il processo di transizione verso la paternità durante il periodo post-partum esistono vari tipi di supporto. Questi allo stesso tempo svolgono anche il ruolo di fattori di protezione per la depressione paterna.
Il partner
Il supporto più efficace probabilmente proviene dal proprio partner, perché la depressione post-partum paterna è spesso strettamente legata all’equilibrio mentale della partner.
Un maggiore incoraggiamento da parte della madre e la possibilità di confrontarsi e condividere attivamente in coppia come prepararsi all’arrivo del bambino può promuovere il pieno coinvolgimento del padre nella genitorialità e allo stesso tempo alleviare lo stress di diventare genitore.
Le madri che condividono il ruolo genitoriale con i padri possono evitare i sentimenti di isolamento, che molti padri riferiscono di provare, dal rapporto madre-bambino. Così come sentimenti difficili da gestire, quali, ad esempio, la gelosia verso il figlio.
Gli altri membri della famiglia e la società
Inoltre, il sostegno e il riconoscimento da parte di altri membri della famiglia e della comunità di appartenenza dell’importanza del ruolo paterno, oltre alla comprensione delle difficoltà che i padri possono incontrare, possono avere un effetto positivo sui padri stessi.
Il supporto da parte della società, come ad esempio la possibilità di usufruire del congedo di paternità retribuito, sembrerebbe aiutare i padri ad adattarsi ai cambiamenti del periodo post-partum e a entrare meglio e più consapevolmente nel nuovo ruolo familiare.
Ad esempio, Feldman e colleghi (2004) hanno dimostrato che lunghi permessi di paternità sono associati a un atteggiamento più positivo verso la genitorialità. Di contro, congedi di paternità più brevi sono associati a una più bassa qualità di cura dei figli e minor adattamento al lavoro tra padri.
Purtroppo, ancora non tutti i Paesi possono vantare una politica per la paternità retribuita o comunque garantire ai padri in qualche misura tale diritto.
Può essere comune per i nuovi padri la percezione di non essere compresi e la mancanza di una rete di sostegno (Areias et al., 1996). Infatti, tradizionalmente, i padri sono stati in gran parte riconosciuti solo nel ruolo di supporto per le loro partner e in quello centrale di “capofamiglia”.
Il supporto ai padri nel periodo post-partum
Considerato il recente aumento del coinvolgimento dei padri nella genitorialità, sarebbero necessari supporti adeguati da parte della società, che si concentrino maggiormente sul ruolo attivo dei padri per aiutarli ad alleviare il loro stress nel periodo post-partum e perché possano essere di maggiore aiuto alle partner nella condivisione dei compiti.
I programmi psicoeducativi aiutano i padri a comprendere i loro ruoli previsti ed attesi: i risultati suggeriscono che un programma di prevenzione per la depressione post-partum che veda coinvolti sia le madri che i rispettivi partner, è più efficace di un programma per le sole madri (Morgan et al., 1997), come attualmente previsto dai protocolli.
I padri allo stato attuale sono spesso coinvolti in corsi pre-parto: risulterebbe utile se essi potessero essere inclusi in ogni contatto con gli operatori sanitari anche successivamente al parto.
Inoltre, poiché l’ansia e l’umore depresso potrebbero iniziare durante la gravidanza della partner, un intervento precoce per entrambi i genitori sarebbe più efficace prima che i sintomi diventino gravi.
Infine, nei casi in cui i sintomi iniziano a farsi percepire come più limitanti, incoraggiare i padri a cercare l’aiuto di professionisti del settore sanitario per un assessment e una valutazione completa e a prendere in considerazione l’idea di un percorso di psicoterapia, potrebbe migliorare significativamente la qualità della vita non solo del singolo, ma dell’intero sistema familiare.
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