Perché aiutare i bambini a superare i traumi
Dalle statistiche emerge nelle comunità un urgente e critico bisogno di proteggere i bambini e i giovani dallo sviluppare disagio mentale.
Secondo l’American Society of Positive Care of Children (www.americanspcc.org): adulti che hanno subito maltrattamenti da piccoli hanno un aumentato rischio per lo sviluppo di problematiche fisiche, emotive, lavorative e relazionali durante tutto l’arco della vita. Metà del disagio mentale degli adulti si manifesta entro i 14 anni di età e i due terzi entro i 24 anni.
L’importantissimo studio di Felitti sulle esperienze avverse infantili (Adverse Child Experience – ACE – Study) mostra l’impatto del trauma a lungo termine su un campione di 17000 persone: le esperienze traumatiche infantili sono correlate ad un aumentato rischio per malattie mentali, fisiche e problemi comportamentali dall’infanzia lungo tutto l’arco della vita.
Il trauma nei bambini
Per trauma si intende una qualsiasi esperienza che mina il senso di sicurezza e benessere di una persona, portandola ad avere credenze distorte e negative su di sé e sul mondo.
I traumi con la “T maiuscola” sono nel Manuale Diagnostico e Statistico dei disturbi Mentali, Quinta Edizione (DSM – 5) quelle esperienze che possono portare al Disturbo da Stress Post traumatico (PTSD): esperienze catastrofiche quali disastri naturali, violenze subite o assistite, gravi incidenti; in generale esperienze di orrore, paura per la propria incolumità o dolore opprimente, accompagnate da senso di impotenza.
I traumi con la “t minuscola” sono invece quelle esperienze negative relazionali, come mancanza di sintonizzazione emotiva, trascuratezza, critiche e comportamenti che portano a sperimentare stati di impotenza, vergogna, umiliazione, mancanza di speranza.
Per un bambino le esperienze di abbandono, di rottura del legame di attaccamento, i lutti, possono essere considerati traumi con la T maiuscola. A questi eventi può rispondere con dei sintomi che possono permanere anche per periodi di tempi molto lunghi o lasciare un danno interno anche quando diminuiscono nella loro forma acuta (Greenwald, 2000).
Ma per un bambino anche un test andato male, un litigio con un amico, la perdita di un nonno, possono essere esperienze traumatiche.
Gli effetti del trauma
Il trauma porta non solo una esperienza emotiva di impotenza e paura, ma anche una importante risposta fisica.
Il nostro corpo è programmato per garantirci sicurezza e sopravvivenza. Quando ci sentiamo in pericolo entriamo in uno stato di iperattivazione e le informazioni sensoriali e cognitive relative all’evento traumatico vengono immagazzinate nel sistema nervoso in quello stato eccitatorio.
Se l’esperienza permane in uno stato non elaborato, quando si presenta qualcosa di simile riemerge in parte o completamente nella consapevolezza con lo scopo di rientrare nel sistema di elaborazione, ma con il risultato di creare ulteriore sofferenza.
Il bambino può sperimentare l’intrusione di immagini mentali sotto forma di convinzioni o emozioni che si presentano in forma di reazione spropositata alla situazione presente.
Alcuni bambini considerano minacciosi molti aspetti della propria vita semplicemente perché non sanno mai quando il ricordo potrebbe riaffacciarsi. Il bambino traumatizzato può sviluppare un maggior senso di pericolosità del mondo esterno, che va di pari passo con il senso di pericolosità della propria mente.
La percezione delle possibili minacce può portare a sintomi come inquietudine, ansia, tendenza a percepire gli altri come ostili, ipereccitabilità. Il bambino può sviluppare un generale senso di vulnerabilità e inefficacia o stati di ottundimento emotivo e comportamenti di evitamento tipici anche del PTSD negli adulti.
L’indagine diagnostica nei bambini
Nei bambini la manifestazione dei sintomi post traumatici è però spesso piuttosto differente dal classico quadro PTSD degli adulti. Possono prevalere sintomi somatici o forme di regressione.
Il comportamento dei bambini traumatizzati, piuttosto che ai criteri del PTSD, corrisponderà a quello di altre categorie diagnostiche, quali l’ADHD, gli stati di ansia generalizzata, la depressione o il comportamento oppositivo provocatorio.
Tali diagnosi descrivono accuratamente le caratteristiche comportamentali del disturbo, ma spesso non ne vengono affrontate le radici. La mancata diagnosi del trauma può condurre alla cronicizzazione dei sintomi e portare a patologie adulte come il disturbo borderline di personalità, il ptsd complesso o i disturbi di tipo dissociativo.
E ancor più che negli adulti è necessario considerare in modo ampio la definizione di trauma, come esperienza disturbante che non sia stata ben integrata. E così lo scopo è andare al cuore del “mistero”: cosa ha causato il problema e cosa possiamo fare con questo?
Come i bambini rispondono al trauma
I bambini possono essere particolarmente vulnerabili, in quanto sono più indifesi e soggetti a spaventarsi degli adulti e non hanno ancora sviluppato quelle capacità cognitive, emotive e fisiche di cui gli adulti dispongono per fronteggiare gli eventi e le sfide quotidiane.
Sono resilienti per natura, devono acquisire autonomia superando tantissime difficoltà e per far questo sono attrezzati di un sano egocentrismo e di un forte senso del loro potenziale. Ma per ottenere successo nell’acquisizione delle tappe evolutive hanno anche bisogno di sentirsi amati, meritevoli di cure e al sicuro.
Le esperienze avverse creano già in epoca preverbale le basi emotive e somatiche di quelle che diventeranno credenze post traumatiche. Ad esempio un bimbo che è stato trascurato o che ha avuto cure non coerenti e prevedibili può creare dentro di sé convinzioni quali “non posso fidarmi degli adulti”, “non posso sopportare i cambiamenti”, “non merito amore”.
Tali convinzioni portano a sentimenti di ansia, sfiducia, rabbia, paura. E comportamenti controllanti, oppositivi, rigidi e resistenti ai cambiamenti, che creano difficoltà nella traiettoria della sviluppo.
Che cos’è la terapia EMDR
La terapia EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing) è un approccio psicoterapeutico evidence based raccomandato, insieme alla psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT), dall’OMS per il trattamento dei disturbi post traumatici in bambini, adolescenti e adulti.
L’approccio EMDR si basa sull’assunto che nel nostro cervello esiste un sistema innato di elaborazione delle informazioni che permette l’integrazione delle nuove esperienze nelle esistenti reti neuronali di memoria. Le memorie di esperienze traumatiche rimangono immagazzinate in modo disfunzionale in reti di memoria isolate dalle altre, non integrate e in uno stato eccitatorio. Le memorie non processate vengono poi stimolate da stimoli interni ed esterni, portando a reazioni cognitive, emotive e comportamentali inappropriate.
Come lavora l’EMDR
La terapia EMDR lavora accedendo ai ricordi dell’evento traumatico e attivando il sistema innato di elaborazione attraverso la stimolazione bilaterale alternata (BLS) che può essere di tipo visivo, tattile o uditivo.
Con la stimolazione, il processo di elaborazione metabolizza il ricordo che può cosi essere connesso in modo adattivo alle altre informazioni presenti nella memoria, portando ad una evoluzione e crescita post traumatica. Quello che di una esperienza è utile viene immagazzinato con emozioni appropriate e guida la persona nel suo futuro.
Anche se alcune esperienze possono essere immagazzinate in modo disfunzionale, la persona è intrinsecamente sana: una volta che tali esperienze sono processate si ritorna velocemente ad uno stato di equilibrio e le esperienze positive diventano più potenti e vivide.
L’EMDR con i bambini
Raccolta della storia
Il lavoro EMDR con i bambini può essere molto simile a quello con gli adulti per i bimbi più grandi e gli adolescenti o richiedere importanti adattamenti con i bimbi più piccoli.
Il terapeuta che lavora con i bambini incontra prima di tutto i genitori per capire il problema del bambino, il suo funzionamento, la sua storia.
Vengono indagate le sue esperienze e i traumi che possono aver contribuito allo sviluppo del problema.
La presa in carico è in ogni caso di tutta la famiglia, con particolare attenzione anche agli aspetti più significativi della storia dei genitori, così come delle loro eventuali problematiche, le esperienze non risolte che possono essere collegate con i problemi del figlio, le loro credenze, nonché paure e speranze.
Fase di preparazione
La terapia procede con la costruzione di una relazione di fiducia con il bambino a cui vengono insegnate modalità per calmarsi e tollerare le emozioni più difficili. Gli obiettivi del genitore vengono riformulati in base a quelli che sono gli obiettivi che possono essere condivisi dal bambino per aumentare la collaborazione e la fiducia.
Individuazione e processamento dell’esperienza traumatica
I bambini possono non essere in grado di ricordare o parlare dei ricordi traumatici, ma danno degli indizi sulle loro esperienze e sui loro sentimenti durante il gioco o durante il loro lavoro creativo.
Nel gioco emerge la ricca vita emotiva del bambino che va ricondotta alla sua storia e alle sue esperienze. È dal mondo del gioco che si cerca di capire la prospettiva del bambino, per capire cosa il suo comportamento sta raccontando.
E’ nel gioco che viene adattata la fase di desensibilizzazione dell’EMDR, in modo più o meno simile al protocollo standard a seconda della capacità del bambino. Nel mettere a fuoco le emozioni di un pupazzo il bambino può per esempio esprimere le proprie emozioni in un modo non soverchiante e il terapeuta può fare la stimolazione bilaterale mentre il bambino aiuta il pupazzo a superare le sue difficili emozioni, facendo attenzione affinché l’intensità delle emozioni elicitate siano sempre sopportabili per il bambino.
Un altro aspetto fondamentale della fase di processamento è il fornire informazioni appropriate e utili al processamento adattivo dell’esperienza. I bambini non hanno la prospettiva adulta quindi necessitano di aiuto, in forma di informazioni e rassicurazione rispetto a temi quali la sicurezza e la responsabilità (ad es “non è mai colpa di un bambino se un adulto beve e fa male a qualcuno”).
Punti di forza
I bambini tendono a processare molto velocemente perché hanno catene associative molto brevi, meno “storia” degli adulti e quindi strutture meno rigide. L’EMDR funziona in modo molto rapido ed efficace in bambini ben adattati che hanno vissuto un singolo trauma limitato nel tempo.
Può aiutare a ridurre l’ansia correlata a malattie organiche e modificare le credenze disfunzionali createsi proprio in conseguenza della malattia.
Può essere inoltre usato in modo molto efficace per rafforzare risorse positive e strategie di coping funzionale quando purtroppo il bambino permane in situazioni di vita difficili o in una condizione di disagio (ad es un bambino con ADHD può lavorare sulla sua credenza di “essere incapace” e sul rafforzare la convinzione “posso fare questo compito da solo”).
Non è mai facile per un genitore portare un figlio in terapia, a causa dello stigma, del venire coinvolti, degli obiettivi troppo spesso indefiniti.
L’approccio EMDR può essere da questo punto di vista facilitante perché in alcune situazioni lavora in modo più veloce di altri approcci terapeutici. Ha una impostazione mirata e gli obiettivi sono chiari e condivisi: portare sollievo dalle conseguenze del trauma in modo che il bambino possa riprendere la sua più sana traiettoria di vita.
Bibliografia
- American Society of Positive Care of Children (www.americanspcc.org)
- Greenwald R. L’EMDR con bambini e adolescent. Astrolabio Ed., 2000.
- Lovett J. Small Wonders. Healing childhood trauma with EMDR. The Free Press, 1999.
- Lovett J. Trauma Attachment Tangle. Modifying EMDR to help Children Resolve Trauma and develop Loving Relationship. Routledge, 2015.