I sogni in psicoterapia
Il sogno è sempre stato un argomento affascinante e misterioso, ricco di innumerevoli potenziali significati.
Di primario interesse per Freud, che ipotizzava che i processi psichici coscienti fossero solo una parte della vita psichica totale della persona. I sogni rappresentavano la via di accesso a quella parte inconscia, collegata agli aspetti coscienti e in ogni modo dotata di senso e capace di svelare contenuti non svelabili dalla parte conscia.
A tutto questo mancava però una validazione empirica e per questo motivo la terapia cognitivo comportamentale standard ne ha preso per molto tempo le distanze. Ad oggi però anche nel mondo cognitivo si è riconosciuta la potenziale ricchezza portata dai sogni in psicoterapia e quindi sono stati sviluppati diversi modelli di lavoro attraverso modalità guidate che aumentino la possibilità di far riconoscere ai pazienti i propri temi e le proprie modalità di funzionamento.
Le prime teorie neuroscientifiche parlavano dei sogni come prodotti fisiologici senza significato (Bear et al., 2007), quindi come una sorta di rumore di fondo dell’attività cerebrale. Oggi abbiamo invece evidenza che l’attività cerebrale durante il sonno è intensa e con finalità adattiva. Oggi sappiamo che il sonno e il sogno svolgono funzioni preziose per la memoria, l’apprendimento e l’elaborazione delle informazioni immagazzinate durante il giorno.
L’applicazione dell’approccio EMDR al sogno
È uscito da qualche settimana il libro di E. Zaccagnini sull’applicazione dell’approccio EMDR ai sogni “AIP, EMDR, SOGNI. Il cervello a nostro servizio 24 h su 24h” (Mimesis, 2020).
L’autore definisce un metodo per utilizzare il sogno nella pratica clinica, considerandolo proprio come espressione di una attività cerebrale con funzione adattiva.
Nei primi capitoli del libro vengono ripercorse le acquisizioni neuroscientifiche più recenti e importanti sul funzionamento cervello e sull’approccio EMDR proprio come psicoterapia fondata sul funzionamento cerebrale, allargando la riflessione dalle funzioni dello stato di veglia a quelle dello stato di sonno e del sogno.
L’Autore arriva così nella seconda parte del libro ad esplicitare un possibile modello di utilizzo del sogno in psicoterapia che su tali evidenze si appoggia ma rispettando i significati personali e l’unicità della persona.
EMDR come psicoterapia fondata sul funzionamento del cervello
L’Emdr è un approccio psicoterapeutico inserito nelle linee guida per la cura del trauma e dei disturbi post traumatici. Nella pratica clinica ormai è molto ampia l’applicazione alle sindromi cliniche che hanno hanno il trauma come fattore di rischio, predisponente o precipitante. Per trauma si intendono non solo eventi grandi, acuti, che con un singolo impatto soverchiano le capacità di fronteggiamento della persona, ma anche quelli che vengono definiti come “t” piccoli, esperienze disturbanti vissute nelle relazioni interpersonali in modo persistente nel tempo, creando pattern cognitivi, emotivi e comportamentali disfunzionali che sono quelli più spesso portati all’attenzione in psicoterapia.
Quando Francine Shapiro (2019) ha scoperto gli effetti terapeutici della Stimolazione Bilaterale Alternata, diventata componente fondamentale dell’approccio EMDR, ha ipotizzato che tale stimolazione favorisse il processo di elaborazione di materiale disfunzionale bloccato nelle aree cerebrali a valenza emotiva e corporea, facendo leva su un Sistema Innato di Elaborazione dell’Informazione (Adaptive Information Processing – AIP).
Ipotizzò la presenza nel nostro cervello di tale sistema, capace di immagazzinare in modalità adattiva le nuove esperienze di ogni giorno, collegandole e integrandole alle reti mnestiche di memoria già esistenti. Da allora la ricerca neuroscientifica ha verificato e confermato tale ipotesi.
Pagani (et al.2012) ha dimostrato come il lavoro terapeutico con EMDR provochi lo spostamento di dati cerebrali dalle aree limbiche, ad alta attivazione emotiva, alle aree della neocorteccia capaci di elaborazione cognitivo- semantica, depurate dalle intrusioni di emozioni disturbanti.
Il cervello funziona in modalità adattiva ed è dotato di capacità autoriparative
Confermando il modello AIP, il nostro cervello funziona in modalità adattiva, cioè ci permette di elaborare tutto quello che ci succede per permetterci di acquisire capacità e affrontare al meglio gli eventi futuri.
E a partire dai primi esperimenti, osservando ciò che accadeva nella mente, il cervello si è mostrato anche un organo con straordinarie capacità di autoriparazione.
Sintomi e benessere sono espressione di precisi stati psicologici che hanno un preciso correlato neurocerebrale. Tali stati si sono formati a causa di precise esperienze nella storia di vita della persona ed è l’identificazione di tale itinerario che consente di costruire un piano terapeutico mirato che permetta l’elaborazione delle informazioni non integrate con il resto del cervello.
I sintomi si configurano quindi come effetti di eventi di vita e segnali importanti di tali cause.
Cosa succede nel cervello in caso di trauma
L’informazione derivante da un evento traumatico può rimanere neurologicamente isolata, non integrata in modo adattivo con le informazioni già presenti in memoria.
Allo stesso tempo tale informazione rimane attiva, cioè capace di riprodurre le stesse emozioni, convinzioni e sensazioni fisiche esperite al momento del trauma.
A livello neurologico questo è causato da una eccessiva e cronica eccitabilità dell’amigdala e un insufficiente controllo inibitorio della corteccia prefrontale mediale, che interferisce a sua volta con il funzionamento dell’ippocampo. Tutto questo si traduce in una deficitaria capacità di fare una proporzionata valutazione delle informazioni che arrivano dalle esperienze quotidiane, e un impedimento nella loro assimilazione e memorizzazione.
I ricordi rimangono così vividi e frammentati, con sensazioni associate disturbanti e una attivazione di allarme persistente. Tali ricordi continuano quindi ad impattare negativamente sul presente, con una scarsa integrazione tra le aree del cervello destro (le cui memorie hanno prevalentemente caratteristiche emotive e corporee) e sinistro (dove ha sede il centro del linguaggio).
Questo spiega anche perché le terapie prevalentemente verbali si dimostrano spesso inefficaci nella cura dei traumi, soprattutto precoci.
Perchè l’EMDR si è mostrato efficace
Pagani et al (2012) hanno dimostrato che il tracciato ECG del paziente in fase sintomatica, mentre rivive il trauma, presenta attivazioni prevalentemente in aree a valenza emotiva.
Dopo il processamento del trauma tramite terapia EMDR, il paziente, ora in fase asintomatica, presenta un tracciato ECG caratterizzato da attività corticale di aree a valenza prevalentemente cognitiva.
I segnali troppo forti o troppo ripetuti delle esperienze traumatiche creano infatti nell’amigdala una condizione neurofisiologica che impedisce una ulteriore trasmissione del segnale alle aree corticali, creando i loop emotivi disturbanti causati da problematiche irrisolte.
Il trasferimento delle informazioni alla neocorteccia non riesce ad avvenire e i ricordi restano confinati nell’amigadala e nell’ippocampo.
La Stimolazione Bilaterale Alternata produce un ristabilirsi dell’equilibrio chimico ottimale per la trasmissione dell’informazione, sbloccandola. La SBA è in grado di produrre una replicazione delle Onde cerebrali che si originano durante il sonno ripristinando il flusso di informazione tra neuroni, favorendo quindi il processamento (Pagani, 2017).
Il cervello funziona secondo il modello AIP sia di giorno che di notte
Stato di veglia
Durante la veglia utilizziamo in modo consapevole processi di attenzione e volontà attraverso i quali il cervello risponde e si adatta continuamente alle sfide ambientali e dell’esistenza.
Ma anche durante lo stato di veglia esiste un complesso meccanismo che agisce sotto la soglia di coscienza. Quando siamo svegli ma in stato di riposo, in assenza di compiti precisi, piuttosto che entrare in uno stato di quiescenza, si attivano altre aree. L’attivazione continua indica il proseguire di attività di processazione attraverso il recupero di dati immagazzinati in memoria (Taylor et al.,2013).
Lo stato di sonno: fasi REM e Non REM
Durante il sonno il cervello continua a lavorare in modo intenso e adattivo, ma sotto la soglia di coscienza e attraverso l’attivazione di numerosi circuiti neuronali diversi da quelli attivi durante lo stato di veglia.
Oggi sappiamo che il sonno svolge delle funzioni preziose per la nostra memoria, per l’apprendimento, per continuare il processo di elaborazione di quello che ci succede durante il giorno.
Il sonno è caratterizzato da fasi neurologicamente diverse che si alternano, raggruppate in sonno Non REM (NREM) e sonno REM.
Il sonno NREM è caratterizzato da onde cerebrali lente e scariche elettriche dirette alla corteccia cerebrale chiamate “fusi del sonno” che hanno la funzione di stimolare la corteccia cerebrale perchè possa consolidare le informazioni recentemente acquisite e collegarle alle altre reti di informazioni già presenti in memoria.
La principale caratteristica del sonno NREM è la presenza di onde cerebrali lente e a bassa frequenza (Onde Delta). Sembra che i sogni fatti in questa fase non siano memorizzati dalla coscienza.
Durante il sonno REM il tracciato cerebrale mostra invece onde rapide e ad alta frequenza. La ricerca mostra come i sogni siano associati ad alterazioni nella connettività del circuito che coinvolge amigdala, ippocampo, corteccia cingolata anteriore, corteccia mediale prefrontale e ipotalamo, indicando che avviene qualcosa mentre stiamo sognando.
Il sogno
Osservando le numerose aree cerebrali coinvolte durante il sonno e i sogni vediamo che tali aree sono quelle deputate al processamento delle informazioni acquisite durante lo stato di veglia e coinvolgono le funzioni di memorizzazione emozionale, di memoria a lungo temine delle esperienze di vita, l’apprendimento e il riconoscimento di comportamenti adattivi.
Durante il sonno REM si ha un elevato coinvolgimento emotivo e neuromuscolare, fase spesso accompagnata dalla memorizzazione del sogno.
Tale stato di eccitamento emotivo e neuromuscolare non si osserva nel sonno NREM, fase del sonno che sembra connessa a stati di gratificazione che sembrano non necessitare di memorizzazione.
L’alternanza di fasi NREM e REM sembra trovare spiegazione nella capacità del cervello di allenarsi e creare le migliori condizioni prima di elaborare in fase REM gli stati emotivi piu problematici e che necessitano ancora di trovare una soluzione adattiva.
Il sogno fornisce l’istantanea di quello che succede nel cervello in quel momento e quello che ha bisogno di esprimere. Il sogno può quindi dare accesso alla problematica che si è attivata nel cervello in fase REM e il corretto accostamento, da svegli, alle immagini oniriche memorizzate, decifrandone il significato può aiutare il compimento del processo impostato dal cervello durante il sonno che , soprattutto nel caso di incubi e sogni ricorrenti non è ancora stato portato a termine con successo.
Le ricerche scientifiche hanno dimostrato che le persone che hanno subito un PTSD (disturbo postraumatico da stress) sono soggetti più frequentemente ad incubi , questo perché è come se il cervello cercasse di elaborare senza successo il trauma.
Un modello clinico per l’uso del sogno in terapia EMDR
Così Zaccagnini (2020) si sposta sul piano clinico e propone un metodo basato sulla decifrazione del sogno piuttosto che sulla sua intepretazione. Non viene fornita una griglia di lettura sviluppata a priori ma aiuta il paziente ad “estrarre” ciò che è cifrato.
I sistemi di veglia e di sogno hanno linguaggi diversi ma fanno parte dello stesso sistema e quindi collegati e possibili di un linguaggio comune.
La decifrazione del sogno deve utilizzare il database del sognatore, rispettando la sua soggettività. Il terapeuta non aggiunge nulla, ma guida la persona a tradurre in parole e significati quello che il sogno ha espresso in immagini, aiutando con la Stimolazione Bilaterale Alternata il processo.
Si chiede al cervello in stato di veglia il codice per decifrare ciò che ha prodotto nello stato di sonno, facendo emergere tematiche importanti e spesso che necessitano di ulteriore elaborazione.
La prima fase è psicoeducativa. Si danno al paziente informazioni sul funzionamento cerebrale e sul modello AIP. Sulla funzione del sonno e del sogno come in ogni modo funzionale in chiave adattiva.
A questo segue la fase di decifrazione delle immagini attraverso una raccolta delle definizioni date dalla persona stessa a tali immagini e la raccolta delle associazioni con i vissuti e le situazioni della vita personale del paziente.
Infine si arriva alla decifrazione del significato dell’intero sogno rispettandone la sequenza strutturale.
Passando dal piano scientifico e neurofisiologico come forte terreno di evidenza del corrispettivo mente-corpo, non mancano nel testo esempi clinici che mostrano la potenziale utilità del sogno sia in fase di assessment che in caso di blocchi nella terapia e nel processamento di eventi critici, rendendolo valore aggiunto alla letteratura presente sull’argomento.
Bibliografia
- Shapiro F. (2019) “EMDR. Il Manuale”. Raffaello Cortina Ed. , Milano
- Zaccagnini E. (2020) “AIP, EMDR, SOGNI. Il cervello a nostro servizio 24 h su 24 h.” Mimesis, Milano
- Pagani et al. “Eye Movement Desensitization and Reprocessing and Slow Wave Sleep: A putative Mechanism of Action”. Frontiers in Psychology, n. 07 nov 2017
- Pagani et al. “Pre – Intra and Post treatment EEG Imaging of EMDR Neurobiological Bases of Treatment Efficacy”, European Psychiatry, n. 2 Roma 2012
- Taylor et al. “Impact of the meditation training on the default mode network during a restful state”. Social Cognitive Affective Neuroscience. 2013 Jan ; 8