L’uscita del film di animazione Disney-Pixar “Inside Out 2” è stata l’ennesima opportunità per riflettere, sia tra gli addetti ai lavori sia tra la popolazione generale, su quanto siano importanti le emozioni umane, la loro espressione e gestione.
Il film, che già nel primo lungometraggio veicolava il messaggio di quanto fosse Tristezza (quindi non solo Gioia) a risolvere e a far evolvere la protagonista, anche in questo caso riconosce il valore adattivo ed evolutivo di conoscere, validare ed esprimere le emozioni.
Questi concetti non sono nuovi in psicoterapia (vedi DBT, ACT ecc.), dove buona parte del lavoro è fondato sulla consapevolezza e regolazione delle emozioni, interventi utili al trattamento di quelli che vengono definiti i “disturbi emotivi” (Barlow et al., 2021).
I disturbi emotivi comuni
Questi si riferiscono a quei disturbi in cui viene data importanza al ruolo delle esperienze emotive nel mantenimento della psicopatologia.
Sono fenomeni in cui vi è una sovrapposizione di sintomi dovuta a vulnerabilità comuni (ad esempio ruminazione, evitamento, attenzione selettiva ecc.) che contribuiscono allo sviluppo di ansia, depressione e disturbi correlati.
Una volta attivata o elicitata un’emozione, le interpretazioni, le reazioni e le strategie di regolazione conseguenti ne determineranno il mantenimento, l’esacerbazione o la riduzione.
Rientrano, infatti, in questo costrutto il Disturbo di Panico, il Disturbo d’Ansia Generalizzato, il Disturbo d’Ansia Sociale, il Disturbo Ossessivo Compulsivo, i disturbi depressivi, i disturbi alimentari, il Disturbo Borderline di Personalità e il Disturbo da Stress Post Traumatico.
La funzione delle emozioni
Per comprendere quale sia il lavoro psicoterapeutico che si concentra sugli aspetti emotivi di questi disturbi mentali, bisogna partire dal comprendere quanto le emozioni siano importanti per il nostro adattamento all’ambiente e il nostro benessere.
Infatti, come sappiamo, le emozioni hanno funzioni fondamentali per l’individuo:
- il mantenimento dell’omeostasi, per cui vi è un alternarsi delle esperienze emotive al di sotto della soglia di consapevolezza e il passaggio da uno stato emotivo all’altro ogni qual volta è necessario.
- Motivano (e organizzano) il nostro comportamento e ci preparano all’azione. L’impulso ad agire di specifiche emozioni spesso è biologicamente innato e ci permette di muoverci rapidamente in situazioni importanti, come, ad esempio, quando non abbiamo tempo per riflettere su ciò che sta accadendo. Infine, le forti emozioni ci aiutano a superare gli ostacoli (della nostra mente e dell’ambiente).
- Comunicano agli altri (e li influenzano). Le espressioni facciali sono aspetti innati delle emozioni e trasmettono informazioni molto più velocemente delle parole. Inoltre il nostro linguaggio corporeo e il tono della voce possono essere innati ed entrambi comunicano le nostre emozioni agli altri. Quando è importante condividere qualcosa o mandare un messaggio può essere molto difficile modificare le nostre emozioni. Quindi sia che lo vogliamo o no la comunicazione delle nostre emozioni influenza i nostri interlocutori.
- Comunicano a noi stessi. Le emozioni possono darci informazioni importanti su una situazione, fungere da segnale o allarme. Le sensazioni corporee (viscerali) di cui sono costituite possono aiutare ad intuire che qualcosa sta accadendo.
Questo può essere utile quando le nostre emozioni ci conducono a verificare i fatti. Tuttavia, talvolta, trattiamo le emozioni come se fossero dati certi di ciò che sta succedendo nel mondo: più forte è la nostra emozione, più forte sarà la nostra convinzione che l’emozione che proviamo è basata su un fatto.
Se riteniamo che le nostre emozioni rappresentino la realtà oggettiva, possiamo usarle per spiegare i nostri pensieri e le nostre azioni. Questo può essere pericoloso per la nostra salute mentale se ignoriamo ciò che sta accadendo e ci comportiamo conseguentemente all’intensità dell’emozione.
Le specifiche funzioni delle emozioni
Entrando più nello specifico, ogni emozione ha una o più funzioni caratteristiche. La paura, ad esempio, è un sistema di allarme della natura. Potremmo essere in pericolo, quindi prendere provvedimenti e attivare un senso di urgenza per agire senza pensare.
La tristezza si verifica naturalmente dopo una perdita o una battuta d’arresto per qualcosa o qualcuno di importante per noi o una discrepanza tra vita reale e ideale.
È un’emozione che segnala la necessità di ritirarsi affinché la perdita o il ritiro vengano elaborate. Capire cosa è andato storto o cosa serve per il futuro è importante per poter evolvere. Inoltre segnala agli altri che potremmo avere bisogno di conforto e supporto; infatti esprimere tristezza attira gli altri verso di noi.
Come ci insegna il film “Inside Out 2” l’ansia ci aiuta a prepararci per il futuro, ci avverte riguardo a situazioni importanti o potenzialmente pericolose che potrebbero verificarsi. Ci porta a focalizzare la nostra attenzione su ciò che la sta causando per prevenire o ridurre un esito negativo. E’ la spinta per iniziare a prepararsi e per non essere colti alla sprovvista.
Nel film manca un’emozione estremamente importante che motiva al comportamento prosociale. Il senso di colpa infatti emerge quando non andiamo incontro alle aspettative della società. Aiuta a mantenere relazioni chiedendo scusa e, da un punto di vista evolutivo, permette di rimanere nel gruppo.
Le componenti delle emozioni
Compresa la loro funzione è importante che la persona che affronta un percorso terapeutico incentrato sulle emozioni e sulle problematiche ad esse associate ne conosca anche le componenti.
Ogni volta che viviamo un’esperienza emotiva possiamo identificarne di tre tipi: i pensieri, le sensazioni fisiche e fisiologiche e i comportamenti.
Lavorando in terapia su ognuno di questi aspetti è possibile imparare ad accettare gli stati emotivi. Ad esempio, come ci insegna bene la terapia cognitivo comportamentale, l’emozione è influenzata dai pensieri che la precedono. È quindi utile comprendere quali siano le cognizioni che stanno dietro un’esperienza emotiva, per provare a metterle in discussione o accettarle per quelle che sono, ossia solo prodotti della nostra mente.
Anche le sensazioni fisiche che accompagnano gli stati emotivi hanno un ruolo fondamentale, in quanto alcune persone non sono disposte a sperimentarle e il rifuggirle mantiene la problematica. Imparare a conviverci e accettarle è già un passo verso il cambiamento.
Infine, i comportamenti sono la risposta ad uno stato emotivo. Quando sono volti ad evitare un’emozione solitamente diventano maladattivi perché non permettono alle emozioni di svolgere le funzioni descritte precedentemente.
Fattori di vulnerabilità nello sviluppo dei disturbi emotivi
È inoltre importante comprendere con il paziente quali siano le caratteristiche che hanno portato allo sviluppo di uno o più disturbi emotivi, per poterci lavorare in modo specifico. Sono stati individuati alcuni fattori di vulnerabilità per lo sviluppo dei cosiddetti “disturbi emotivi comuni”:
- Alti livelli di affettività negativa, ossia una propensione temperamentale a provare emozioni negative frequentemente e intensamente (Barlow et al., 2021). É stato dimostrato come individui che nascono con una maggiore sensibilità siano avvantaggiati da una genitorialità funzionale, ma svantaggiati da una genitorialità carente. Inoltre, sono più inclini a criticare se stessi per l’intensità delle reazioni. Quindi un bambino con una certa sensibilità emotiva sarà ulteriormente svantaggiato se crescerà in un ambiente disfunzionale.
- Un altro fattore riguarda la valutazione negativa delle proprie esperienze emotive. Persone con pensieri automatici disfunzionali, distorsioni cognitive e schemi emozionali (“le mie emozioni sono incontrollabili”, “dureranno per sempre” ecc.) sono maggiormente inclini a definire gli stati emotivi come problematici, tendendo quindi a rifiutarli, reprimerli e invalidarli (Barlow & Craske, 1988; Leahy, 2002).
- Infatti l’uso di strategie di regolazione disadattive, come l’evitamento e la soppressione, mantengono la patologia e peggiorano la situazione (Purdon, 1999).
Il protocollo unificato per il trattamento dei disturbi emotivi comuni
Tra i vari approcci utili per il lavoro con coloro che soffrono a causa di una mala gestione emotiva che porta allo sviluppo delle varie psicopatologie sopra descritte, presentiamo il protocollo UP (Unified Protocol) per il trattamento transdiagnostico dei disturbi emotivi comuni (Barlow et al., 2021). E’ un approccio centrato proprio sulle emozioni e sui “disturbi emotivi” che prova a rispondere a queste esigenze. Il trattamento è appunto transdiagnostico (quindi applicabile indistintamente alle varie diagnosi categoriali) con particolare focus sulle emozioni.
Gli obiettivi dell’intervento sono il riportare le emozioni a un livello funzionale per apprezzarle come adattive e modificare le abitudini che permettano di regolarle, per ridurre l’intensità e l’incidenza delle esperienze emotive che influiscono sul funzionamento dell’individuo.
Abilità apprese nel trattamento
Le abilità fondamentali che vengono apprese o implementate in questo approccio sono:
- Sviluppare una conoscenza accurata delle emozioni e una consapevolezza mindful delle stesse. Lo scopo è coltivare una posizione non giudicante, ossia accettare le esperienze emotive così come sono, senza etichettarle e cercare di allontanarle.
- Focalizzarsi sul presente, prestando attenzione al contesto, in quanto le emozioni sono influenzate dalle esperienze passate e collegare la situazione attuale al passato intensifica l’emozione. É utile quindi concentrarsi sulla situazione nel qui e ora.
- Implementare la flessibilità cognitiva che comporta lo sviluppo di consapevolezza di come i pensieri influenzino le emozioni, aumentando la variabilità nell’interpretazione delle situazioni.
- Lavorare sulle strategie di coping. Per strategie di coping intendiamo l’evitamento che può essere palese (evitare totalmente determinate situazioni), sottile (come i comportamenti protettivi quali il coprirsi le mani con il volto quando si teme di arrossire) o cognitivo (non pensarci); la messa in atto di comportamenti guidati dalle emozioni (come l’uso di sostanze) o i segnali di sicurezza (come portare con sé i farmaci).
- Riconoscere e affrontare le sensazioni fisiche esponendosi ad esse.
- Esporsi alle emozioni con esercizi utili a provocare intense risposte emotive per praticare le abilità apprese. Confrontarsi gradualmente con gli stimoli interni ed esterni che producono intense reazioni emotive per modificare le risposte disadattive. L’obiettivo è l’esposizione all’emozione stessa per cambiare le interpretazioni e farne emergere di nuove e funzionali.
Conclusioni
Questo tipo di trattamento, come anche altri della cosiddetta terza generazione della terapia cognitivo comportamentale (Acceptance and Commitment Therapy, Emotional Schema Therapy, Compassion Focused Therapy, ecc.), che si basano sul trattare i processi che mantengono la psicopatologia di un disturbo, portano l’individuo ad interiorizzare una serie di credenze utili ad assumente un atteggiamento verso le emozioni accettante e regolatorio.
A livello psicoeducativo la persona impara che le emozioni difficili e spiacevoli fanno parte dell’esperienza di tutti. Queste ci avvertono, ci parlano dei nostri bisogni e ci collegano a un significato. Si apprende che le emozioni forti possono guidarci o fuorviarci e che sono le convinzioni su di esse a rendere difficile il tollerarle.
Inoltre, l’idea che le emozioni dolorose e intense siano universali ed evolutivamente programmate aiuta a normalizzarle ed accettarle.
Il fatto che le credenze sulle emozioni e le strategie personali di gestione ne determinano l’intensità e la durata, in quanto le strategie disfunzionali di controllo emozionale finiscono per confermare la credenza negativa che esse siano intollerabili.
Esprimere e validare le emozioni ne permette la normalizzazione e l’universalizzazione, ne migliora la comprensione e consente di differenziarle, aumentandone la tollerabilità e limitando il senso di colpa e la vergogna a queste associati.
Tutto ciò si può riassumere nel macro obiettivo di sviluppare un empowerment personale che permetta di accettare le emozioni e tollerare le frustrazioni.
Bibliografia
- Barlow, D.H., et al. (2021). Il protocollo unificato per il trattamento dei disturbi emotivi. FrancoAngeli.
- Barlow, D.H., et al. (2021). Protocollo unificato per il trattamento transdiagnostico dei disturbi emotivi. Quaderno Di Lavoro. FrancoAngeli.
- Barlow, D. H., & Craske, M. G. (1988). The phenomenology of panic. In S. Rachman & J. D. Maser (Eds.), Panic: Psychological perspectives (pp. 11–35). Lawrence Erlbaum Associates, Inc.
- Beaumont, E., Irons, C. (2022). Il quaderno della compassione. Una guida passo dopo passo per sviluppare il sé compassionevole. MINDHelp.
- Leahy, R.L., (2016). Emotional Schema Therapy: credenze sulle emozioni e strategie di regolazione emozionale in terapia metacognitiva. Eclipsi.
- Leahy, R.L., Tirch, D., Napolitano, L.A., (2013). La regolazione delle emozioni in psicoterapia. Eclipsi.
- Harris, R. (2021) Fare act. Una guida pratica per professionisti all’Acceptance and Commitment Therapy. Franco Angeli.
- Leahy, R.L. (2020). Non credere A tutto ciò che provi. Un quaderno di lavoro per comprendere I tuoi schemi emotivi e sentirti libero dall’ansia e dalla depressione. Francoangeli.
- Purdon, C. (1999). Thought suppression and psychopathology. Behaviour Research and Therapy, 37(11), 1029–1054.