In Italia, ultimamente, le gravidanze in adolescenza sono cresciute del 60% e la maggior parte del fenomeno riguarda la fascia under 16.
Le minorenni che rimangono incinta nel nostro paese sono solo l’1% del totale delle donne che partoriscono (ma sarebbero circa il doppio se si considerassero le IVG – interruzioni volontarie di gravidanza). Questi numeri non sono comunque nulla rispetto all’Inghilterra e agli Stati Uniti, dove si attestano intorno al 10%.
Secondo studi specifici che ancora non sono così diffusi anche da noi, pare che il fenomeno sia riconducibile tra l’altro all’alto tasso di divorzi, all’aumento di abusi e stupri su giovanissime, alla recente “moda” di considerare il bebè come uno status symbol.
Ma nell’ultimo anno, secondo i dati dell’organizzazione “Save the Children”, i numeri sono enormemente aumentati anche nel nostro Paese, con punte soprattutto in Sicilia e Campania (71% al Sud Italia), con a seguire la Lombardia.
I rapporti sessuali sono sempre più precoci nella società attuale (età media 15 anni), rispetto al passato ragazzi e ragazze raggiungono prima la maturità sessuale rispetto a quella psico-sociale ed emotiva, e non sono dunque in grado di assumersi la responsabilità delle conseguenze legate al loro comportamento, come malattie sessualmente trasmissibili e/o contraccezione.
In realtà, non mancherebbero loro le adeguate informazioni, o potrebbero comunque accedervi facilmente grazie ai media e ad appositi programmi didattici, ma proprio gli aspetti ancora infantili della loro personalità, uniti ad una naturale e tipica dose di incoscienza, fanno sì che corrano frequenti rischi di diventare genitori senza averne le capacità né cognitive né pratiche.
Oltretutto, si riscontra che la maggior parte di queste adolescenti provengono da classi sociali svantaggiate, da famiglie disfunzionali e con pochi riferimenti affettivi, con storia di trascuratezza e/o abusi, con problemi economici e scarsa istruzione, e spesso sono a loro volta figlie di ragazze madri adolescenti.
Per molte ragazze, cresciute in ambienti difficili, avere un figlio significa assumere un ruolo, essere riconosciute come figura e trovare un’identità; è la prima occasione per sentirsi importanti nella loro vita.
Nella maggior parte dei casi (3 adolescenti su 4) esse dichiarano di non aver programmato né voluto la gravidanza; in realtà poi, quasi sempre, scelgono di tenere il bambino, nonostante questo comporti seri problemi a livello personale, familiare e sociale.
La giovane incinta può vivere questo periodo come fortemente traumatico per tutta una serie di fattori, prima di tutto quelli strettamente fisici (malesseri, nausee, mutamenti dell’aspetto fisico, ecc.) e sanitari (visite ginecologiche, esami, terapie…), oltre ai disagi in famiglia e nella società (trovare il coraggio di dirlo ai genitori, il timore della loro reazione, informare anche insegnati e coetanei, il rischio di subire pregiudizi, l’isolamento sociale fino all’abbandono scolastico).
Ricevere la notizia inaspettata è spesso uno shock che provoca emozioni come rabbia, vergogna, senso di colpa, ansia, paura per il futuro e timori di non esser in grado di prendersi cura del bambino. Il padre, spesso anche lui giovanissimo, di solito sparisce dopo poco il parto e comunque non si accolla quasi mai il ruolo di genitore.
Anche questo aspetto contribuisce a creare difficoltà alle baby mamme e ad aumentare la loro sofferenza e i loro disagi, dei quali uno dei maggiori consiste nel vivere un conflitto tra i loro bisogni da adolescenti e le esigenze del bambino: giocano solo pochissimo tempo col figlio, lo lasciano solo davanti alla tv, non hanno voglia di dargli il biberon, ecc. Magari, ad esempio, preferiscono passar il tempo a chattare con le amiche, vorrebbero uscir a fare shopping o andare a ballare la sera.
Le ragazze più giovani fanno maggior fatica ad entrare in sintonia con il piccolo, a volte sanno accudirlo fisicamente (anche perché sono aiutate da mamme, familiari, ecc.), ma non emotivamente: non riescono a consolarlo, parlargli, comunicare, ecc.
Tutto ciò perché, in effetti, sono loro stesse immature dal punto di vista psicologico. Il loro corpo è biologicamente già pronto per una gravidanza, ma non la loro mente; per esser genitori è necessario smetter di esser “figli”, diventando indipendenti, autonomi, responsabili, ecc. ma questo le adolescenti non vogliono e non possono farlo. Inoltre, poter continuare gli studi è quasi sempre impossibile, sia per motivi di tempo che economici.
Il numero di mamme teenager che abbandona la scuola è del 50%, e questo va ad influenzare in maniera negativa il loro futuro e le loro possibilità sociali, familiari ed economiche. Infatti, spesso restano disoccupate o sotto-occupate, e si ritrovano nella condizione di una seconda gravidanza nel giro di poco tempo.
Secondo le ricerche, se le baby mamme non vengono sostenute da un gruppo multidisciplinare di esperti, i loro figli verranno trascurati, a volte addirittura maltrattati e/o abusati, e potranno andar incontro a problemi più seri nel lungo periodo, come aggressività, depressione, difficoltà di apprendimento, fino a difficoltà di inserimento e comportamenti violenti.
E’ molto importante seguire ed aiutare queste ragazze almeno nei primi due anni di vita del bambino, anche perché si è visto che i nonni o le altre figure di riferimento presenti in casa spesso fanno fatica ad esser una guida equilibrata, in quanto talvolta se ne disinteressano oppure si sostituiscono totalmente alla figura materna, creando confusione nel piccolo che non sa più a chi dare retta, essendo sottoposto a regole e stimoli contrapposti.
Un altro aspetto rilevante, già accennato in precedenza, è il pregiudizio e lo stigma sociale, ben presente anche ai giorni nostri, soprattutto in piccole realtà urbane di provincia: la ragazzina incinta viene presa in giro, isolata e spesso pure la sua famiglia è “guardata male” e criticata. Perde le amiche, non può più uscire con loro, si sente brutta e inadeguata perché ingrassata, non riconosce il suo corpo e non è pronta al veloce cambiamento di vita che deve affrontare.
Entra, così, in confusione e non sa che cosa fare con il neonato, non si sente all’altezza, ha paura se lui piange, non sa parlargli, non ne ha voglia e, nel contempo, prova rabbia per la sua nuova condizione, poiché è stanca, non dorme più, non ha tempo per se stessa e per far le normali cose di tutte le sue coetanee, senza preoccupazioni né responsabilità.
Secondo gli esperti, infatti, le madri adolescenti hanno maggior rischio, rispetto alle madri sopra i venti anni, di stress e, addirittura, quattro volte superiore di depressione post-partum; inoltre, possono aver figli con anomalie genetiche in misura statisticamente superiore, neonati pretermine e/o di basso peso, indici più elevati di morbosità/mortalità perinatale ed infantile, sperimentare loro stesse malattie o complicanze nel corso della gravidanza di natura medica (anemia, ipertensione, deficienze nutritive, o ecc.) e di natura ostetrica (parto con travaglio prolungato, cesareo non programmato, fistole ostetriche, ecc.).
Grazie a centri di supporto specifici, invece, cui raccomandiamo di rivolgersi sempre in questi casi, si hanno risultati incoraggianti: le ragazze passano più tempo piacevolmente con i loro bambini, sono più attente alle loro esigenze, sono meno a rischio di sviluppare disturbi psicologici come ansia e depressione.