La cronaca ce lo dice molto chiaramente: l’adescamento online, detto anche grooming, è in aumento. Complice anche la disattenzione verso la privacy sui social network, quasi 1 teenager su 3 dà il numero di cellulare a persone conosciute online (dati Save the Children 2011). Secondo un’indagine di Ecpat (End Child Prostitution, Pornography and Trafficking) condotta su 131 studenti di 13 anni, il 90% ha aperto un profilo Facebook prima del limite minimo di 13 anni, imposto dal social network. Almeno 2 studenti per classe hanno più di 1200 “amici”. L’80% pubblica una foto al giorno e il 60% ha ricevuto richieste o commenti a sfondo sessuale. Il 90%, in caso di pericolo online, non crede opportuno parlarne coi genitori, perché ne teme la reazione.
Le nuove tecniche di ‘adescamento virtuale’ sono diventate un reale problema di gestione per la Polizia Postale, in primis, e per tutti i servizi che si rivolgono alla prevenzione e alla cura del disagio dei minori e delle loro famiglie. La diffusione di queste tecniche attraverso i social network, le chat, le app o i forum viene quasi paradossalmente definita con il termine “to groom” (lett.: curare) e viene utilizzata da potenziali soggetti abusanti, come pedofili o individui che presentano una particolare predilezione sessuale/affettiva per gli adolescenti e i minorenni più in generale. Le categorie di riferimento coinvolgono le fasce d’età che, a partire dalla pre-pubertà, arrivano fino alla piena adolescenza.
Cosa significa “adescare in rete”?
Questo fenomeno, si basa in parte sul concetto di ‘manipolazione psicologica’, esattamente come per l’adescamento più comune, che avviene al di fuori della rete; ha lo scopo principale di ottenere (prima) ed esercitare (poi) un controllo su un’altra persona, o in alternativa, di arrecarle un grosso danno. Può essere una semplice perversione oppure una strategia utilizzata per ottenere un ruolo dominante nella relazione sociale (sessuale o amicale). Attraverso il grooming si impone una relazione alla “vittima” designata che, generalmente, non si rende conto di ciò che sta avvenendo poiché le strategie utilizzate dal “carnefice” sono mirate al raggiungimento di un unico scopo, cioè quello di ottenere un contatto il più diretto possibile, il superamento delle resistenze emotive della “vittima”, per poi giungere a stabilire una vera e propria relazione intima e sessualizzata, senza che quest’ultima si sia resa ben conto delle manipolazioni a cui è stata sottoposta.
L’adescatore segue delle preferenze e quindi contatta soggetti con determinate caratteristiche di età e sesso, solitamente dando il via a una banale conversazione su argomenti generici, riguardanti la vita del ragazzo o della ragazza. Naturalmente non dà indicazioni sulla propria età ma, al contrario, riferisce di essere di pochi anni più grande o addirittura un coetaneo, così da facilitare l’apertura da parte della “vittima”.
Cerca di stabilire un legame di fiducia che induce quest’ultimo/a a confidare informazioni anche molto private, fino ad arrivare anche all’indirizzo dell’abitazione, il numero di telefono, la scuola che frequenta, ecc. Iniziano poi le richieste di confidenze sessuali, spesso precedute da dichiarazioni sentimentali, allo scopo di ottenere uno scambio di immagini sessuali e arrivare, almeno in alcuni casi, a un incontro vero e proprio, passando anche attraverso l’offerta di piccoli regali, che tendono a compiacere il minore e a farlo sentire in qualche modo “unico e speciale”. Il legame assume così caratteristiche di esclusività poiché il groomer fa di tutto per non essere scoperto e per fare in modo che nessuno dall’esterno possa disturbare l’intimità creata, rovinando ciò che ha duramente conquistato.
Un esempio lampante e di facile comprensione è il film Trust (2010), diretto da David Schwimmer. L’adolescente, figlia di una giovane coppia, viene lasciata libera di navigare in internet ma con determinate restrizioni imposte dal padre il quale pensa ingenuamente che tutto gli possa essere confidato. In realtà la ragazza conosce in chat un uomo che dice di essere di poco più grande di lei e comincia a conquistare la sua fiducia fino a che, in seguito allo scambio di numeri telefonici, si incontrano. Quando lo vede si rende conto che l’età dell’uomo non è quella effettiva ma continua a seguirlo, nonostante le sue titubanze, proprio perché nonostante tutto, si fida di lui, che la fa sentire “importante”, fino al tragico epilogo in cui, in una stanza d’albergo, lui abusa di lei, convincendola che sia una scelta consapevole di entrambi.
Negli ultimi anni i dati sull’adescamento online sono aumentati di gran lunga e una buona percentuale di adolescenti tra i 9 e i 16 anni è stata adescata in rete (il 30% di 25.000) o comunque ha ricevuto richiesta di contatto (EuKids, 2012). Nella maggior parte dei casi, da parte dei ragazzi non c’è una reale consapevolezza del rischio che corrono, soprattutto in virtù delle conseguenze psicologiche derivanti da un possibile abuso (sessuale e non) e/o dalla diffusione di materiale pedopornografico in rete. La stragrande maggioranza di loro concepisce il rapporto giovane/adulto come normale, poiché il groomer fa credere loro di riuscire a comprendere cose che gli adulti, tra cui i genitori, non riescono a fare. Ma l’aspetto deleterio è riferito al possibile trauma che, inconsapevolmente, si insinua nella loro vita con effetti anche sull’immagine personale da adulti.
La prima cosa da fare, se ciò dovesse accadere, che si consiglia è chiaramente parlarne con qualcuno: un compagno va benissimo (è meno giudicante e più simile), un adulto di riferimento, un professore o, se presente all’interno della scuola, con uno psicologo in modo tale da capire bene come comportarsi. Per quanto riguarda invece le situazioni in cui si sia già strutturata una situazione di adescamento, si consiglia ai genitori che ne vengono a conoscenza di rivolgersi immediatamente alla Polizia Postale e agli organi di competenza; contemporaneamente, si raccomanda di farsi aiutare da psicologi e psicoterapeuti che possano supportare i genitori, il nucleo familiare che inevitabilmente viene coinvolto e stravolto da un evento del genere, e soprattutto il minore, vittima dell’adescamento o dell’abuso vero e proprio.
I rischi per il minore, oltre a quelli immediatamente immaginabili nel breve periodo (vergogna sociale, umiliazione, perdita di fiducia nelle proprie capacità, paura, reazioni fisiche e psicologiche legate direttamente al trauma, ecc.), sono quelli legati all’immagine di sé che tenderà a costruire nella propria vita sentimentale e sessuale di adulto.
Senza voler demonizzare i social network e tutti quegli strumenti che, inevitabilmente, i nostri figli utilizzano ormai come veri e propri mezzi di socializzazione e conoscenza, è senza dubbio nostro dovere di educatori e adulti quello di “vigilare” e indirizzarli verso un corretto e sano utilizzo di questi, riadattando in chiave moderna il mantra che i nostri genitori ci proponevano ogni volta che uscivamo di casa: “non accettare caramelle dagli sconosciuti; non parlare con chi non conosci; se qualcuno ti dà noia, cambia strada; ecc.”.