Cos’è l’emozione?
La parola emozione deriva dal latino emotio, nome che a sua volta deriva dal verbo emovere. Questo rimanda a sua volta al muovere, spostare di posto, agitare o anche buttare fuori.
Un’emozione è qualcosa che ci muove, ci rimuove, ci agita, ci toglie dal luogo dove siamo. È uno stato mentale ma anche fisiologico che ci informa sul significato dell’esperienza che stiamo facendo e ci muove in una risposta utile alla “sopravvivenza”.
Le emozioni ci informano sui nostri bisogni, ci aiutano a considerare diverse alternative. Ci motivano a mettere in atto un cambiamento, ci indicano cosa vogliamo fare e ci aiutano a relazionarci con gli altri.
Molte emozioni generano una sensazione negativa e in questo modo ci proteggono (per esempio la rabbia ci spinge a litigare con chi ci fa del male, la paura a scappare da ciò che sentiamo come pericoloso). Altre si generano nelle situazioni sociali (ad esempio proviamo vergogna quando ci comportiamo in modo inappropriato rispetto agli altri). Altre ancora accompagnano quelli che percepiamo come momenti belli della nostra vita.
E se la protezione è prioritaria per la sopravvivenza, le sensazioni piacevoli ci dicono dove stiamo bene e dove dobbiamo restare.
Cosa facciamo con le nostre emozioni?
Senza le emozioni la nostra vita sarebbe priva di significato, spessore, ricchezza. Le emozioni ci comunicano i nostri bisogni, ci orientano, ci guidano.
Tuttavia molte persone non hanno una “buona relazione” con i propri vissuti emotivi: invece di “usarli” in modo costruttivo o tollerarli, si sentono incapaci, frustrate e spaventate perché li temono, perché li ritengono dannosi, limitanti, sbagliati o perché se ne sentono sopraffatti.
Ad esempio in molte persone che soffrono di disturbi di ansia il problema spesso non sta tanto nel fatto di provare ansia, quanto nella capacità di riconoscerla, accettarla, usarla in modo efficace e possibilmente continuare a funzionare anche in sua presenza.
Tutti noi sperimentiamo emozioni di varia natura e tentiamo di gestirle in modo più o meno consapevole e con metodi più o meno efficaci.
L’importanza della regolazione emotiva
Regolare le emozioni significa saper modificare in modo più o meno cosciente e intenzionale le componenti dell’esperienza emotiva.
Si tratta di un processo di ricerca di equilibrio che modera l’intensità delle emozioni per poterle mantenere entro un livello tollerabile e gestibile.
Questo lavoro di modulazione si muove su più piani, proprio per il fatto che l’emozione è un fenomeno multidimensionale che riguarda mente, corpo e comportamento nel mondo e con gli altri.
Allora regolarsi significa per esempio saper modulare l’attivazione corporea attraverso esercizi di rilassamento o attività fisica. Significa essere consapevoli dei propri pensieri e riuscire a renderli più equilibrati e realistici. Significa sapersi distrarre, saper mettere in atto procedure di problem solving; saper accettare se stessi e quello che accade. Significa saper chiedere aiuto agli altri in modo efficace.
La disregolazione emotiva corrisponde invece alla difficoltà di elaborare in modo efficace le proprie emozioni. Questo porta ad una loro eccessiva intensificazione o disattivazione, creando quindi vissuti “troppo caldi” o “troppo freddi”.
La disregolazione emotiva è spesso causa di patologia
Quando una persona vive una emozione come indesiderata, intrusiva o pericolosa tale emozione può intensificarsi. Si crea una spirale di esasperazione, panico, senso di sopraffazione e perdita di controllo.
All’estremo opposto, di fronte a situazioni e vissuti difficili, possono verificarsi fenomeni disattivazione dell’emozione. Si tratta di una possibilità di cui il nostro organismo è dotato per evitare quegli stessi vissuti difficili, attraverso un meccanismo di appiattimento affettivo e fenomeni di derealizzazione e depersonalizzazione.
Le difficoltà nella regolazione emotiva possono essere causa, sintomo e conseguenza della traumatizzazione. Sono quindi frequenti non solo come causa di patologia, ma rendono anche difficile la stessa elaborazione adattiva dell’informazione che tanto abbiamo bisogno di stimolare in terapia.
Le strategie di regolazione
Aldao, Nolen-Hoeksema e Schweizer (2010) delineano sei strategie fondamentali di regolazione emotiva: accettazione, risoluzione di problemi, evitamento, riformulazione, ruminazione e soppressione.
Alcune di queste strategie hanno un’influenza positiva: la riformulazione, la risoluzione dei problemi e l’accettazione.
L’allenamento alla risoluzione dei problemi è una componente importante delle terapie cognitivo comportamentali per diversi disturbi (Leahy, 2013).
Negli ultimi anni è stata posta anche l’enfasi anche sull’accettazione come meccanismo di regolazione adattivo, attraverso modelli di intervento basati sulla Mindfulness. Questa promuove la consapevolezza e appunto l’accettazione dello stato emotivo, eliminando tutto il giudizio e l’analisi, accettando il momento presente così come è.
L’uso dell’accettazione com estrategia regolatoria sembra connesso con migliori evoluzioni in terapia (Hayes, 2012).
Le strategie di regolazione disfunzionali ci fanno rimanere bloccati nel malessere
Altre sono invece strategie disadattive e la loro presenza porta un’ influenza negativa: l’evitamento, la soppressione e soprattutto la ruminazione.
Evitamento
Molti autori hanno esplorato i meccanismi di evitamento e la maggior parte si è concentrata sull’evitamento comportamentale (cioè di luoghi o situazioni).
Ma quando per esempio una persona con ansia evita i luoghi in cui sono avvenute le crisi, tende internamente ad evitare l’ansia stessa. Ciò che davvero evita non è quel luogo ma la sensazione che ha quando va in quel luogo.
Per evitare le emozioni spiacevoli una persona può evitare anche di guardarsi dentro, di parlare o pensare alle situazioni spiacevoli, di essere in contatto con se stesso.
Tale evitamento può essere intenzionale o anche automatico, involontario ed è necessario renderlo consapevole e identificabile per poterlo modificare.
Senza contatto con l’esperienza non è possibile una elaborazione efficace e adattiva e i vissuti evitati tendono ad amplificarsi nel tempo, creando o mantenendo il disagio psicologico.
Soppressione e controllo
Quando una persona evita in modo intenzionale una emozione spiacevole si può parlare di meccanismi di soppressione e controllo.
Le persone con tendenza alla soppressione tendono a negare che certe esperienze le tocchino, anche se è evidente il contrario. Oppure dicono a se stesse che non c’è ragione per sentirsi come si sentono cercando così sminuire, invalidare e eliminare tali sensazioni.
Ruminazione
La ruminazione è un forma di iperfocalizzazione in cui la persona pensa in modo ricorrente e ripetivo alle proprie preoccupazioni, ai problemi e agli eventi passati che non possono essere modificati (Nolen –Hoeksema, 2000).
Alcune persone quando stanno male infatti si chiedono continuamente “Come posso stare così?” , “Cosa può essere successo?”.
Mettono in atto una modalità di pensiero negativo ripetitivo che gira continuamente, in modo sterile, intorno a cosa sta succedendo o a cosa è successo in passato.
Credono di stare provando realmente a capire cosa succede, per risolvere i dubbi e il malessere.
In realtà, invece che essere efficaci nell’osservazione di sé, stanno solo torturandosi e facendosi pressione per stare bene. Evitando però una reale comprensione delle emozioni che si muovono.
Le emozioni negative non vengono accettate e la persona si chiede di continuare a funzionare come sempre; si colpevolizza di non riuscire a stare bene, i pensieri negativi verso di sé e il senso di colpa si amplificano, alimentando il malessere e facendolo durare più a lungo.
Rimuginio
Il rimuginio è la tendenza ad angosciarsi sulla possibilità di ciò che di brutto potrebbe succedere in futuro.
La persona che rimugina quando sente muovere incertezza, ansia o malessere inizia a preoccuparsi, ad immaginare quali potrebbero essere gli scenari futuri negativi, chiedendosi come potrebbe affrontarli.
Ed è proprio attraverso il rimuginio che crede di poter trovare una soluzione o prepararsi al peggio. Quindi pensa di fare qualcosa di utile per tenere il controllo, proteggersi, prepararsi, evitare che i propri timori si realizzino.
Il risultato del rimuginio è invece, come per la ruminazione, una spirale di pensieri e inevitabilmente emozioni ancora più negative e perduranti.
Le emozioni e la loro regolazione come protagoniste del lavoro psicologico
I clinici sanno che una delle esperienze più problematiche per i pazienti è la sensazione di essere sopraffatti dalle emozioni.
Alcuni, non sapendo regolarne l’intensità, usano delle strategie di coping maladattive.
Abuso di alcol o sostanze, abbuffate, rimuginio, ruminazione, evitamento di situazioni che potrebbero far emergere emozioni problematiche, colpevolizzazioni, ecc.
Sono tutti modi in cui le persone a volte cercano di regolare i propri stati d’animo.
Le emozioni sono protagoniste principali nel lavoro psicologico, sia per il loro ruolo nell’insorgenza e nel mantenimento dei disturbi psichici, sia per le modalità di intervento su di esse in psicoterapia.
Non di rado quindi è importante se non necessario aiutare la persona a riconoscere tali meccanismi, la loro solo ipotetica utilità e il loro reale ruolo problematico.
Insegnare una regolazione emozionale efficace è la condizione necessaria per un lavoro sugli schemi cognitivi, comportamentali ed emotivi nel lavoro terapeutico.
Bibliografia
- Aldao, Nolen-Hoeksema e Schweizer (2010). Emotion regulation strategies across psychopathology: A meta – analityc review. Clinical Psychology Review, 30(2), 217-237.
- Gonzalez, A. (2021). EMDR ed elaborazione emotiva. Lavorando con pazienti con grave disregolazione. Mimesis Ed.
- Leahy, Tirch, Napolitano. La regolazione delle emozioni in psicoterapia. Eclipsi, 2013
- Nolen –Hoeksema, S. (2000). The role of rumination in depressive disorders and mixed anxiety/depressive symptoms. Journal of Abnormal Psychology, 116 (1), 198-207.