Fibromialgia: la malattia invisibile
Esiste una patologia assai difficile da comprendere, detta Fibromialgia, oggetto da alcuni decenni di un grande dibattito diagnostico. Il sintomo principale con cui si manifesta è una condizione di dolore cronico, persistente ed estremamente invalidante, che interessa i muscoli e le articolazioni.
Il dolore, presente quasi costantemente, viene definito diffuso, perché può interessare tutto il corpo, e generalizzato, perché può estendersi su entrambi i lati, includere la colonna vertebrale e manifestarsi sia nella parte superiore che inferiore.
La particolarità di questa condizione è la mancanza di una causa organica riconosciuta: all’esame obiettivo e ai controlli radiologici e di laboratorio non si riscontrano, infatti, alterazioni significative.
Si tratta perciò di una patologia a eziologia sconosciuta, non riconducibile a evidenze mediche empiriche. Questa particolarità ha suscitato nel corso del tempo molti dubbi e perplessità da parte dei medici circa la reale presenza di malattia, alimentando nei pazienti la sensazione di non essere creduti. Ciò ha favorito vissuti di rabbia, frustrazione, impotenza e senso di colpa.
Per molto tempo si è parlato di malattia invisibile e i pazienti che ne soffrivano sono stati etichettati come “esagerati”, “in cerca di attenzioni” o “malati immaginari”.
Definizione della sindrome fibromialgica
Poiché il dolore interessa principalmente l’apparato muscolo-scheletrico e le strutture connettivali fibrose, cioè i legamenti e i tendini, tale condizione viene oggi definita “sindrome fibromialgica” (SFM) o fibromialgia (FM). E’ stata abbandonata già dagli anni ’40 l’espressione originaria di fibrosite, che ipotizzava come causa del dolore la presenza di processi infiammatori, in seguito non riconosciuti.
Esclusa la presenza di infiammazione, nel 1992 l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha inserito la fibromialgia nel sistema di classificazione delle malattie (ICD-10) ed è considerata oggi una condizione di dolore cronico primario.
L’espressione “primario” sta proprio ad indicare il fatto che il dolore non è considerato secondario ad altre patologie, ma rappresenta esso stesso l’aspetto centrale della malattia.
Il dolore può essere cronico oppure avere un andamento remittente recidivante, che tende cioè ad andare incontro a momenti di miglioramento per poi registrare delle recidive, peggiorando al variare di alcuni momenti della giornata in funzione dei livelli di attività, dei ritmi del sonno, delle condizioni atmosferiche e soprattutto dello stress.
Criteri diagnostici e sintomi iniziali della fibromialgia
Un aspetto molto dibattuto nel corso del tempo riguarda la formulazione della diagnosi di fibromialgia.
Poiché per molti anni sono stati i reumatologi ad occuparsi dello studio e della cura della sindrome fibromialgica, i criteri diagnostici più frequentemente utilizzati sono quelli proposti dall’American College of Rheumatology (ACR), rivisitati più volte nel corso del tempo.
In un primo momento il criterio centrale era caratterizzato dalla presenza di dolore muscolo-scheletrico in assenza di anomalie riscontrabili agli esami di laboratorio e nei reperti radiografici.
Dagli anni ’90 ha assunto rilevanza diagnostica centrale il dolore associato ad alcune zone specifiche, chiamate “punti di dolorabilità” o tender points (TPs). Per diagnosticare la fibromialgia, in assenza di una valutazione obiettiva di segni clinici visibili (quali ad esempio arrossamento o gonfiore delle articolazioni) il medico doveva riscontrare, tramite digitopressione, un certo grado di dolorabilità e sensibilità in almeno 11 TPs su 18, presente da almeno tre mesi.
Nel corso del tempo è stata mesa in discussione l’utilità della diagnosi basata sui TPs perché non si trovava un accordo circa il numero esatto e la localizzazione anatomica degli stessi, nonché la validità della strumentazione utilizzata per valutare il grado di dolorabilità.
Inoltre, benché il dolore rappresenti il sintomo principale della fibromialgia, sono emerse numerose altre manifestazioni somatiche presenti in questa sindrome, che assumono spesso una rilevanza centrale. Prima tra tutte una sensazione di costante stanchezza, affaticamento e mancanza di energia, unita alla presenza di un sonno non ristoratore (Russel e Raphael, 2008).
Ulteriore manifestazione sintomatologica riguarda un generale disturbo cognitivo che prende forma come difficoltà di concentrazione e attenzione, perdita di memoria e scadimento della performance linguistica, in particolare difficoltà nel ricordare parole o nomi. Gli esperti parlano di fibro-fog, proprio per indicare lo stato di annebbiamento mentale riferito da alcuni pazienti fibromialgici.
La malattia dei cento sintomi
Insieme al dolore, alla sensazione di stanchezza e affaticamento e alla fibrofog, la fibromialgia può manifestarsi con una serie di sintomi anche molto diversi da loro, tanto da essere stata definita la “malattia dei cento sintomi”.
Tra questi, ricordiamo:
- cefalea e dolore facciale
- rigidità al risveglio o dopo periodi di prolungata immobilità
- alterazioni della motilità agli altri inferiori e alterazione dell’equilibrio
- sensazione di gonfiore
- parestesie e formicolii localizzati agli arti, alle mani o al tronco
- alterazioni visive come annebbiamenti o difficoltà nella messa a fuoco
- sintomi pseudo-allergici
- disturbi gastrointestinali
- disturbi genito-urinari
L’intensità dei sintomi varia da persona a persona e, nel medesimo soggetto, anche da un giorno all’altro, peggiorando, ad esempio, nelle giornate fredde, umide e piovose e migliorando con il calore.
La diagnosi clinica di fibromialgia
Abbandonato l’utilizzo dei tender points, i nuovi criteri diagnostici si basano quindi su una accurata indagine anamnestica da parte del medico e l’utilizzo di scale che permettono di valutare in ciascun paziente sia l’intensità del dolore, attraverso l’indice di dolore diffuso (Widspread Pain Index, WPI), sia la gravità di altre manifestazioni cliniche caratteristiche associate alla fibromialgia, attraverso la scala di gravità dei sintomi (Sympton Severity Scale).
Gli ultimi criteri diagnostici pubblicati dall’American College of Rheumatology, nelle revisioni del 2010/2011 e del 2016, e, successivamente, i criteri presentati nel 2018 dall’ACTTION (un ente privato americano che collabora con la Food and Drug Administration) in associazione con la American Pain Society, si basano su tre punti specifici (Arnold, et al., 2018):
- Indice di dolore diffuso (WPI ≥7) e scala di severità dei sintomi (SS ≥9)
- Dolore generalizzato presente in almeno 4 delle 5 aree definite topograficamente
- I sintomi devono essere presente da almeno 3 mesi
Implicazioni psicologiche
Soffrire di fibromialgia significa convivere con una condizione fisica e psicologica invalidante, che porta ad una notevole compromissione della qualità della vita.
Il dolore persistente e la sensazione di affaticamento cronico costringono molte persone a modificare le loro abitudini, da un punto di vista lavorativo e sociale.
L’assenza di biomarcatori che possano certificare la presenza di alterazioni su base organica, come già accennato, ha portato per molti anni a reazioni di dubbio e scetticismo da parte non solo della comunità medica, ma anche della popolazione generale, alimentando nei pazienti vissuti di inadeguatezza, senso di colpa, frustrazione, isolamento e rabbia per non essere “creduti” o essere ritenuti semplicemente “indolenti”.
L’insieme di questi fattori può incidere notevolmente sul benessere psicologico e in particolare sul tono dell’umore, contribuendo all’aumento dello stress e all’insorgenza di disturbi depressivi e ansiosi, che a loro volta esacerbano la sintomatologia.
A complicare ulteriormente il quadro, esiste anche una questione di natura politico-sanitaria, ancora non risolta, ovvero la mancanza di un riconoscimento ufficiale della fibromialgia come malattia invalidante.
Nonostante ne soffra il 2-3% della popolazione italiana (prevalentemente donne, con un rapporto di 9:1), la fibromialgia non è ancora stata inserita nei cosiddetti LEA, Livelli Essenziali di Assistenza. Manca quindi anche di un Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale, anche se l’avanzamento del processo di riconoscimento varia in realtà da regione a ragione.
Perché si sviluppa la fibromialgia? Il modello bio-psico-sociale
Rispondere a questa domanda è impossibile rimanendo all’interno del classico modello bio-medico secondo cui, alla base di ogni malattia, è possibile accertare una causa biologica primaria e oggettivamente identificabile.
È necessario aprirsi ad una cornice di riferimento più complessa e integrata, denominata modello bio-psico-sociale. In base a questo approccio viene evidenziato il ruolo di diversi fattori che contribuiscono sia al determinarsi di una condizione di malattia, sia al suo mantenimento.
Fattori organici
I fattori biologici predisponenti la fibromialgia potrebbero interessare polimorfismi genetici legati al sistema serotoninergico e catecolaminergico.
È stata ipotizzata, inoltre, la presenza di un’anomala amplificazione dell’input sensoriale a livello del sistema nervoso centrale che genera iperalgesia, cioè alta sensibilità e ridotta soglia del dolore. Questo, unito ad un deficit nel meccanismo di inibizione del controllo del dolore, contribuirebbe al fenomeno per il quale uno stimolo innocuo viene percepito come doloroso.
Altre variabili biologiche possono talvolta rappresentare un fattore di innesco per individui che sono predisposti, attraverso ad esempio infezioni virali, traumi fisici o interventi chirurgici.
Fattori psicologici
Le variabili psicologiche implicate riguardano principalmente lo stile cognitivo con cui la persona affronta la condizione di malattia e hanno una funzione determinante nel mantenimento della problematica.
Assumono un significato centrale le attribuzioni di significato circa l’esperienza dolorosa, come ad esempio le credenze circa la possibilità di controllo del dolore e la necessaria padronanza su di esso, l’amplificazione dell’impatto che questo ha nelle attività quotidiane, l’attenzione selettiva che mantiene costantemente il focus sulle sensazioni fisiche e la continua ruminazione, cioè l’incapacità di distaccarsi dal pensiero del dolore.
A queste si aggiungono le strategie di coping disfunzionale, quale ad esempio l’evitamento e l’abbandono di attività prima fonte di soddisfazione e l’adozione di comportamenti protettivi come l’assunzione di analgesici, anche preventivamente.
Lo stress rappresenta una variabile sia precipitante che di mantenimento: oltre al peggioramento dei sintomi in concomitanza di eventi stressanti, è stata riscontrata un’associazione tra la diagnosi di fibromialgia e un evento di vita stressante precedente la diagnosi.
Fattori sociali
I pazienti fibromialgici presentano frequentemente una storia di vita caratterizzata da eventi negativi, anche di natura traumatica. Tra i fattori predisponenti riveste molta importanza lo stile di vita, come ad esempio l’inattività e cattive abitudini alimentari.
L’ambiente socioculturale assume un ruolo fondamentale nel mantenimento del problema.
Un atteggiamento invalidante e non comprensivo alimenta nel paziente vissuti di solitudine e frustrazione; tuttavia anche deresponsabilizzare il paziente rispetto ai propri impegni, sostituirsi a lui o dedicargli continue attenzioni può contribuire a mantenere il problema, relegando la persona al ruolo di malato.
Solo indagando la presenza di fattori bio-psico-sociali predisponenti, precipitanti e di mantenimento, e la loro combinazione e interazione reciproca, si può avere il quadro più esaustivo possibile dell’esperienza del paziente.
Come intervenire: le cure della fibromialgia
Tenuto conto della complessità della condizione e delle variabili in essa implicate, il trattamento deve necessariamente contemplare un approccio integrato, in cui la componente primaria è data dall’educazione del paziente, al fine di aumentare la sua consapevolezza e la compliance al trattamento, con la possibilità di coinvolgere anche i familiari.
Trattandosi di una malattia cronica, l’intervento non potrà essere finalizzato alla cura e risoluzione della sintomatologia, bensì al miglioramento della qualità della vita e ad una più consapevole accettazione della propria condizione.
Un intervento cruciale è fornito sicuramente dalla terapia fisica, che prevede una serie di esercizi fisici adattati e individualizzati, e dall’adozione di un corretto stile di vita, con l’introduzione di abitudini salutari legati al sonno, all’alimentazione e ai livelli di attività in generale.
Talvolta, dopo un’accurata valutazione medica, può rivelarsi necessaria anche una terapia farmacologica.
Nella maggior parte dei casi risulta fondamentale un intervento di psicoterapia, in particolare di tipo cognitivo-comportamentale, non solo per trattare gli aspetti emotivi legati ad un disturbo psicologico conclamato, ma anche per potenziare tutte quelle risorse che possono rendere la vita di un paziente fibromialgico più soddisfacente.
Gli interventi di psicoterapia cognitivo-comportamentale e di skills training possono efficacemente incidere sullo stile cognitivo, rendendolo più flessibile ed elastico, così come sulle risorse di coping.
Vengono inoltre insegnate pratiche di meditazione e rilassamento per ridurre la tensione muscolare e la tendenza alla ruminazione e viene favorito uno approccio di problem solving funzionale, prestando attenzione anche a tutti quegli aspetti di natura relazionale, come il coinvolgimento sociale e l’adozione di uno stile comunicativo assertivo.
Bibliografia
- Arnold L. M. et al. (2018). AAPT Diagnostic Criteria for Fibromyalgia. Journal of Pain, 20(6), 611- 628.
- Conversano, C., & Marchi, L. (2017). Vivere con la fibromialgia. Strategie psicologiche per affrontare il dolore cronico. Trento: Erickson.
- Russel, I. J., & Raphael, G. K. (2008). Fibromyalgiasyndrome: presentation, diagnosis, differentialdiagnosis, and vulnerability. CNS Specrtum, 13(3), 6-11.
- Sito dell’Associazione Italiana Sindrome Fibromialgica Onlus: www.sindromefibromialgica.it
- Sito Osservatorio Malattie Rare: https://www.osservatoriomalattierare.it/il-progetto
- Tenti, M. (2022, 15 dicembre). Conosci la fibromialgia?In Il podcast di State Of Mind. Il giornale delle scienze psicologiche. https://www.stateofmind.it/2023/01/fibromialgia-podcast/