Circa l’8-12% delle coppie (65-80.000 coppie) presenta difficoltà nel concepire naturalmente e le tecniche di fecondazione assistita rappresentano una strada sempre maggiormente percorsa.
Affrontare l’impossibilità di avere figli significa sperimentare diversi problemi a livello psicologico e sessuologico: la diagnosi d’infertilità, l’insuccesso delle terapie, i continui fallimenti nel concepire e l’impossibilità di ricoprire il ruolo di genitori hanno un impatto negativo sulla relazione di coppia.
E’ quindi necessario un approccio integrato per poter accogliere la coppia ed aiutarla ad affrontare le problematiche organiche, psicologiche e sessuali che scaturiscono dalla condizione d’infertilità e dagli eventuali trattamenti di procreazione medicalmente assistita (PMA).
E’ però molto frequente che gli specialisti della Medicina della Riproduzione concentrino il counselling alle coppie sui dati tecnici ed operativi, senza soffermarsi sugli aspetti psicologici per mancanza di preparazione, tempo e mezzi. La figura dello psicologo e del consulente in sessuologia diventano pertanto fondamentali nel percorso d’aiuto di queste coppie.
Una coppia che inizia una terapia per sottoporsi ad una tecnica di fecondazione assistita entra, prima che in uno spazio tecnico medico, in uno spazio emotivo in cui si sente diversa, menomata rispetto a un mondo così detto “normale”.
Rabbia, paura, vergogna, disperazione, invidia, impotenza emergono già al momento della diagnosi, ma queste emozioni si acuiscono durante l’iter terapeutico, al momento dell’attesa degli esiti o del fallimento della tecnica alla quale sono stati sottoposti.
Il centro di PMA, al quale si sono affidati, diventa il contenimento protettivo della coppia a cui delegare la speranza della soluzione del loro problema. La maggior parte delle coppie che ricevono una diagnosi di infertilità sembra reagire rinforzando il legame affettivo che li unisce, attivandoli nella prospettiva di superare, insieme, il problema.
Invece, in un limitato numero di coppie, il cui legame affettivo sembra essere già caratterizzato da una certa instabilità, la comunicazione della diagnosi di infertilità, potrebbe aumentare l’espressione di conflitti relazionali prima “ignorati” o in qualche modo contenuti.
Dal punto di vista della donna, manifestare difficoltà procreative significa sentirsi con minor valore. Spesso questa finisce per isolarsi dal “mondo fertile”; a volte il dolore provato si può trasformare in rabbia. Le donne dovrebbero essere aiutate ad accettare e affrontare queste loro emozioni che costituiscono una componente normale della loro condizione di sterilità.
Un sentimento molto comune è il senso di colpa che spesso porta ad autocommiserazione del tipo “se solo non avessi preso la pillola o non avessi aspettato così tanto ecc.”.
Quando nella diagnosi medica viene individuato un fattore maschile come causa di sterilità, le donne scoprono che è più difficile da spiegare agli estranei e più umiliante per il compagno. Alcune donne proteggono i mariti definendo la sterilità come problema della coppia. In altri casi, le donne se ne assumono addirittura la completa responsabilità.
Nell’uomo, al momento della comunicazione della diagnosi di sterilità da parte del medico, la prima sensazione può essere di shock e incredulità. Poi può esplodere il rifiuto della diagnosi.
Per alcuni uomini questo può significare perdere per la prima volta il controllo sulla propria vita. Certi uomini possono concentrarsi sul lavoro: l’improduttività in un campo viene compensata dalla superproduttività in un altro.
Quando, a seguito di una diagnosi di infertilità la coppia decide di intraprendere un percorso di fecondazione assistita, la sua riservatezza, anche se solo momentaneamente, verrà inevitabilmente violata dal fatto di trovarsi in un luogo pubblico (il centro medico), dinanzi alla presenza di persone estranee (gli operatori sanitari del centro), per affrontare un intervento intrusivo da parte di un terzo (il medico ginecologo).
L’impatto psicologico dell’infertilità comporta un grande stress per entrambi i membri della coppia e per la loro relazione e i momenti maggiormente stressanti sono il prelievo ovocitario e il trasferimento degli embrioni (è l’incertezza del risultato che li rende stressanti) ma sono soprattutto evidenti tali reazioni psicologiche dopo il fallimento del trattamento.
In tal senso, anche il supporto psicologico deve essere ritenuto di pari importanza dell’intervento medico e esteso a tutte quelle coppie che entrano nei programmi di fecondazione assistita, prima durante e dopo il trattamento.
Nonostante un così grande numero di coppie che accedono ai centri di PMA, però, la sterilità resta un problema che la coppia vive con solitudine. Un tempo era più tragico e insieme più semplice, almeno in apparenza. Ci si rassegnava. Se ne dava automaticamente la colpa alle donne. Oggi è diventato un problema da condividere nella coppia.
Nella donna la ferita narcisistica sembra più legarsi all’impossibilità di vivere nel corpo una esperienza materna (si vive con un corpo non funzionante), mentre nel maschio ciò che viene in qualche modo colpito va al di là della paternità ed è più legato alla sessualità: la virilità e la mascolinità.
Infatti se si passa a considerare la sessualità di una coppia che si sottopone a trattamenti di fecondazione assistita, non vi sono dubbi che l’inizio di un tale percorso possa incidere sulla vita sessuale libera della coppia.
Le attuali tecniche di PMA hanno reso possibile la riproduzione senza il rapporto sessuale. Il legame tra infertilità e sessualità è estremamente complesso e bidirezionale e rappresenta, purtroppo, una tematica poco approfondita nell’ambito dei percorsi di PMA.
La sterilità può infatti portare a problemi sessuali soprattutto per il “sesso a richiesta”, vincolato alla ricerca del figlio desiderato. Le disfunzioni sessuali sono più frequenti quando la diagnosi è di infertilità maschile e infatti spesso si verificano difficoltà sessuali nell’uomo perché il sesso può essere confuso con la riproduzione.
Le disfunzioni sessuali maschili legate all’infertilità sono la diminuzione della libido, la prematura e la ritardata eiaculazione, le disfunzioni erettili e la riduzione dei rapporti sessuali, in quanto l’attività sessuale diventa in questi casi solo ed esclusivamente mirata alla procreazione.
La programmazione dei rapporti sessuali finisce per condizionare negativamente anche il piacere sessuale nella coppia (“lo sciopero del piacere”). La sessualità perde la sua vitalità spontanea e ci si riduce ad un rapporto sessuale che viene ricercato in un momento preciso, il giorno fecondo al di là delle condizioni e del desiderio dei due partner. I partner invece dovrebbero impegnarsi a mantenere il lato romantico della relazione.
C’è spesso una sensazione di impotenza nella lotta contro la sterilità; noi invece siamo cresciuti in una società in cui si è portati a credere che sia possibile ottenere quasi tutto quello che si vuole a condizione di lavorare sodo.
Al contrario, durante i 12-14 giorni successivi al trasferimento degli embrioni (ad esempio nella fecondazione in vitro), per entrambi i membri della coppia, non c’è praticamente nulla da fare per migliorare la probabilità di gravidanza (fase di vita sospesa).
I sentimenti della coppia nel percorso di fecondazione assistita possono oscillare tra la speranza e la disperazione: l’ovulazione rinnova quella speranza di fertilità che ogni mestruazione trasforma poi in delusione.
Nel momento dell’attesa dei risultati le donne interrogano il proprio corpo, alla ricerca di segnali precoci di successo o di fallimento con richiesta di continue rassicurazioni al proprio medico.
Dopo un fallimento del ciclo di trattamento di PMA la donna potrebbe avere un’esperienza di perdita psicologica sotto certi aspetti simile a quella dell’aborto o del lutto per una persona cara.
Il decorso del dolore in questo caso però può essere difficile perché non esistono rituali sociali per perdite di questo tipo. La mancata gravidanza provocherebbe, specialmente nelle donne (perché esiste ancora un forte legame tra identità femminile e capacità riproduttiva) sentimenti di depressione e tristezza.
Inoltre non bisogna dimenticare che la pressione sociale ad avere figli è ancora molto forte nei confronti di una coppia sposata o convivente. Spesso il senso di impotenza e di fallimento prevale e si manifesta in domande quali “perché proprio a me?”. La conseguenza di questi vissuti è la tendenza ad allontanarsi dagli altri, percepiti spesso come più felici e più fortunati. La vita è un fallimento solo perché non c’è il figlio.
La gravidanza assume il carattere di buon oggetto riparatore alla sua menomazione, diventa ciò che può ridarle la sensazione di utilità e valore. Anche di fronte ad un esito positivo del trattamento i nove mesi di gravidanza si caricano di tensioni e significati particolari (per tutte le prove superate e le delusioni subite) e spesso la coppia richiede continui controlli e visite mediche per ricevere rassicurazioni sulla gravidanza in atto e ridurre le sue ansie.
Se ne può facilmente dedurre che la problematica della sterilità potrebbe essere più efficacemente affrontata, in un’ottica di prevenzione, se lo psicologo intervenisse abbastanza precocemente, cioè almeno nel momento in cui alla coppia viene comunicata la diagnosi di infertilità.
E’ importante parlare con la coppia più di una volta perché quando una persona è sotto stress ascolta solo una piccola parte di quanto le viene detto e occorre perciò darle il tempo sufficiente e magari anche una informazione scritta.
Tra i compiti di uno psicologo in un centro di PMA ci dovrebbe essere quello di identificare i casi a rischio per capire a chi rivolgere il proprio supporto e per individuare il tipo di intervento più appropriato per la specifica situazione.
Prima di sottoporsi ai vari trattamenti, la coppia andrebbe psicologicamente aiutata su più fronti. In primo luogo sarebbe opportuno consentire la possibilità di esternare i vissuti, le emozioni legate alla propria percezione della condizione di sterilità. Quindi capire insieme alla coppia cosa significa per loro e per le loro relazioni (familiari, amici, ecc) avere difficoltà procreative.
La coppia andrebbe anche aiutata ad elaborare il significato del loro progetto genitoriale (cosa significa per loro avere un figlio) e ridurre le loro aspettative spesso fantasmatiche sul bambino tanto desiderato. La coppia andrebbe anche preparata ad affrontare la procedura sul piano della realtà.
In molti casi l’iter terapeutico viene sottovalutato e viene dato per scontato che il ciclo arrivi al termine delle sue fasi. Nella realtà una prematura sospensione del ciclo è una eventualità da tenere in debita considerazione.
Il counseling psicologico consentirebbe di valutare la gestione dello stress della coppia, i loro conflitti e le loro risorse. La coppia andrebbe “accompagnata” durante tutto il ciclo e fino all’esito finale (anche nel caso di una eventuale gravidanza) in tal modo si avrebbe la possibilità di intervenire immediatamente dopo un eventuale fallimento della tecnica, consentendo di elaborare, il più precocemente possibile, la delusione per la nuova perdita.
Un supporto psicologico inoltre può facilitare l’elaborazione del lutto e far prendere in considerazione, per esempio dopo ripetuti fallimenti, la possibilità di ricercare nuove alternative (es.: adozione o una vita senza figli).
In questo momento però la grande possibilità di scelta delle tecniche si trasforma allora in una riduzione delle scelte perché bisogna scegliere di smettere (dire basta è difficile perché ci si sente in colpa ad abbandonare i propri sogni e progetti su cui si era riposto tutta la speranza).
In questi momenti lo psicologo dovrebbe aiutare la coppia a capire che a volte ricercare un figlio ad ogni costo non serve ad ottenere un successo e che a volte il successo prende forme diverse (come lasciarsi aperte ad altre opzioni).
Purtroppo portare a termine un ciclo di trattamento di fecondazione assistita non è sempre facile e, come dimostrano le statistiche, il successo non può essere garantito. Persino quelle coppie che hanno ottenuto la gravidanza possono ancora provare l’amara delusione di un aborto.
In tutti questi casi è certamente necessario un sostegno psicologico che affianchi il lavoro medico-biologico. Il medico non può essere lasciato solo di fronte alla complessità della problematica. La collaborazione tra medici e psicologi può essere anche d’aiuto per incoraggiare le coppie a parlare delle proprie problematiche sessuali che si riscontrano in molte relazioni, ma a cui non viene dato sufficientemente spazio.
E’ però importante non dare per scontato che la coppia infertile abbia bisogno di un supporto psicologico da parte di esperti, tutt’al più consigliare questa ulteriore opportunità, lasciando aperta la possibilità di scelta: molte coppie altrimenti potrebbero sentirsi diverse, giudicate o costrette a passare attraverso questa fase senza volerlo e questo creerebbe loro ulteriore stress.