Significato e origine del termine
Quando siamo completamente immersi in un’attività piacevole, stimolante e gratificante, tanto da perdere coscienza di noi stessi, del tempo e dello spazio intorno a noi, stiamo sperimentando un particolare stato mentale, emotivo e psicologico, denominato flow.
Tale concetto è stato identificato e approfondito dallo psicologo ungherese Csikszentmihalyi (1990). Questi fu colpito dall’osservare alcuni artisti che, durante la produzione della loro opera d’arte, si mostravano talmente assorti dal compito da non percepire alcuna sensazione esterna o interna ad essi, quale ad esempio la fame, la sete o la stanchezza.
Il flow è uno stato di coscienza in cui mente e corpo sono in perfetta armonia, tutto scorre con naturalezza e la persona si trova ad agire come “dentro ad un flusso” (flow= flusso). Sperimenta gratificazione, creatività e positività.
In lingua inglese viene tradotto anche con l’espressione “being in the zone” (= essere nella zona), per sottolineare l’immersione in uno spazio quasi metafisico. Tale stato mentale è stato riscontrato nel campo dell’arte, dello sport (si parla in questo caso di trance agonistica), della musica (essere in the groove), ma anche all’interno di esperienze ordinarie di lavoro, passioni o hobby.
Felicità tra filosofia e psicologia
Lo studio della condizione di felicità esperita dagli esseri umani ha origini molto antiche.
Il filosofo Aristotele provò a descrivere questo stato d’animo secondo due diverse prospettive: quella edonica e quella eudaimonica.
La prospettiva edonica presuppone la contemporanea presenza di emozioni positive e assenza di emozioni negative, in un’ottica di massimizzazione del piacere e minimizzazione del dolore. In questo senso ha un ruolo chiave il concetto di felicità statica ed istantanea.
La prospettiva eudaimonica, invece, si basa sul concetto di benessere psicologico, inteso come stato mentale più stabile, profondo e duraturo. In linea con il processo di crescita personale e auto-realizzazione che porta l’individuo ad esprimere il proprio potenziale (Disabato et al., 2016).
Gli studi sul benessere
Anche gli studi psicologici sul benessere possono essere suddivisi secondo un modello edonico o eudaimonico.
I primi intendono la felicità come esperienza soggettiva di piacere e soddisfazione, basata sulla presenza di umore positivo e sull’assenza di umore negativo, influenzata da eventi esterni e di breve durata (Fordyce, 2000).
I secondi sono centrati sul benessere come espressione della massima potenzialità dell’essere umano e intendono la felicità come fioritura delle qualità individuali (Ryff e Keyes, 1995).
In una prospettiva di integrazione tra i due paradigmi si sviluppa il più ampio modello della psicologia positiva, centrato sullo studio e sullo sviluppo del funzionamento ottimale della persona.
È proprio all’interno di questa cornice di riferimento che si collocano le teorizzazioni di Csikszentmihalyi basate sul concetto di flow: quando si arriva a sentire di avere uno scopo da perseguire, allora la nostra vita si carica di significato e possiamo sperimentare stati di felicità e benessere che vanno oltre le contingenze esterne.
Equilibrio tra task e skills
Secondo Csikszentmihalyi, per sperimentare lo stato di flow è necessaria la giusta combinazione tra due variabili: il senso di sfida e la percezione delle proprie competenze personali.
L’Autore sintetizza il suo modello attraverso una rappresentazione grafica, in cui sull’asse delle ascisse viene riportato il livello di abilità (abilities) e su quella delle ordinate il livello di sfida (challenges).
Come si osserva dalla figura, lo stato di flow si attiva quando la persona percepisce alti livelli di sfida uniti ad alti livelli di competenze personali.
Csikszentmihalyi’s Flow Model (1975)
Livelli di sfida
Quando il livello di sfida percepito è alto e quello delle proprie risorse è basso, la persona sperimenta uno stato di ansia e stress che può trasformarsi in uno stato di attivazione e allerta focalizzata (arousal) mano a mano che aumenta la percezione di competenza (parte superiore del grafico). In questo caso la persona è attivata e stimolata, ma non appagata.
Nel caso in cui, al contrario, il livello di sfida percepito sia basso, la persona sperimenta stati diversi a seconda del livello di competenze a disposizione. Passa dall’apatia, attraverso la noia, fino alla sensazione di relax, in cui ci si sente sufficientemente confident ma, di nuovo, non soddisfatti (parte inferiore del grafico).
La combinazione vincente per sperimentare il flow sembra dunque quella in cui il compito risulti sufficientemente stimolante insieme alla consapevolezza che le proprie competenze personali siano adeguate al raggiungimento dell’obiettivo.
Benefici dell’essere in flow
È stato dimostrato come operare in uno stato di flow produca grandi benefici, primo tra tutti l’intensa sensazione di appagamento e soddisfazione personale, che portano ad un aumento dell’autostima e della sensazione di realizzazione.
Produttività
In aggiunta, sono stati riscontrati vantaggi anche in termini di rendimento: secondo uno studio longitudinale condotto da Craston e Keller (2013) i manager aziendali che hanno lavorato in uno stato di flow hanno aumentato la loro produttività del 5% in più rispetto alla media.
Creatitivà
Sembrerebbe migliorare anche il processo della creatività. È stato osservato che durante lo stato di flow il nostro cervello funziona in maniera diversa rispetto al normale stato di coscienza associato alla condizione di veglia.
Nello specifico, le onde cerebrali si spostano da frequenze più alte (onde gamma e beta) a frequenze più basse (alpha e theta): la nostra mente è dunque più rilassata e libera di spaziare da un’associazione di pensiero all’altra, le idee si combinano in modo nuovo e originale, stimolando il pensiero laterale, capace di generare soluzioni alternative ai problemi.
Problem solving
Inoltre, il cervello viene esposto a grandi quantità di dopamina, endorfine, serotonina e noradrenalina, sostanze responsabili dell’aumento delle nostre prestazioni, che vanno ad incrementare la capacità di problem solving.
Alcune ricerche (Alameda et al., 2022), indagando le basi neurali associate allo stato di flow, hanno evidenziato l’attivazione di alcune aree del cervello deputate alle funzioni esecutive. Come ad esempio l’attenzione selettiva e sostenuta, e il coinvolgimento del sistema legato alle ricompense, responsabile della sensazione di piacere e appagamento.
L’aumento di elasticità e flessibilità di pensiero è permesso anche dalla temporanea disattivazione della corteccia prefrontale dorsolaterale, deputata all’autocontrollo e all’invio di segnali di dubbio, incertezza, auto-critiche e persino disprezzo.
Durante il flow quest’area sembra silenziarsi e, con essa, anche i giudizi negativi verso noi stessi, rendendoci più coraggiosi e liberi di creare.
La temporanea sospensione della corteccia prefrontale è un processo chiamato “ipofrontalità transitoria”: la totale dedizione e attenzione al compito non lasciano spazio a nessun altro tipo di focus attentivo, motivo per cui, durante lo stato di flow, è improbabile percepire stimoli distraenti, perdendo la cognizione del tempo e dello spazio e arrivando quasi a “scordarsi di esistere”.
Come richiamare attivamente lo stato di flow
In base a quanto descritto, lo stato di flow potrebbe quasi sembrare un’esperienza totalmente naturale e involontaria, impossibile da padroneggiare.
In realtà, è esattamente il contrario. Così come tutti i concetti legati alla Psicologia positiva (felicità, benessere psicologico, funzionamento ottimale, flourishing..) anche il flow non è qualcosa di ascrivibile al caso o ad eventi esterni, è piuttosto il frutto di una ricerca e di uno sforzo volontario.
Affinché una persona decida di attivare volontariamente lo stato di flow, devono essere presenti due prerequisiti fondamentali:
- la consapevolezza dell’esistenza di tale stato mentale, unita alla consapevolezza del suo straordinario potenziale
- la convinzione che sia possibile, in qualche modo, richiamarlo e mantenerlo.
Uno studio
Secondo un recente studio (Wilson e Moneta, 2023) queste sono le due metacognizioni fondamentali che stanno alla base di un’attivazione volontaria e consapevole dello stato di flow. Dove per metacognizione si intende la conoscenza che una persona ha sia dei suoi processi mentali sia delle strategie volte al loro raggiungimento e mantenimento.
Per concludere, alla luce di quanto finora esposto, sembra dunque possibile identificare alcune strategie per aumentare la probabilità di entrare nello stato di flow:
- Trovare le proprie passioni: scegliere un’attività che appassioni e permetta di sfruttare al meglio le nostre abilità
- Trovare uno scopo profondo, caricare di significato ciò che facciamo, creare valore per noi stessi e per gli altri
- Sfidare se stessi: scegliere attività che rappresentino una sfida per le nostre abilità attuali, trovando un equilibrio tra compito e competenze. Cercare cose nuove e, se il contesto non offre opportunità, crearle
- Mantenere una percezione di controllo e padronanza
- Coltivare la curiosità: quando siamo impegnati a scoprire qualcosa di nuovo, aumenta la nostra attenzione
- Porsi obiettivi chiari e definiti: se lo scopo è la visione generale, gli obiettivi sono la guida pratica per raggiungere il traguardo
- Aumentare la concentrazione: essere presenti a se stessi, focalizzati e centrati, con un atteggiamento di “testa a piombo sui piedi”. È importante evitare le distrazioni come, ad esempio le notifiche del cellulare e, quando ci accorgiamo che la mente è rapita da qualche pensiero, possiamo gentilmente riportarla sul momento presente
- Accogliere i feedback come opportunità per migliorare durante l’attività
Conclusioni
Al di là delle condizioni generali valide per la maggior parte delle persone, l’’esperienza di flow può essere comunque molto soggettiva.
Per questo un ultimo importante suggerimento riguarda la possibilità per ciascuno di aprire una riflessione sulle proprie esperienze di flusso passate, per capire i possibili fattori di innesco e ricreare così le condizioni in future occasioni.
Bibliografia
- Alameda C., Sanabria D., Ciria L.F. (2022). The brain in flow: A systematic review on the neural basis of the flow state, Cortex, 154, 348-364.
- Cranston, S., & Keller, S. (2013). Increasing the meaning quotient of work. McKinsey Quarterly, 1,48-59.
- Csikszentmihalyi, M. (1975). Beyond boredom and anxiety. San Francisco: Jossey-Bass
- Csikszentmihalyi, M. (1990). Flow: The psychology of Optimal Experience. New York: Harper e Row.
- Disabato, D. J., Goodman, F. R., Kashdan, T. B., Short, J. L., & Jarden, A. (2016). Different types of well-being? A cross-cultural examination of hedonic and eudaimonic well-being. Psychological Assessment, 28(5), 471-482.
- Fordyce M.W. (2000). Human happiness: its nature and its attainment. Umpublished manuscript. Eds. Edison Community Collegy, Fort Myers, Florida
- Ryff, C. D., & Keyes, C. L. (1995). The structure of psychological well-being revisited. Journal pf personality and social psychology, 69(4), 719-727.
- Wilson, E. E. & Moneta, G. B. (2023). Flow metacognition and flow at work: Initial evidence of a directional relationship. Personality and individual differences, 214.