L’eye movement desensitization and reprocessing (EMDR) è un protocollo psicoterapico efficace per il trattamento del disturbo da stress post traumatico (PTSD).
La sua validità è stata dimostrata anche per molteplici altri tipi di disturbo. Ad esempio, quello d’ansia generalizzato, da attacchi di panico e del sonno, per le fobie e le dipendenze patologiche da sostanze.
L’elevata associazione tra PTSD e la dipendenza patologica – come anche la ricorrente presenza di eventi traumatici in tali pazienti – ha portato i clinici ed i ricercatori a immaginare l’EMDR come trattamento efficace anche per l’addiction (Hase et al., 2008; Marich, 2010; Cecero & Carroll, 2000).
Come possiamo spiegare l’applicabilità del protocollo EMDR ai disturbi da dipendenza da sostanze?
Nell’approfondire da un punto di vista clinico le possibilità di impiego del protocollo EMDR alla terapia dell’addiction potrebbe essere opportuno considerare su quale specifico aspetto della dipendenza vogliamo/possiamo lavorare.
Di seguito riassunte le casistiche riassunte da Gentile e colleghi in un lavoro del 2013.
Caso 1: Un trauma è all’origine della dipendenza
In questo caso il trauma ha dato luogo allo sviluppo di una addiction esattamente nello stesso modo in cui un trauma potrebbe originare un PTSD.
Se così è, la terapia EMDR potrebbe rivelarsi risolutiva in quanto consentirebbe alla persona di lavorare sull’agente eziologico della propria dipendenza.
Gli autori tuttavia sottolineano che esiste un certo numero di pazienti con addiction che non ha ricordo/non riferisce ricordi di eventi traumatici preesistenti alla addiction (per i quali decade la possibilità di applicare il protocollo).
Caso 2: La dipendenza causa traumi
Quando si struttura una addiction è molto probabile che, nel breve o nel lungo termine, la persona incomba in esperienze avverse o vere e proprie esperienze traumatiche. Inoltre chi soffre di dipendenza patologica spesso ha/sviluppa una maggiore vulnerabilità agli stress.
In questi casi può innescarsi un circolo vizioso nel quale la sostanza è ricercata per affrontare gli eventi traumatici.
La problematicità di questo caso – qualora pensassimo ad una applicazione di EMDR – risiede nel fatto che una persona che richiede trattamento per dipendenza patologica, soprattutto nella prima fase, può trovarsi in una fase motivazionale di pre-contemplazione o contemplazione rispetto al cambiamento.
Con buona probabilità, quindi, l’intervento con EMDR dovrebbe essere rimandato ad un secondo momento. Ovvero dopo una fase di lavoro sulla dipendenza (ad esempio con Terapia Cognitivo Comportamentale).
Caso 3: La caduta/ricaduta si costituisce come un evento traumatico
Il fatto che la dipendenza sia un disturbo cronico e recidivante è una chiara consapevolezza di chi la tratta e spesso anche di chi ne è affetto. Anche nei percorsi più “felici” la caduta/ricaduta rappresenta un momento estremamente critico che potrebbe anche assumere le sembianze di un’esperienza traumatica.
Se ciò si verifica, la possibilità di riprendere/proseguire il trattamento decresce o si annulla.
In questo caso il trattamento EMDR potrebbe trovare applicazione nei pazienti proprio al fine di agire sull’evento ricaduta e impedire il drop-out.
Caso 4: Intervenire con EMDR sui trigger del craving
Questo quarto caso si fonda sull’idea che craving e PTSD si basino su meccanismi cerebrali analoghi.
Nel craving gli stimoli associati all’assunzione/reiterazione del comportamento di dipendenza (stimoli trigger) riattivano il craving. Allo stesso modo nel PTSD stimoli interni o esterni funzionano da ri-attualizzatori dell’evento traumatico.
La persona dipendente spesso riferisce di non riuscire a sottrarsi/gestire gli stimoli trigger, così come nel PTSD il trauma recluta gran parte delle risorse mentali del paziente mantenendo il problema attivo.
Questa quarta casistica, laddove volessimo lavorare con EMDR, richiede di applicare la tecnica a quei trigger che possono essere individuati come eventi traumatici.
Caso 5: Il paziente con addiction ha anche una personalità borderline
Alcune ricerche hanno evidenziato la frequente comorbilità del disturbo da dipendenza con il disturbo borderline di personalità.
Va detto che spesso il clinico si trova di fronte ad un funzionamento personologico di tipo borderline che non preesiste al disturbo da uso di sostanze ma si delinea a seguito della alterazione indotta da quest’ultime. Ad es., con rapidi cambiamenti d’umore, impulsività, instabilità nell’immagine di sé e nelle relazioni, indefinita progettualità e affettività instabile.
Nella disturbo da dipendenza da sostanze, la persona, in stato di astinenza, si comporta diversamente da come si comporta i stato di intossicazione o in stato di sobrietà. Quando si instaura un quadro cronico di dipendenza, la rapida oscillazione intossicazione-astinenza la fa apparire all’esterno come instabile (dal punto di vista cognitivo, affettivo e comportamentale).
Seguendo questo filone, le persone affette da DUS, in stato di intossicazione, avrebbero accesso ad un sistema di affetti-memorie coerente con lo stato di intossicazione, mentre, in stato di sobrietà, accederebbero a un sistema di affetti-memorie coerenti con quest’altro sistema (inaccessibile quando il paziente si trova in intossicazione).
Questo spiegherebbe come mai alcune strategie tipiche dell’iter cognitivo-comportamentale del DUS, come le tecniche di fronteggiamento del craving, se apprese in stato di sobrietà, possono non essere di facile applicazione per il paziente quando si trova in stato di intossicazione.
È in questa accezione che il protocollo EMDR troverebbe la sua applicabilità: consentirebbe alla persona di ri-accedere a sistemi di affetti e memorie vissuti durante l’intossicazione e di attuare una riprogrammazione su tali sistemi anche in condizione di sobrietà.
Bibliografia
- Cecero, J. J., Carroll, K. M. (2000). Using eye movement desensitization and reprocessing to reduce cocaine cravings. American Journal of Psichiatry. 157(1): 150-151.
- Hase, M., Schallmayer, S., Sack, M. (2008). EMDR reprocessing of the addiction memory: pretreatment, posttreatment, and 1 month follow-up. Journal of EMDR practice and research, 2(3): 170-179.
- Marich, J. (2010). Eye movement desensitization and reprocessing in addiction continuing care: a phenomenological study of women in recovery. Psychological addictive behavior, 24(3): 498-507.
- Shapiro, F., Vogelmann-Sine, D., Sine, L. F. (1994). Eye movement desensitization and reprocessing: treating trauma and substance abuse. Journal of psychoactive drugs, 26(4): 379-391.