Cos’è il lutto
È possibile definire il lutto come quel processo fisiologico che segue la perdita di una persona cara. Per quanto ogni lutto sia un’esperienza differente, ormai è noto come siano rilevabili reazioni ricorrenti. Queste riguardano il susseguirsi di diversi stati mentali, che si possono alternare o mescolare.
Come descritto da Onofri e La Rosa (2015) molti autori si sono occupati di descrivere le caratteristiche del lutto, spesso focalizzandosi su aspetti differenti dello stesso.
Nel 1944 Lindemann, a seguito di un’osservazione effettuata su oltre 100 persone che avevano perso i loro cari a seguito di un incendio, ha rilevato e descritto le caratteristiche ricorrenti del lutto fisiologico. Queste includevano:
- disturbi somatici
- preoccupazioni e sensi di colpa relativi al defunto o alle circostanze della sua morte
- reazioni ostili
- perdita delle capacità funzionali antecedenti all’evento
- tendenza ad assumere aspetti comportamentali tipici della persona perduta.
Fasi dell’elaborazione del lutto
Lindemann ha identificato e descritto anche tre diversi stadi del lutto. Il primo, di shock, include l’impossibilità di accettare la perdita, fino alla negazione della stessa. Il secondo, di cordoglio acuto, include la consapevolezza della perdita. E’ associato a manifestazioni quali il disinteresse per le attività quotidiane, il pianto, il senso di solitudine, l’insonnia e la perdita di appetito. L’ultimo stadio, di risoluzione, implica invece una graduale ripresa delle attività quotidiane ed era associato ad una minore frequenza di pensieri relativi al defunto.
Nel 1980, invece, Bowlby ha descritto quattro diverse fasi dell’elaborazione del lutto.
Nella prima, di stordimento/incredulità, non c’è comprensione per quanto accaduto e possono esserci stati di dolore e rabbia intensi.
A questa fase segue quella di ricerca e struggimento per il defunto. Qui la consapevolezza della perdita, seppur discontinua, conduce a stati di dolore e allarme. Questi si associano a modificazioni fisiche tipiche dello stress che includono elevati livelli di arousal, vigilanza e agitazione. L’attenzione può essere focalizzata su parti dell’ambiente in cui potrebbe trovarsi la persona perduta, che viene attivamente ricercata.
La terza fase descritta da Bowlby è invece quella di disorganizzazione e disperazione, che deriva dalla consapevolezza che gli sforzi per riavere la persona perduta sono inutili. Tale fase include umore depresso, disperazione e tristezza generalizzata.
Infine, nella quarta fase, di riorganizzazione più o meno riuscita, si rileva l’accettazione della definitività della perdita e la necessità di riorganizzare la propria vita nella consapevolezza del non ritorno del defunto. Per poter raggiungere questo ultimo stadio di elaborazione la persona che ha subito il lutto deve essere riuscita a contattare e gestire le dolorose e intense emozioni che la perdita comporta.
Fattori che ostacolano l’elaborazione del lutto
Come sottolineato da Onofri e La Rosa (2015), diversi autori si sono focalizzati su altri aspetti che possono influenzare il processo del lutto. Così, come accade per ogni evento stressante, i processi di fronteggiamento (coping) messi in atto da chi subisce la perdita avranno un peso sul modo di elaborare e ristrutturare la propria realtà.
Nell’ambito della teoria del trauma, Horowitz (1986) si è focalizzato sui sintomi di intrusione e di evitamento come reazioni apparentemente opposte tipicamente presenti contemporaneamente nel trauma. Mentre Janoff-Bulman e Berg (1998) hanno evidenziato che quando la perdita di una persona amata avviene a seguito di circostanze traumatiche (come, ad esempio, nei casi di suicidio, omicidio o incidente), o quando la morte viola l’ordine naturale delle cose (come nel caso della morte di un figlio per un genitore), le capacità di adattamento della persona sono ulteriormente sollecitate.
Così, in linea con quanto descritto dalla rassegna della letteratura esposta da Onofri e La Rosa (2015), le reazioni normali alla perdita possono essere suddivise in quattro categorie principali:
- Sentimenti: tristezza, rabbia, colpa e auto-rimprovero, ansia, solitudine, astenia, senso di inaiutabilità, shock, struggimento, emancipazione, sollievo, stordimento.
- Sensazioni fisiche: sensazione di vuoto gastrico, costrizione toracica, costrizione laringea, ipersensibilità al rumore, senso di depersonalizzazione, sensazione di apnea, debolezza muscolare, mancanza di energia, bocca secca.
- Cognizioni: incredulità, confusione, preoccupazione con pensieri costanti relativi al defunto, senso di presenza del defunto, allucinazioni.
- Comportamenti: disturbi del sonno e dell’appetito, sospiri, iperattività, pianto, comportamenti di distrazione, isolamento sociale, evitamento di circostanze relative al defunto, comportamenti di ricerca e richiamo del defunto, visitare luoghi o portare oggetti che ricordano il caro perduto.
Il normale processo di elaborazione del lutto
In generale, l’essere umano ha le capacità di fronteggiare la perdita di una persona cara. Il processo del lutto tende spontaneamente verso la risoluzione e non è quindi da considerarsi una condizione patologica. Tuttavia, perché la risoluzione sia raggiunta, sembra siano necessarie due condizioni: la prima riguarda l’accettazione della perdita come definitiva.
In linea con Bowlby (1980) questo non implica la cancellazione o la fine del legame con il defunto, ma una riorganizzazione interna con trasformazione dello stesso. Una sorta di nuovo modo di stare in relazione per il quale un legame interno si sostituisce al legame che necessita di presenza fisica per esistere.
La seconda condizione necessaria al fine della risoluzione riguarda invece la capacità di gestire il dolore che normalmente accompagna la perdita e il processo del lutto. In linea con questo, Onofri e La Rosa (2015) descrivono la risoluzione come la fase in cui la ricerca attiva di cause, spiegazioni o colpevoli lascia lo spazio al riconoscimento e all’accettazione della perdita e della sua ineluttabilità. Così come al riconoscimento e all’apprezzamento del bene che il rapporto col defunto ha comportato, fino a trovare la propria personale modalità di ritrovare la vicinanza con chi non c’è più e trasformare il proprio modo di vivere, tenendo conto della sua assenza.
Il lutto complicato
In generale, la risoluzione può essere raggiunta in un periodo di circa 18 mesi. Si parla, tuttavia, di lutto complicato quando il processo che segue la perdita si arresta in una delle fasi precedenti. Così, le normali e intense reazioni che ci si aspettano nel processo fisiologico del lutto permangono. Non si attenuano nel tempo e implicano ripercussioni sul funzionamento generale della persona, che persiste nell’adottare strategie cognitive, comportamentali ed emotive disfunzionali.
In linea con quanto descritto, non si considera necessaria di per sé una presa in carico psicoterapeutica delle persone che sperimentano un lutto. Tuttavia, la psicoterapia può rivelarsi utile al fine di prevenire possibili complicanze, o per valutare il rischio che le medesime possano manifestarsi. La presa in carico psicoterapeutica è invece importante nelle situazioni in cui il lutto diventi complicato e patologico o si associ a quadri psicopatologici.
Bibliografia
- Bowlby J. (1980). Attacchment and Loss: sadness and depression. New York: Basic Books. (Trad. It.: Attaccamento e perdita. Vol. 3. Torino: Boringhieri, 1983).
- Horowitz M. J. (1986). Stress response syndromes, second edition. Jason Aronson, Northvale. (Trad. It.: Sindromi da risposta allo stress. Milano: Raffaello Cortina Editore, 2004).
- Janoff-Bulman R., & Berg M. (1998). Disillusionment and the creation of value: From traumatic losses to existential gains. In J. Harvey (Ed.), Perspective on Loss: A Sourcebook. Washington Dc: Taylor & Francis.
- Lindemann E. (1944). The symptomatology and management of acute grief. American Journal of Psychiatry, 101.
- Onofri, A., & La Rosa, C. (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR. Roma: Giovanni Fioriti Editore.