Alcuni dati sulla violenza tra partner
La cronaca nera ci ha ormai abituato (sempre che ci si possa abituare) alle notizie riguardanti la violenza interpersonale. In particolare negli ultimi anni si è dato finalmente dignità alla violenza sulle donne.
Prendendo un dato oltreoceano, negli Stati Uniti, secondo indagini epidemiologiche effettuate su vasta scala, la percentuale di donne adulte che hanno subito abusi fisici da parte del partner oscilla fra il 20% ed il 25% (U.S. Department of Justice, 2000). E oltre il 10% degli omicidi è stato commesso dai compagni delle vittime (FBI, 2011).
In Italia il 31,5% delle 16-70enni (6 milioni 788 mila) ha subito nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Il 20,2% (4 milioni 353 mila) ha subito violenza fisica, il 21% (4 milioni 520 mila) molestie sessuali, il 5,4% (1 milione 157 mila) stupro (652 mila) e il tentato stupro (746 mila) (Istat, 2014).
Rimanere in una relazione violenta: le motivazioni
Conosciamo quindi da questi dati la gravità della situazione, ma cosa porta una persona a rimanere con chi le causa violenza psicologica, fisica e/o sessuale?
Le motivazioni possono essere diverse:
- dipendenza affettiva e speranza di un cambiamento nel partner;
- timore di subire ricatti e vendetta;
- scarsa consapevolezza o rifiuto nel riconoscere la relazione abusante;
- auto-colpevolizzazione;
- paura per l’incolumità dei propri figli o che debbano subire violenza assistita (cioè l’essere testimone di violenze tra persone significative sul piano affettivo);
- mancanza di una rete socio-affettiva;
- aspetti economici.
In questo articolo prenderemo in considerazione il primo di questi punti, la dipendenza affettiva, come fattore determinante nel permanere in una condizione di violenza.
Tipologie e sottotipi di violenza interpersonale
Il termine violenza deriva dal latino violentus, dove la radice vis significa “forza” e la terminazione -ulentus si riferisce all’eccesso.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) l’ha definita così: “utilizzo intenzionale della forza fisica o del proprio potere contro se stessi, un’altra persona o un gruppo, tale da determinare (sia in termini di probabilità che in termini di effettivo esito) lesioni fisiche, danni psicologici ed esistenziali, problemi nello sviluppo (nel caso dei bambini) e morte.”
Per parlare di violenza è quindi fondamentale il concetto di intenzionalità (dell’atto o della minaccia dell’atto), di forza e di eccesso.
Tipi di violenza
Solitamente, la violenza, viene classificata in quattro tipi:
- fisica
- sessuale
- psicologica (per esempio l’umiliazione o la manipolazione)
- privazione o negligenza.
Quando la violenza si verifica tra partner viene specificatamente definita Intimate Partner Violence (IPV). Essa richiama una serie di situazioni accomunate dall’esercizio di potere e dalla messa in atto di comportamenti abusanti che possono coinvolgere alcuni o tutti i sottotipi di violenza sopra elencati (fisico, psicologico, sessuale o da privazione).
E’ una forma di violenza, multiforme e trasversale, che si insinua progressivamente all’interno di una coppia, dove spesso la dipendenza affettiva è già presente.
L’amore come dipendenza: da relazione passionale a relazione violenta
Spesso la violenza in una coppia si osserva all’interno di una cornice in cui la storia d’amore evolve da relazione passionale a dipendenza. Quando emerge la violenza, la persona dipendente affettivamente non è più in grado di distaccarsi e subisce le conseguenze o, se è l’abusante, continua a perpetrare l’aggressività.
Innanzitutto il passaggio da una normale relazione a una dipendenza è appena percepibile perché il bisogno dell’altro è presente anche nell’amore passionale.
Diventa dipendenza quando il desiderio assume la forma di un bisogno intenso, irrefrenabile, quando la sofferenza sostituisce il piacere e quando una persona persiste nella relazione nonostante la consapevolezza delle conseguenze avverse.
Segnali esterni (spazi, odori, forma del corpo, situazioni) associate all’amato/a evocano potenti memorie rispetto alla relazione, simile all’effetto droga-associato nella dipendenza da sostanze.
Il passaggio…
Con il passaggio dalla normale passione alla dipendenza affettiva, la vita precedentemente caratterizzata da soddisfazione e colore, ora sembra vuota, grigia, poco attraente e interessante. C’è anedonia e perdita di interessi: le relazioni con gli amici stretti diventano prive di senso, il prendersi cura dei bambini noioso, fare sport fatico, passeggiare inutile.
Alcuni amanti, inoltre, possono istigare “l’assenza psicologica” per aumentare la dipendenza, alternando una stretta vicinanza alla fuga, gentilezza e carezze a crudeltà e assenza.
Per giustificare questa relazione distruttiva, i dipendenti affettivi tendono a sottostimare i costi della relazione, come accade nell’abuso di sostanze, dove sono ben conosciute le conseguenze del loro uso, ma diventa impossibile resistervi.
Dipendenza affettiva e violenza: i protagonisti
L’abusante dipendente
Innanzitutto le ricerche ci aiutano a sfatare il mito secondo cui nelle relazioni violente solo le donne sono dipendenti e restano in una relazione violenta. Alti tratti di dipendenza sono presenti negli uomini che abusano del/della partner (Bornstein, 2006).
Infatti, secondo quest’ultimo autore, alti livelli di dipendenza affettiva in un partner, aumentano la probabilità che questa persona abuserà fisicamente dell’altro all’interno della relazione.
I timori di insicurezza e abbandono delle persone dipendenti possano portarli all’abuso nel momento in cui credono che i loro partner li rifiuteranno (Dutton, 1995).
Sebbene alti livelli di dipendenza affettiva siano teoricamente connessi al rischio di perpetuazione di abuso sia nelle donne sia negli uomini, nella pratica (come si evince dalla cronaca nera) vediamo come siano di gran lunga gli uomini a perpetuare l’abuso.
Come mai questa differenza? Una spiegazione può essere data dalle diverse strategie di coping che uomini e donne usano di fronte a sfide o minacce, quali la separazione, l’abbandono e/o la perdita di controllo.
Gli uomini infatti tendono a mostrare strategie di esternalizzazione, come ad esempio la rabbia espressa verso oggetti e persone. Questa abusività riflette in parte l’incapacità del dipendente di gestire lo sconvolgimento emotivo dovuto all’insicurezza e in parte una strategia per controllare e intimidire l’altro, per evitare che quelle persona ponga fine alla relazione (Murphy et al., 1994).
Mentre le donne sono più inclini a strategie di internalizzazione, come l’isolamento, la chiusura emotiva, diventando depresse o assumendo comportamenti parasuicidari (gesti autolesivi, uso di alcool e farmaci).
La vittima dipendente
Le ricerche ci dicono che le donne con alti livelli di dipendenza affettiva sono maggiormente a rischio di abuso (e alla sua tolleranza) e hanno minore probabilità di porre termine alla relazione abusante. Quando entrano in gioco la dipendenza economica, la mancanza di supporto sociale e scarsa consapevolezza queste probabilità aumentano.
Numerosi studi hanno mostrato che le persone emotivamente dipendenti hanno le seguenti caratteristiche:
- temono l’abbandono e il rifiuto (Mongrain, Vettese, Shuster, & Kendal, 1998) e desiderano essere amati proprio da chi non ricambia. Tale desiderio cresce in proporzione al rifiuto.
- mostrano alti livelli di gelosia e possessività nelle relazioni (Bush, Bush, & Jennings, 1988), con un costante stato di tensione. L’insicurezza si associa alla continua preoccupazione di dove si trovi la figura di attaccamento, a fidarsi poco di questa persona, a provare rabbia e risentimento nei suoi confronti;
- difficoltà nel gestire le emozioni negative (Casillas & Clark, 2002);
- annullamento dei bisogni e dei desideri individuali per stabilire una relazione simbiotica;
- assenza di sentimenti d’amore e difficoltà a staccarsi.
Che cosa fare
Come abbiamo visto, sono numerosi i fattori coinvolti in una relazione violenta, tanto che spesso le donne maltrattate (ma ora anche gli uomini abusanti), vengono prese in carico in strutture residenziali o semi-residenziali (soprattutto se vi sono dei figli coinvolti), che possano occuparsi della situazione da un punto di vista psicologico, economico e sociale. In questi casi più gravi e complessi vengono allertati i servizi sociali e il tribunale dei minori.
In ogni caso, sia che si tratti di un percorso comunitario o terapeutico ambulatoriale, il processo di separazione all’interno di una relazione abusante è graduale, in particolare quando vi sono aspetti di dipendenza affettiva.
Quando è possibile portare avanti una terapia ambulatoriale, è fondamentale per il clinico comprendere quale sia il livello di pericolosità per l’incolumità della vittima. Questo porterà alla decisioni di quali forze mettere in campo. Considerando che la protezione dei minori è la priorità.
La terapia individuale
Una terapia individuale che accompagni alla separazione dalla persona abusante/abusata implica pianificare l’intervento sulla base di un’ipotesi del funzionamento del/della paziente (ad esempio quali aspetti di sé sono minacciati dalla fine della relazione, quali schemi disfunzionali portano alla dipendenza) e quali fattori possano interferire col trattamento. Tra questi ultimi gli elementi da tenere in considerazione sono:
- i sintomi, inclusa la valutazione della gravità e del funzionamento personologico; in particolare sono individuabili aspetti di dipendenza affettiva nel disturbo borderline, narcisistico e dipendente di personalità.
- l’esperienza soggettiva della/del paziente: pensieri, emozioni e sensazioni somatiche fonte di sofferenza soggettiva o di disadattamento;
- le relazioni interpersonali;
- le difficoltà economiche;
- la presenza di minori.
Tutto ciò deve essere svolto all’interno di una solida (ma non dipendente) relazione terapeutica, aspetto ancora più importante in una situazione di abuso, in cui il terapeuta può diventare l’unica figura esterna non giudicante e di sostegno incondizionato.
Parallelamente alla terapia individuale, ove possibile, sarebbe utile inserire un intervento di gruppo utilizzando tecniche di psicoeducazione, role-play e sviluppando le abilità relazionali utili alla salvaguardia del proprio benessere.
Bibliografia
- Bornstein, M. H. (2006). Parenting Science and Practice. In K. A. Renninger, & I. E. Sigel (Eds.), Handbook of Child Psychology: Vol 4. Child Psychology in Practice (6th ed., pp. 893-949). Hoboken, NJ: Wiley.
- Bush, C.,R., Bush, J.P., Jennings, J. (1988). Effects of Jealousy Threats on Relationship Perceptions and Emotions. Journal of Social and Personal Relationships.
- Casillas, A., & Clark, L. A. (2002). Dependency, impulsivity, and self-harm: Traits hypothesized to underlie the association between cluster B personality and substance use disorders. Journal of Personality Disorders, 16(5), 424–436.
- Dutton, D.,G. (1995). Intimate Abusiveness. Clinical psychology and science practice.
- Mongrain, M., Vettese,L.,C., Shuster, V., & Kendal,N. (1998). Perceptual Biases, Affect, and Behavior in the Relationships of Dependents and Self-Critics. Journal of Personality and Social Psychology 75(1):230-41.
- Murphy, C., M., Meyer, S., L., & O’Leary, K., D. (1994). Dependency characteristics of partner assaultive men. Journal of Abnormal Psychology, 103(4), 729–735.
- FBI Preliminary Semiannual Uniform Crime Report, January-June, 2011.
- U.S. Department of Justice, National Institute of Justice, August 2000 (NCJ 183644).
- https://www.istat.it/it/violenza-sulle-donne/il-fenomeno/violenza-dentro-e-fuori-la-famiglia/numero-delle-vittime-e-forme-di-violenza