La scienza della nutrizione ha contribuito a sviluppare molte conoscenze che hanno apportato numerosi vantaggi per la salute umana. Scomporre il cibo nelle sue parti elementari, i nutrienti, ha permesso per esempio, di comprendere la funzione biologica di alcuni alimenti e il loro impatto sul metabolismo degli esseri umani.
Tale scomposizione ha spostato l’attenzione dal cibo ai nutrienti, e con lo sviluppo dell’industria alimentare, alcune conoscenze scientifiche, sono state utilizzate in modo indiscriminato e speculativo creando miti e leggende intorno ad alcuni alimenti.
Nascondendosi dietro a principi scientifici della nutrizione, la diet industry ha lanciato mode attorno ad alcuni alimenti, demonizzandone altri. Basti pensare ai carboidrati (pane e pasta) che sono diventati il capro espiatorio di ogni dieta dimagrante.
Nella medicina cinese, il cibo e il regime dietetico sono fondamentali per l’equilibrio dell’organismo e di conseguenza, per un corpo in salute.
Nella nostra società, invece, si riconosce all’alimentazione e alla dieta un solo obiettivo ritenuto salutare: il dimagrimento. In questo modo la forma fisica diventa la protagonista: una persona sana, performante e di successo è una persona magra. Ma come fanno a convivere da una parte la spinta all’ideale della magrezza e dall’altra quella a consumare sempre più prodotti alimentari? È qui che l’industria della dieta offre una moltitudine di indicazioni e prodotti dietetici.
Negli ultimi anni i media e alcuni specialisti della nutrizione, hanno promosso la dieta mima digiuno come pratica salutare in grado di apportare tanti vantaggi alla salute. Oltre che perdere peso, pare possa apportare dei cambiamenti metabolici e cellulari che influenzano il danno ossidativo e l’infiammazione. Questa pratica sembra ridurre il rischio di malattie e aumentare l’aspettativa di vita.
Alcuni studi disponibili sugli effetti del digiuno intermittente, indicano però un incremento significativo della quantità di cibo introdotto nelle 6 o 12 ore successive alle ore di digiuno. Tale effetto può essere spiegato anche da un punto di vista biologico: la moderazione acuta della dieta (come accade nella fase del digiuno) abbassa i livelli di triptofano, un precursore della serotonina, la quale alterando i segnali di fame e sazietà, aumenta la probabilità di incorrere in un’alimentazione incontrollata per ripristinare i normali livelli di triptofano e serotonina.
La dieta quindi, intesa come mezzo per combattere un aumento di peso, pare si associ spesso ad un incremento paradossale del rischio di alimentazione disordinata. Il nostro organismo è programmato per la sopravvivenza e per cercare in modo naturale il suo “nutrimento” basandosi sugli stimoli fisiologici della fame e della sazietà. Quando si introduce un controllo, si presenta il rischio della possibilità di perdere il controllo (Dalla Ragione, 2007) incorrendo così in una disinibizione e in una maggiore vulnerabilità alla compulsione verso il cibo e quindi all’eccesso alimentare con un conseguente aumento ponderale.
L’adozione di regole dietetiche estreme e rigide, infatti, attraverso il meccanismo della disinibizione cognitiva, favorisce le abbuffate: quando le regole dietetiche sono troppo rigide, lo sforzo per non trasgredire è molto alto e spesso è difficile da mantenere nel tempo. Quando si verifica una rottura di una regola, il tipico pensiero “tutto o nulla” favorisce la disinibizione (“Ho trasgredito alla dieta, allora tanto vale che abbandoni ogni tipo di controllo e mi abbuffi”).
Inoltre, sappiamo che il digiuno può aumentare il rischio di disturbi alimentari in persone che hanno una certa vulnerabilità. Uno studio del 2008 (Stice et al.), ha rilevato che l’incidenza del digiuno nelle ragazze delle scuole medie era il predittore più potente per l’insorgenza di disturbi dell’alimentazione.
Un aspetto molto interessante è legato a come la nostra immagine corporea possa cambiare in seguito a un digiuno di breve durata. Sappiamo che molti fattori possono indurre cambiamenti nell’immagine corporea, compresi il confronto sociale e i cambiamenti fisiologici che si verificano dopo aver mangiato.
Uno studio ha rilevato che nelle pazienti con anoressia nervosa, mangiare del cibo innesca alcuni cambiamenti a livello di immagine corporea, collegando la sensazione di pienezza con l’insoddisfazione del corpo. In questi casi, il digiuno potrebbe impedire autovalutazioni negative che possono verificarsi dopo un normale pasto.
Una recente ricerca (Schaumberg & Anderson, 2014) condotta su un campione di 196 studenti universitari che non presentavano alcun tipo di disturbo alimentare, ha dimostrato che gli individui (in particolare chi mostrava una maggiore disinibizione cognitiva e la tendenza a digiunare come abitudine per prevenire l’aumento di peso o contrastare gli effetti del mangiare in eccesso) a cui veniva chiesto di osservare un digiuno per 24 ore, ricevevano un forte rinforzo dall’esperienza psicologica di un’immagine corporea migliorata.
In conclusione, si può dire che le persone che hanno sostenuto il digiuno hanno sperimentato successivamente, cambiamenti positivi nell’immagine corporea. Tutto questo a conferma che pratiche come la dieta mima digiuno possono promuovere modelli di alimentazione patologica e nelle persone vulnerabili, aumentare il rischio di disturbi alimentari.
Vista l’associazione tra digiuno e regole dietetiche rigide ed estreme con lo sviluppo di comportamenti alimentari patologici, è necessario veicolare informazioni corrette sulle diete e sulle pubblicità di pratiche dietetiche estreme e incoraggiare un’attitudine critica nei confronti di certi messaggi al fine di promuovere uno stile di vita salutare.
Tutto questo soprattutto nei confronti di individui più vulnerabili come gli adolescenti, le persone che hanno un’immagine corporea negativa e chi presenta elevati livelli di disinibizione cognitiva.