Normalmente, quando si parla o si legge di depressione, tutti noi siamo automaticamente portati a figurarci un determinato prototipo di “persona depressa”. Più o meno, nell’immaginario collettivo, il depresso classico presenta:
- tono dell’umore basso
- scarsa energia
- insonnia o ipersonnia
- scarso o eccessivo appetito (con conseguenti perdita o aumento di peso, in tempi rapidi)
- malesseri fisici
- scarso rendimento lavorativo o scolastico
- riduzione delle abituali attività relazionali e sociali
- visione negativa di sé e del futuro
- nei casi più importanti pensieri o desideri suicidari
Non sempre, però, la depressione si presenta in maniera così chiara e definita. Ciò rende ancora più difficile per la persona stessa e soprattutto per chi le sta accanto, il riconoscimento di un momento di difficoltà. Ritarda inoltre, inevitabilmente, anche la richiesta di aiuto ad un professionista.
Forme di depressione non classiche
Per alcuni, la manifestazione della depressione può avere a che fare con la rabbia. Si riscontrano reazioni disforiche, nervosismo, tensione e spesso reazioni fortemente aggressive (verso persone o situazioni), a stimoli minimi.
Altre volte, la depressione si manifesta invece prevalentemente attraverso disturbi e sintomatologie organiche, spesso difficilmente ascrivibili a una precisa etichetta diagnostica e, anche per questo, tendenti alla cronicità. Si parla infatti di depressione mascherata che è spesso legata a disturbi da somatizzazione.
Sembra assurdo, ma si può anche assistere a una depressione caratterizzata da un quadro apparentemente nei limiti della “normalità”. Ci sono persone che, pur vivendo le sensazioni e le emozioni tipiche della depressione, riescono a sorridere, a funzionare lavorativamente e socialmente e addirittura ad apparire felici all’esterno e capaci di gestire efficientemente la propria vita.
La “smiling depression”
In questi casi si usa l’espressione “smiling depression”, proprio per indicare l’atteggiamento tipico in questi casi. Con affermazioni come “Sto bene”, “è tutto a posto”, il soggetto mostra un sorriso di circostanza. Si dà da fare per nascondere le sensazioni di fragilità, tristezza, disorientamento, assenza di speranza.
Parlando in termini tecnici, si tratta sicuramente di una forma di depressione atipica, che consente a chi ne è affetto di portare avanti una vita normale, di apparire sempre soddisfatto e sereno davanti agli altri, mentre internamente si vivono emozioni totalmente opposte. Va da sé che la prima difficoltà in questi casi è proprio legata alla possibilità di riconoscere precocemente e in maniera chiara il problema, così da poter essere di aiuto alla persona che ne soffre.
La letteratura sul fenomeno della depressione sorridente
Recentemente, a tale proposito, la Dottoressa Olivia Remes, psicologa dottoranda dell’Università di Cambridge (UK), ha pubblicato un articolo sulla rivista The Conversation. Secondo l’esperta, questa condizione può avere un esordio precoce nella vita della persona e durare anche molto a lungo. Questo sia a causa della tardiva identificazione (che, in molti casi, non avviene mai) che della particolarità delle sue caratteristiche, che non rispondono ai normali parametri della depressione classica.
Dalle ricerche effettuate, sembra che colpisca tra il 15% e il 40% dei soggetti depressi, risultando più frequente tra i soggetti con tendenza al rimuginio mentale sul passato e ipersensibili alle critiche o alle situazioni socialmente imbarazzanti.
Oltre a quelli già citati, ci sono altri motivi (spesso legati a funzionamenti personologici specifici) che rendono questa forma di depressione più pericolosa. Infatti, apparire felici agli altri mentre in realtà si soffre profondamente può essere il sintomo di una grave difficoltà ad accettare di avere un problema. Non ci si rende conto di una condizione che avrebbe invece bisogno di essere presa in carico, oppure si ha la certezza di “farcela da soli”, sottovalutando la situazione reale o sopravvalutando le proprie risorse e capacità.
Perché nascondere il proprio stato depressivo
Le persone con una “smiling depression” potrebbero nutrire il timore di essere considerati deboli o vulnerabili se mostrassero all’esterno le proprie difficoltà. Oppure presentare forti sensi di colpa per il fatto di soffrire o far soffrire.
Come in molti altri quadri psicopatologici, l’idea di poter avere bisogno di uno psicoterapeuta può apparire esagerata e portare a sentirsi “pazzi”, perciò evitata. Può succedere che queste persone non ne parlino con nessuno, che tendano anzi a rinforzare e mostrare sempre di più il loro lato “smiling”. Forniscono un’immagine di sé non realistica, ma al contempo molto efficiente.
Il rischio suicidario a cui questa forma di depressione atipica espone è inoltre maggiore rispetto alle forme classiche, perché i soggetti sono comunque in grado di portare avanti attivamente la propria vita quotidiana nelle sue varie sfaccettature. Hanno quindi minori difficoltà a reperire energie e risorse per mettere in atto i propositi suicidari veri e propri.
Il trattamento della depressione sorridente
Come (e forse più) nei quadri di depressione classici, anche in questo caso l’intervento tempestivo da parte di specialisti opportunamente formati è decisivo per la prognosi del disturbo. Nella terapia Cognitivo Comportamentale, oltre ad agire su eventuali reazioni e comportamenti disfunzionali, si cerca di capire insieme al paziente quale sia il suo funzionamento globale.
Lo si aiuta a prendere consapevolezza, nel caso specifico della “smiling depression”, del fatto che non è né necessario né utile che la persona si prenda cura di sé completamente da sola. Che non è umanamente possibile farcela da soli e che anche il loro disagio nasconde un profondo malessere. Si cerca di rinforzare uno stile di pensiero alternativo, che permetta alla persona di mostrare all’esterno i propri reali stati d’animo, fornendo anche gli strumenti utili ed efficaci per farvi fronte.