Da più di un decennio sono ormai comparsi in letteratura numerosi studi che indagano la Depressione Post Partum (DPP) Paterna. Sebbene però questo fenomeno, prima ignorato, sia stato oggetto di ricerche sperimentali nonché di interesse clinico, non esiste ancora un quadro diagnostico ad esso dedicato e sembra che ancora nessuno ne parli a dovere.
La nascita di un bambino: adattarsi al cambiamento
La nascita di un bambino è senza dubbio un evento stressante. Diventare genitori significa doversi adattare a molti cambiamenti di natura pratica, emotiva e sociale.
La maggior parte delle madri e dei padri hanno un’iniziale difficoltà nell’adattarsi al nuovo ruolo e possono sentirsi sopraffatti dalle nuove richieste a cui sono sottoposti.
La società di oggi, che sempre più spesso lancia messaggi sbagliati e confusivi, non aiuta la nuova coppia genitoriale in questa delicata fase della vita. I “miti” sulla genitorialità posso infatti creare aspettative irrealistiche, che possono portare genitori in difficoltà a provare veri e propri sentimenti di fallimento.
Sindromi perinatali nella donna
La gravidanza, il parto e la condizione stessa di maternità sono fenomeni che possono portare all’insorgenza di particolari condizioni di disagio nella madre.
Esiste un vero e proprio “spettro depressivo perinatale” che comprende la comparsa di forme di Depressione durante gravidanza e di vere e proprie Psicosi (es. Psicosi puerpuerale). Che include le più comuni manifestazioni cliniche quali il “Maternity/baby blues” e la Depressione Post Partum (DPP).
Ognuno di questi quadri clinici ha caratteristiche specifiche ed è stato largamente studiato: in questo modo è adesso possibile (attraverso un’assistenza specialistica) riconoscerle, distinguerle e adottare un’efficiente strategia di fronteggiamento.
I padri dimenticati
Nonostante in ogni programma di trattamento della depressione post parto materna si sottolinei l’importanza del rapporto di coppia e del sostegno del padre come uno dei fattori più associati al superamento della condizione di sofferenza, il disagio psicologico del padre è sempre stato sottovalutato e poco discusso.
Il motivo di questa “dimenticanza” può essere legato a diversi fattori.
In primis la donna è ancora oggi la figura che prevalentemente si occupa del bambino e per questo la sua salute è più spesso puntata sotto i riflettori.
In secondo luogo la più frequente incapacità maschile di accedere in modo adeguato alle proprie emozioni e al proprio mondo interno (scarsa alfabetizzazione emotiva), può rendere i neo-padri poco in grado di riconoscere, accogliere e validare i numerosi cambiamenti mentali avvenuti con l’arrivo del bambino. Questo può impedire che i casi di DPP vengono sottoposti all’attenzione clinica.
Questi e altri fattori possono quindi impedire che il disagio del padre venga adeguatamente preso in carico e che si possano prevenire importanti conseguenze sulla salute dell’intera famiglia.
Cosa accade nella mente dei neo-padri
Ci sono numerosi fattori di rischio potenziali che possono contribuire all’insorgere di lievi sintomi fino allo sviluppo di una vera e propria depressione post partum paterna.
La mancanza di un sonno soddisfacente e le alterazioni dei ritmi biologici sono molto associati all’esordio di questo quadro clinico (sia nelle madri che nei padri). Così come una pregressa storia di depressione o di patologie psichiatriche.
È stato osservato inoltre che, persino più drasticamente rispetto a quanto avviene per le madri, i padri arrivano alla nascita del figlio senza alcuna informazione adeguata rispetto a quello che “accadrà” nella loro vita da allora in poi.
Uno studio ha rilevato che, ad esempio, quasi tutti i neo-padri sono consapevoli della fatica fisica che potrà fare la madre nei primi mesi. 1 uomo su 3 ignora però che la propria compagna potrebbe sentirsi anche molto triste o avere più frequenti flessioni dell’umore.
Sempre 1 padre su 3 ritiene che prendere in braccio un bambino che piange equivale a “viziarlo” e 1 padre su 2 non ha informazioni su come funzioni l’allattamento (Pellai et al., 2009).
Queste e molte altre convinzioni distorte possono far leva su strutture di personalità già sensibili rispetto a temi importanti. Tra cui, in primis, l’essere inadeguato o “incapace” di fare il padre e esacerbare convinzioni distorte circa il proprio ruolo o, peggio, il proprio figlio.
È frequente che il padre sia assillato da pensieri come “mi sento intrappolato nelle mie responsabilità di genitore” e “mio figlio fa più richieste rispetto agli altri bambini” (Saxbe et al., 2017).
Cosa accade al corpo dei neo-padri
Recenti studi hanno messo in luce un alterazione ormonale piuttosto peculiare nei neo-padri. Se le madri sono biologicamente predisposte alla nascita di un figlio, la paternità non vanta la stessa preparazione in termini biologici.
Accade spesso che i livelli di testosterone calano negli uomini dopo la nascita dei figli. Questo fenomeno è stato a lungo interpretato come un alterazione fisiologica adattiva che favorisce un “allineamento” con il mood della madre. Aiuta la coppia genitoriale ad essere più sintonizzata verso le richieste di accudimento del bambino.
Se da un lato questo fenomeno può predisporre ad un abbassamento del tono dell’umore (e quindi ad un esordio depressivo) è stato altresì osservato che i padri che mantengono un alto livello di testosterone riportano maggiore stress genitoriale e una maggiore aggressività in famiglia e nella coppia (Saxbe et al., 2017).
Anche i livelli di estrogeni nei padri si alzano con l’avanzare della gravidanza della donna, per permettere risposte biologiche meno aggressive e facilitare i meccanismi di attaccamento (Rholde et al., 2005).
Depressione post partum nei padri: manifestazioni cliniche
Come già accennato in precedenza, non c’è un vero e proprio quadro diagnostico dedicato alla depressione post parto paterna. Il manuale diagnostico psichiatrico attuale, il DSM 5 considera la DDP in generale come una sottocategoria della più comune Depressione.
È stato osservato come i padri possono sperimentare sintomi addizionali quali irritabilità, indecisione/irrisolutezza e ottundimento emotivo (“spegnimento” emotivo).
Questi e altri sintomi, tra cui sensazione di fallimento e ansia, possono anche portare ad agiti aggressivi verso la propria partner. 1 donna su 4 riporta che il compagno è stato violento con lei per la prima volta durante il primo anno di vita del figlio (Madsen, 2007).
Questo può dipendere da diversi fattori, fra cui l’aumentata distanza tra i partner e la sensazione di “esclusione” dalla diade madre-figlio che molti uomini sembrano sperimentare e subire.
Sono frequenti sensazioni di “soffocamento” e “sovraccarico” dovute da un lato all’aumentate richieste nella vita quotidiana, dall’altro dalla frequente insonnia e dal cambiamento nei ritmi fisiologici.
Gli uomini sperimentano inoltre un forte senso di abbandono e si sentono trascurati sia dalla propria compagna che dal figlio ma anche dalla “società” stessa. Questa infatti non consente un’adeguata transizione al ruolo di genitore. Si pensi ad esempio che in Italia, al momento, il neo-padre ha spesso a disposizione solamente 2-3 giorni di congedo parentale, in confronto ai 5 mesi di congedo previsti per le madri.
Depressione post parto materna e paterna a confronto
E’ utile ricordare che non tutti i sintomi di distress diventano una vera e propria DPP paterna.
Si stima che circa il 10% dei neo-padri possa soffrire di depressione. A differenza di quanto accade per la mamme, i sintomi possono comparire tra il 3 e il 6 mese dopo il parto (circa il 5%). O anche più avanti, in concomitanza con la conclusione del primo anno di età del bambino (circa 23.8%) (Condon et al., 2004).
È possibile ipotizzare che la nascita sia un evento comunque positivo per i padri e che questo effetto svanisca progressivamente nel tempo, se altri fattori minacciano la tranquillità emotiva dell’uomo.
Un’altra differenza che merita attenzione riguarda la possibile eziopatogenesi della DPP. Se la depressione nelle donne è più frequentemente associata a fattori cronici ed intrapsichici, è possibile che la DPP paterna sia più legata a variabili sociali e relazionali e, per questo, più esposta a fluttuazioni nel tempo.
Uno degli stress più riportati è infatti legato alla difficoltà di accettare la nuova struttura familiare. Questo rende impossibile per gli uomini prendersi cura in modo adeguato della partner e del figlio (sia materialmente che emotivamente).
La relazione con i figli
La depressione post partum paterna è risultata fortemente associata all’esordio di problemi comportamentali e di sviluppo emotivo nei figli (Edward, Castle, Mills, Davis, & Casey, 2015).
Sono state frequentemente osservate, soprattutto nei figli maschi, iperattività, scarso controllo degli impulsi e problemi di condotta.
Se anche la madre sta soffrendo di DPP o è comunque in uno stato di grave distress emotivo è possibile che si sviluppi un tipo di attaccamento “non sicuro” che potrebbe poi portare a problematiche emotive e relazionali.
Si osserva che se un lato aumentano le interazioni negative e la frequenza con cui il padre “sculaccia” il bambino, dall’altro diminuiscono le interazioni positive e i momenti in cui il padre fa una risata, canta canzoncine, racconta storie ecc.
Se il padre non riesce a stabilire un legame con il figlio, a causa anche delle proprie strutture mentali, può inoltre iniziare a considerare il bambino come un fattore di “disequilibrio” della propria vita. Questo può portare a grave negligenza, maltrattamenti e persino infanticidio.
Il trattamento della depressione post partum nei padri
Quando i sintomi depressivi compromettono significativamente la qualità di vita del padre (e di conseguenza dell’intero nucleo familiare) è importante una presa in carico professionale.
Essendo sotto studiata e poco riconosciuta è possibile immaginare come non ci siano veri e propri protocolli di intervento per la DPP Paterna.
Tuttavia, essendo similare ad un episodio depressivo è stata osservata l’efficacia di un approccio psicoterapeutico, in particolar modo utilizzando la psicoterapia cognitivo comportamentale (CBT) in aggiunta, se necessario, all’assunzione di farmaci antidepressivi (terapia combinata).
Le ricerche dimostrano che un intervento di coppia o di gruppo risulta più efficace sia della terapia farmacologica, sia della terapia individuale (Scarff, 2019).
È però molto importante sottolineare che, come per altri quadri clinici, agire sulla DPP paterna in ottica preventiva è senza dubbio la via preferenziale.
Includere i padri nei programmi sulla genitorialità e informarli su cosa cambierà con la nascita del bambino è senza dubbio importante.
Da un lato questo aumenta la connessione della famiglia già dalla gravidanza, dall’altro può sfatare falsi miti sui bambini o sulle madri e traghettare i genitori verso la loro nuova vita in modo meno accidentato.
Bibliografia
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