L’arte è una forma di espressione umana che affonda le sue radici nelle profondità dell’anima e tocca corde sensibili della persona.
Da sempre ha avuto il potere di evocare emozioni, suscitare riflessioni e creare un senso di connessione tra l’artista e il fruitore.
Ma cosa c’è dietro questa straordinaria capacità di influenzare la nostra mente e le nostre emozioni?
L’arte come veicolo dell’espressione emotiva
Una delle caratteristiche fondamentali dell’arte è la sua capacità di esprimere le emozioni umane in modo unico e potente.
L’artista utilizza colori, forme, suoni o parole per trasmettere un messaggio emozionale che può essere compreso e interpretato – in modo diretto o indiretto – dall’osservatore.
Questa connessione emotiva può suscitare una gamma di emozioni, che spaziano dalla gioia all’ammirazione, dallo stupore alla tristezza profonda.
La psicologia dell’arte si occupa di studiare come queste emozioni vengono generate e vissute attraverso l’interazione con l’opera d’arte.
La bellezza e il piacere estetico
La bellezza – del messaggio se non dell’oggetto rappresentato – è una componente fondamentale dell’arte e gioca un ruolo cruciale nella nostra risposta emotiva.
La psicologia dell’arte ha dimostrato che l’esperienza estetica può generare piacere e gratificazione.
Ciò può essere attribuito a vari fattori, come la simmetria, l’armonia, la complessità e l’originalità dell’opera d’arte.
Numerosi studi scientifici hanno evidenziato che l’esposizione a opere d’arte ritenute piacevoli può attivare circuiti neurali collegati alla ricompensa e al piacere, innescando una risposta positiva nel cervello.
Arte e cervello
Circa 25 anni fa il neuroscienziato indiano Vilayanur Ramachandran aveva proposto una teoria sul rapporto tra alcune aree cerebrali e la percezione estetica.
Tecniche di neuroimmaging permisero di comprendere alcuni processi cerebrali coinvolti nella percezione ed elaborazione di stimoli connessi all’arte.
Si è giunti alla conclusione che i fondamenti dell’esperienza estetica possono essere ricondotti ad elementi della psicologia cognitiva e ad un complesso sistema di connessioni cerebrali tra corteccia, aree visive, orbito-frontali e centri emozionali del sistema limbico.
La collaborazione tra centri cognitivi ed emotivi genera l’esperienza di gratificazione generata dall’opera d’arte, coinvolgendo sistemi dopaminergici in aree sottocorticali come l’insula, l’ipotalamo e lo striato ventrale.
Non dobbiamo comunque trascurare l’importanza della componente culturale che condiziona le specifiche aspettative edoniche che abbiamo su un’opera.
La creatività come espressione dell’individuo
Attraverso la creazione artistica possiamo esplorare quelle emozioni, pensieri e fantasie che potrebbero essere difficili da descrivere con la sola comunicazione verbale.
Creare un qualcosa con tecniche artistiche può aiutare a mettere a fuoco, elaborare e dare forma alle nostre esperienze interiori.
L’arte e la psicologia spesso sono andate sottobraccio sin dagli albori della nascita di quest’ultima. Ogni psicologo che si è interessato di arte si affidava – a volte purtroppo in modo dogmatico – al proprio bagaglio di convinzioni e di teorie.
Purtroppo accadeva che invece di affrontare la questione “arte” con apertura mentale si andava a cercare proprio nell’arte prove a conferma delle proprie ipotesi e convinzioni psicologiche.
Poiché il campo dell’arte è ampio e ricco, tutti alla fine hanno trovato qualcosa ed hanno ritenuto che si trattasse proprio di ciò che stavano cercando. Il risultato è stato che l’arte ha fornito rassicurazioni alla psicologia, mentre la psicologia non ha contribuito che in modo trascurabile a spiegare l’arte.
Nuove tecnologie
L’avvento dei media digitali e dell’intelligenza artificiale (I.A.) ha sollevato nuove questioni. Molto recente è il caso di un’opera di Boris Eldagsen – presentata al Sony World Photography Awards – intitolata The Electrician e che ritrae con stile vintage due donne in posa.
Il lavoro ha vinto il primo premio che l’autore si è rifiutato di ritirare, ammettendo di non essere lui l’autore della foto ma di averla creata tramite I.A.
Un atto intenzionale e non fraudolendo finalizzato ad attivare il dibattito sul rapporto tra le nuove tecniche e il concetto di arte.
Eppure per l’osservatore, consapevole o meno della tecnica impiegata, vedere le due donne ritratte suscita un’interessante esperienza estetica.
E quando l’opera d’arte è visionata attraverso il monitor di un computer?
Sul Journal Computers in Human Behavior è stata pubblicata una ricerca internazionale che ha coinvolto l’Università di Vienna, il Max Planck Institute for Psycholinguistics in Nimega e il Max Planck Institute for Empirical Aesthetics (MPIEA) di Francoforte.
Ai 240 participanti è stata mostrata su uno schermo l’opera di Monet intitolata “Le ninfee” ed è stato chiesto loro, al termine, di compilare un questionario fornendo informazioni sullo stato mentale, l’intensità del piacere avvertito e la significatività dell’esperienza.
I risultati hanno evidenziato un miglioramento significativo dell’umore e una riduzione dell’ansia dopo pochi minuti di visione. A trarne maggior beneficio erano quei soggetti con elevati livelli di responsività estetica, un indice che descrive come le persone reagiscono ai diversi stimoli estetici come l’arte e la natura e può predire chi, dopo un esposizione a questi, reagirà in modo più intenso.
Impegando l’Aesthetic Responsiveness Assessment (AReA) sono state convalidate le associazioni attese tra i punteggi della scala AReA e le misure dei costrutti correlati, nonché le risposte registrate in modo continuo e retrospettivo alla musica, all’arte visiva e alla poesia.
Le analisi fattoriali esplorative e di conferma hanno suggerito tre fattori di primo ordine denominati apprezzamento estetico, intensità dell’esperienza estetica e comportamento creativo, e un fattore di secondo ordine denominato reattività estetica.
Soggetti con queste caratteristiche possono trarre molto beneficio dalla ricerca attiva di opere d’arte su internet; pensiamo a chi è immobilizzato in casa o abita in luoghi distanti da tutto.
In conclusione
Se l’esperienza estetica si è mantenuta nei millenni, anche se cambiando forme e contenuti, è perchè ha una sua funzione nel percorso dell’umanità.
L’intelligenza artificiale ci ha privato di una delle ultime convinzioni antropocentriche che ci erano rimaste: solo l’uomo può pensare e può generare opere che suscitano un’emozione estetica.
Credo che questo sia il male minore per l’umanità considerando che tante cose atroci e orribili sono avvenute senza intelligenza artificiale.
Ci turba pensare che si possa attivare un sentimento estetico guardando un quadro di Monet su internet invece che vederlo su tela? Può sempre essere meglio che guardare una parete disadorna o un paesaggio anonimo da una finestra o peggio ancora non osservare affatto.
Ben vengano strumenti che ci portano ad allargare il nostro orizzonte percettivo e conoscitivo. Restano comunque degli aspetti che non possiamo trascurare.
Un’opera d’arte creata da un uomo ci porta necessariamente a ripercorrere l’atto creativo, comprensibile solo da simili e trasmissibile (se tutto o in parte poco importa) da persona a persona.
I processi mentali dell’artista ci arricchiscono nel continuo lavoro di rimaneggiamento del senso di sé e del mondo che ciascuno di noi, più o meno consapevolmente, fa nel proprio percorso esistenziale.
L’osservazione diretta dell’opera ci porta a cogliere le tracce del tempo, la permanenza di qualcosa che resiste al suo fluire, la fatica di chi l’ha eseguita o di chi la rappresenta. Ci spinge a uscire dai nostri soliti spazi, a essere in un luogo altro con gente altra, a tenere vivo il senso di appartenenza e di condivisione. Riusciamo a sentirci vicini all’artista e a chi, come noi, gode dell’esperienza estetica.
Nell’articolo intitolato “Solitudine: la sofferenza della disconnessione sociale” avevamo evidenziato l’importanza della condivisione e del senso di appartenenza.
Forse l’arte, tra le tante funzioni, può avere in fondo anche quella di farci sentire un po’ meno soli.