Sebbene non sia facile trovare una definizione unica che spiega che cos’è il sonno, da tempo sono note le sue funzioni benefiche sull’organismo. Ogni essere vivente ne riconosce senz’altro i benefici.
Da anni moltissime aree della ricerca scientifica studiano il sonno nell’uomo e negli altri esseri viventi. Sembra sempre più chiaro che non esiste un “unico” sonno e che nel dormire si esprime tutta la complessità del nostro sistema nervoso centrale.
Ogni essere vivente ne capisce appieno l’importanza nel momento in cui viene deprivato dalla possibilità di dormire o la qualità del suo sonno viene tremendamente alterata.
Episodi, cicli e stati del sonno
Sarebbe bello pensare alla notte come un viaggio verso un sonno profondo, ma non è così. Durante la notte sperimentiamo diversi tipi di sonno che si alternano, alcuni sono più profondi, altri più leggeri.
Da oltre 100 anni, anche grazie a strumenti come l’ipnogramma (ovvero il grafico che si ottiene registrando l’attività cerebrale durante il sonno) gli studi del sonno hanno permesso di comprendere come si conforma un episodio di sonno.
Come molti di noi già sanno esistono due fasi del sonno, denominate fase REM e fase NREM (non REM).
Nello stadio REM, quello più simile alla veglia in cui anche i sogni sono più vividi e fantasiosi, sono stati osservati dei movimenti rapidi degli occhi (questo concetto dà infatti il nome all’acronimo Rapid Eyed Movement).
Quello che si sa meno è che invece il sonno NREM è formato da 4 stadi, che cambiano in base al tipo di onde cerebrali prevalenti. Dallo stadio 1 in cui le onde (onde theta) rimangono più rapide a cosiddetto “Slow Wave Sleep – SWS” ovvero al sonno ad onde lente (onde delta) che rappresenta il sonno più profondo e che comprende gli stadi 3 e 4 della fase NREM.
Come è fatto un episodio di sonno quindi?
Come detto precedentemente le fasi REM e NREM non si susseguono linearmente: all’interno di quello che viene appunto definito episodio di sonno queste fasi si alternano più volte.
Appena ci addormentiamo sprofondiamo rapidamente nel sonno ad onde lente e nel giro di circa 90 minuti risaliamo nella fase REM per poi ricominciare il ciclo. Dormendo mediamente 8 ore avremo un episodio di sonno composto da circa 4-5 cicli.
Ogni ciclo del sonno ha la stessa durata ma cambia nell’arco del sonno. All’inizio il sonno profondo si prolunga più tempo mentre con il susseguirsi dei cicli il sonno REM diventa più ampio.
Questo meccanismo ci permette di comprendere come sia normale sentirci riposati solo dopo poche ore di sonno (il sonno profondo infatti è concentrato all’inizio dell’episodio). Aiuta inoltre a capire come a volte dopo 9 ore di sonno ci sentiamo confusi e abbiamo la sensazione di aver dormito solo pochi minuti (se la sveglia suona nel bel mezzo del sonno ad onde lente ci vorrà un po’ per recuperare la lucidità).
Quanto dormiamo?
La durata del sonno si modifica nel corso della vita. I neonati possono dormire oltre 18 ore al giorno, svegliandosi solamente per mangiare.
Il sonno profondo e il sonno REM sono molto presenti in queste fasce d’età essendo necessari per lo sviluppo fisico e mentale.
Le persone anziane, invece, tendono a dormire meno rispetto alla popolazione adulta ed ad avere un sonno più frammentato (soprattutto nella seconda parte della notte). Certe modificazioni sono normali con l’avanzare dell’età.
Inoltre, non c’è una relazione diretta tra quantità di sonno e benessere, molto dipende dal nostro ritmo biologico. Esistono brevi e lunghi dormitori e ancora oggi si cerca di capire cosa ci fa appartenere ad una o all’altra categoria.
Quando dormiamo?
La tendenza a collocare in modo stabile l’episodio di sonno nelle ore notturne si realizza progressivamente nel corso dei primi mesi di vita.
Si suppone che tra i fattori più importanti che generano questa predisposizione ci sia l’alternanza luce-buio. L’assenza di luce fa aumentare la secrezione della melatonina, un ormone prodotto nella ghiandola pineale e ampiamente conosciuto per le sue proprietà di regolazione del ritmo sonno/veglia.
Il sonno diurno, tuttavia, viene studiato fin dall’inizio del 1900 e sebbene abbia delle caratteristiche neurofisiologiche differenti aiuta a compensare la mancanza di sonno notturno o a potenziarne la durata.
Molti studi testimoniano che, anche per chi dorme regolarmente la notte, fare un riposino pomeridiano aiuta a migliorare molte funzioni cognitive quali la concentrazione e la memoria.
Le differenze individuali nel sonno
Esistono poi differenze individuali più stabili che fanno si che alcuni esseri umani anticipino l’ora in cui vanno a letto e quella i cui si alzano (i cosiddetti “mattutini” o “allodole”). Mentre altri trovano più naturale andare a letto tardi e svegliarsi tardi (i cosiddetti “serotini” o “gufi”).
Non ci sono differenze significative nella qualità del sonno in queste due categorie ma è stato osservato che l’umore è tanto più regolare quanto lo stile di vita è sintonizzato con gli orari del sonno. Si è visto ad esempio che persone che anticipano l’episodio di sonno (i “mattutini”) hanno un umore più alto e equilibrato dalle 9.00 alle 16.00 mentre diventano più stressati nelle ore serali.
Queste differenze possono dar vita a particolari patologie del sonno, descritte nel prossimo paragrafo.
Fare un buon automonitoraggio e conoscere bene noi stessi, anche in questo caso, è prezioso per capire come scegliere il nostro stile di vita per essere più sani ed efficienti.
I disturbi del sonno
Per la diagnosi delle patologie del sonno ci possiamo affidare al colloquio clinico con un professionista competente oppure effettuare una polisonnografia. Si tratta di un esame non invasivo che serve a monitorare una serie di parametri fisiologici durante il sonno.
L’alterazione dell’episodio di sonno, in quantità o in qualità, da origine a diversi quadri clinici.
Insonnia
L’insonnia è la più comune patologia associata al sonno e si stima che colpisca, anche se in forma lieve e occasionale, la maggior parte della popolazione mondiale.
La mancanza di un adeguato riposo ha conseguenze ad ampio spettro sulla qualità della vita e si ripercuote sia sul piano emotivo che su quello cognitivo e somatico. Questo fenomeno può essere causato da tantissimi fattori diversi, organici o psicologici.
Il primo grande passo per tornare a dormire efficacemente è capire che tipo di insonnia abbiamo e soprattutto capirne la funzione.
L’insonnia può essere oggettiva ma anche soggettiva, primaria o secondaria, iniziale, intermedia o terminale. Queste sono solo alcune delle classificazioni che sono state fatte rispetto al fenomeno dell’insonnia, che merita quindi una valutazione molto approfondita.
E’ noto come corretta igiene del sonno e un consulto psicoterapeutico possono aiutare chi soffre di insonnia a sentirsi meglio anche nel breve termine.
Narcolessia e ipersonnia
All’opposto dell’insonnia, in cui la quantità di sonno (notturno) diminuisce significativamente, con il termine ipersonnia ci riferiamo a tutti quei casi in cui la persona ha un eccessiva e cronica sonnolenza diurna.
Se l’ipersonnia è indotta da altre condizioni mediche viene definita secondaria, mentre se le cause sono apparentemente sconosciute parliamo di ipersonnia idiopatica o primaria.
La narcolessia rappresenta la forma più nota e distinta di quest’ultima categoria ed è una patologia neurologica in cui il cervello non riesce a regolare in modo fisiologico il ritmo sonno/veglia.
Le persone narcolettiche hanno veri e propri attacchi di sonno, improvvisi, irresistibili e involontari. Vanno incontro spesso a cataplessia, ovvero un improvvisa perdita del tono muscolare in risposta alle emozioni.
Parasonnie
Ci riferiamo alle parasonnie per identificare un gruppo di patologie in cui lo stato del sonno è alterato per la sua qualità più che per la quantità e si osservano comportamenti particolari nel corso dell’episodio di sonno.
Il problema principale di questi quadri è che il soggetto compie determinate azioni mentre dorme ma non si ricorda nulla quando si risveglia.
Parasonnie NREM
Le parasonnie che si verificano durante il sonno NREM si verificano soprattutto nella prima parte della notte, durano pochi minuti (ma possono arrivare anche a 30 minuti) e tendenzialmente si riducono o scompaiono con l’età. Le forme più comuni sono:
- Risvegli confusionali: episodi di risveglio parziale in cui ci si sveglia confusi, disorientati e possiamo parlare in modo strano (tipico dei bambini).
- Sonnambulismo: caratterizzato da comportamenti più complessi in cui il soggetto può camminare, mangiare, uscire di casa in modo più o meno finalistico.
- Disturbo da incubi: risvegli parziali improvvisi accompagnati da intenso terrore, agitazione ed alterazione fisica in cui si è poco responsivi al risveglio e difficilemnte riconosciamo chi ci sta intorno.
Questi fenomeni si risolvono da soli e come detto in precedenza al risveglio non se ne ha memoria.
Sebbene spesso siano manifestazioni benigne, la loro imprevedibilità può causare spiacevoli conseguenze su di se e sui conviventi di chi ne soffre.
Anche in questo caso una valutazione accurata è molto consigliata.
Parasonnie REM
Durante il sonno REM invece si verificano parasonnie quali:
- il Disturbo comportamentale del sonno (RBD). Anche alla luce della maggiore tonicità muscolare, il soggetto agisce comportamenti bruschi, spesso in rapporto ai contenuti dei proprio sogni: il soggetto può urlare, dare calci e pugni ecc.).
- la paralisi del sonno: il soggetto sente la totale incapacità di mettere in atto movimenti volontari nonostante il soggetto sia totalmente cosciente. Può durare parecchi minuti e possono comparire allucinazioni uditive e visive. Tutto ciò viene vissuto con forte ansia e terrore.
- Allucinazioni ipnagogiche e ipnopompiche, esperienze vivide, simili al sogno e spesso con contenuti di fantasia che si verificano all’addormentamento o al risveglio. Fanno sentire il soggetto che le vive in dubbio se quello che sperimenta stia o meno accadendo nella realtà (un tipo contenuto di queste allucinazioni è la sensazioni di stare cadendo/essere caduto dal letto).
Rientrano nelle parasonnie del sonno REM anche l’enuresi notturna e lo Sleep-Related Eating Disorder (SRED). Durante il sonno vengono ingeriti compulsivamente cibi o bevande (anche inusuali e non commestibili) senza che a risveglio ci si ricordi minimamente dell’accaduto.
Disturbi del ritmo circadiano
Come detto in precedenza ogni essere umano ha un proprio ritmo biologico.
Dormire stabilmente in modo non sintonizzato con il proprio ritmo può portare a all’insorgenza della sindrome da ritardo di fase o della sindrome da avanzamento di fase.
La prima ci spinge a stare alzati fino a tardi, con difficoltà ad addormentarci e a stare svegli durante il giorno (nessun disturbo se andiamo a letto molto tardi e ci svegliamo tardi al mattino).
La seconda all’opposto tende a farci addormentare presto la sera e ad avere un risveglio mattutino precoce, con grave sonnolenza durante il giorno (nessun problema se invece si va a letto presto e ci si sveglia presto).
La famosa sindrome da jet lag o sindrome da fuso orario altro non è che un disturbo del ritmo circadiano in cui chiediamo al nostro corpo di riadattarsi ad un ritmo sonno/veglia diverso dal proprio.
Differenze con l’insonnia
A differenza dell’insonnia, il sonno di chi soffre di questi disturbi è perfetto: non ci sono alterazioni rilevabili. E’ un sonno riposante e ininterrotto, ma il soggetto non riesce ad addormentarsi all’orario che vorrebbe.
Se lo stile di vita rende obbligatorio seguire altri orari le conseguenze si queste sindromi possono essere molto pesanti.
Quella di “non carburare la mattina” o di “non riuscire a prendere sonno la sera presto” è una sensazione nota a tutti. Spesso nella nostra società ci ironizziamo su e ci lamentiamo della fatica che facciamo a svegliarci la mattina. E’ tuttavia importante un’adeguata valutazione.
Una graduale modificazione degli orari del sonno cosi come l’uso della melatonina possono aiutare a risolvere queste patologie.
Disturbi del sonno legati alla respirazione
Questi disturbi interrompono la continuità del sonno e sono principalmente:
- il russamento (il più comune) legato ad alterazioni organiche delle vie nasali e delle vie respiratorie in generale;
- la Sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSA) in cui il collasso delle vie respiratorie superiori durante il sonno NREM può provocarne una completa chiusura (apnea) o una parziale chiusura (ipopnea). Questa si traduce in risvegli frequenti e frammentazione eccessiva dell’episodio di sonno.
La mancata ossigenazione del cervello durante il sonno è chiaramente un fenomeno da non sottovalutare. Quindi è fondamentale rivolgersi a centri specialisti se ipotizziamo di soffrire di una di queste condizioni.
Sindrome delle gambe senza riposo
A concludere questa rassegna inseriamo questo fenomeno clinico ancora studiato e parzialmente sconosciuto.
L’età, la gravidanza, l’insufficienza renale, l’uso di alcuni farmaci, sono solo alcuni dei fattori che sono stati associati all’insorgenza della sindrome delle gambe senza riposo. Sebbene sia già presente nella popolazione anziana, talvolta insorge anche prima dei 20 anni.
Chi soffre di questa sindrome ha un irresistibile necessità di muovere le gambe quando è a riposo. Può mettere in atto movimenti periodici e involontari che causano difficoltà di addormentamento, frammentazione del sonno e conseguenze sonnolenza diurna.
Il trattamento farmacologico è quello di elezione ma è opportuna un attenta valutazione clinica per diagnosticare e comprendere meglio questo fenomeno.