In un precedente articolo è stato affrontato il tema della gelosia patologica, cogliendone i diversi aspetti diagnostici. Il fenomeno può infatti essere sotteso da una struttura di personalità (ad esempio borderline, paranoidea, dipendente), da un disturbo delirante, da un abuso di alcol o sostanze. Talvolta da patologie organiche (per mia esperienza questi quadri si osservano spesso nell’età senile) o altro ancora.
In questo articolo cercherò di affrontare la questione di come poter gestire e combattere la gelosia. La questione non è semplice. Proprio perché possono essere all’origine della gelosia aspetti diversi, i trattamenti saranno differenti. Ad esempio in base alla struttura personologica che ci troviamo davanti o ad un eventuale disturbo psicopatologico di base. In alcune situazioni può essere d’aiuto una psicoterapia cognitivo comportamentale, in altri bisogna associare a questa un intervento anche farmacologico. Oppure nei casi in cui c’è un abuso di sostanze bisogna pensare ad un percorso di disintossicazione prima di qualunque trattamento.
Ma non tutte le gelosie sono necessariamente patologiche e non tutte le forme patologiche sono refrattarie a interventi di auto-aiuto.
Proveremo ad analizzare alcune strategie che potrebbero essere utili a combattere la gelosia, cercando di non banalizzare il dolore e le intense difficoltà che incontra la persona che prova sentimenti di gelosia e chi ne è oggetto.
Siamo tutti un po gelosi
“Caino era geloso di Abele perché il Signore gradiva i suoi doni che egli offriva con cuore sincero..” (Genesi 4).
La gelosia compare con l’uomo e ognuno di noi l’ha sperimentata: nei rapporti familiari, di amicizia, sul lavoro, nelle relazioni sentimentali. Spesso vissuta come una minaccia di tradimento, abbandono o di un confronto con una terza persona dal quale immaginiamo di uscirne perdenti.
Talvolta possiamo sentirci gratificati da questo sentimento, sia quando lo proviamo che quando ne siamo oggetto, interpretandolo come un segnale di attaccamento e di esclusività della relazione. Ma non è sempre così, toccando direttamente con mano, nella mia attività clinica, il dolore che può derivare da una gelosia non gestita.
Provare la gelosia è differente da agire la gelosia: in genere le persone che cercano un aiuto specialistico rientrano nella seconda tipologia.
La gelosia diventa un problema serio quando crea un ostacolo alle relazioni. Rapporti che vengono conclusi all’improvviso. Vissuti di risentimento che durano per tempi prolungati. Incapacità di allontanare i pensieri intrusivi sul tema con una conseguente compromissione funzionale in vari ambiti. Impossibilità di prendere decisioni in modo lucido. Insonnia, umore deflesso con visione catastrofica del presente e del futuro, alterazione dell’appetito, perdita della funzione del piacere. Messa in atto di condotte di cui poi ci si pente.
Siamo tutti un po’ gelosi ma in alcune situazioni l’intensità del sentimento può costituire un problema con gravi conseguenze.
Affrontare e gestire la propria gelosia
Immaginiamo di dover trascorrere intere giornate a interrogarsi e interrogare, a controllare, pedinare, chiudersi in un silenzio ostile, vivere stati d’allarme permanenti, agire condotte aggressive: non è un gran vivere.
Se solo potessimo costruire delle modalità per combattere la gelosia, o almeno gestirla. Volutamente non parlo di eliminazione totale (cosa che comunque può accadere) ma di gestione, consapevole che in alcuni soggetti la gelosia come risposta primaria forse non andrà mai via del tutto. Non per questo bisogna comunque rinunciare a mettere in atto degli stratagemmi per arginarla e farla interferire il meno possibile con la vita di tutti i giorni.
Qualcuno penserà: “Sono così e non potrò cambiare, quindi è inutile fare qualunque tentativo”. Inviterei a non fermarsi a questo primo punto poiché credo valga sempre la pena cercare di evolversi verso schemi più funzionali.
Provate a immaginare una vita con livelli minimi di gelosia o ancor meglio senza: come migliorerebbero le vostre relazioni? Vi sentireste meno tesi, ansiosi, arrabbiati o tristi? Vi sentireste più desiderabili? Avreste un livello di funzionamento migliore in diversi ambiti? Cosa penserebbe di voi la persona oggetto di gelosia vedendovi meno assillati da questo sentimento?
Per provare ad attuare qualche cambiamento dobbiamo partire dal comprendere il funzionamento mentale della gelosia.
Una mente gelosa
Una mente è sempre costituita da molte parti interagenti, una sorta di rete in cui i singoli nodi dialogano incessantemente. In una mente gelosa si riscontrano delle modalità piuttosto tipiche del quadro.
Una prima caratteristica è la presenza di convinzioni radicate, poco elastiche, generalizzanti, che descrivono il modo di vedere le cose, con una modalità che impedisce l’assunzione di prospettive differenti. Nella maggior parte dei casi non siamo coscienti di questi assunti che indirizzano i nostri percorsi esistenziali.
Spesso riguardano la convinzione di non essere amabile, desiderabile o di non riuscire a tenere accanto la persona amata. Non siamo consapevoli del contenuto e neanche del fatto che si tratta di nostri pensieri, un nostro prodotto mentale come tanti altri, che non hanno nulla a che vedere con i fatti. Può essere così…ma può anche non essere.
Quelle che sono delle nostre riflessioni vengono identificate con dati oggettivi e insindacabili. Se siamo certi del fatto che non siamo desiderabili, considerando ciò come un dato oggettivo e non come un nostro pensiero, potrà insinuarsi l’idea che il partner possa trovare gli altri più interessanti.
I processi di conferma delle ipotesi che alimentano la gelosia
Le persone che si piacciono e si sentono desiderabili non si meravigliano del fatto che possano anche non piacere e non suscitare l’interesse dell’altro. In chi non si piace non c’è modo di sradicare l’idea che l’altro possa avere un’opinione diversa dalla sua in merito al suo essere piacevole o amabile.
Le convinzioni radicate difficilmente si scardinano spontaneamente. Sono continuamente alimentate da processi euristici che spingono a cercare esclusivamente conferme alle proprie convinzioni, scartando tutto ciò che potrebbe convincerci del contrario. Si parte da una convinzione fondamentale, si cercano gli indizi che la confermano, si sminuiscono o si rimuovono gli aspetti positivi della relazione, si amplificano quelli negativi.
Nella gelosia non sono i pensieri e preconcetti che fanno soffrire ma le emozioni che si accompagnano a questi. L’ansia legata all’incertezza di cosa sta succedendo o al timore della perdita. La rabbia del sentirsi manipolati, umiliati, svalutati. La confusione sui sentimenti provati. L’ambivalenza di amare qualcuno che potrebbe ferirci.
I processi di pensiero disfunzionali del geloso
Troviamo quindi una mente gelosa con convinzioni radicate, con la tendenza a cercare esclusivamente conferme al proprio pensiero a cui si aggiunge quella che chiamiamo ipertrofia delle regole. Il geloso patologico ha un insieme di regole inflessibili attraverso cui legge il mondo. Tutte inizia con un “Se….allora….”: “Se il mio partner mi amasse davvero allora non dovrebbe trovare attraente nessun altro”.
Può essere d’aiuto ragionare sul fatto che regole rigide e non soggette a valutazione critica portano gravi disagi nella vita, che per sua natura è fluttuante. E’ ragionevole pensare che siamo gli unici al mondo che il partner possa trovare attraenti? Possiamo essere noi a trovare noi attraenti altre persone, ma siamo per questo inaffidabili?
Gli elementi elencati finora portano alla generazione di un pensiero distorto: distorsioni vissute come dati oggettivi e inequivocabili. La mente gelosa crede di poter leggere nella mente dell’altro (“So a cosa sta pensando l’altro”), di avere il dono della preveggenza, (“So che si incontrerà di nascosto con la persona X”), ha un pensiero dicotomico (“O mi ama o non mi ama affatto”), generalizzantante che impiega i “sempre” e “mai” (“Fa sempre la tal cosa”, oppure “Non fa mai…..”, guidata da un ragionamento emotivo (“Se avverto ansia vuol dire che il partner sta tramando qualcosa”; “Avverto noia in questo rapporto quindi il partner sarà spinto a cercare altro”).
Può accadere che il partner stia effettivamente frequentando una terza persona e che i nostri sospetti siano fondati; ma ciò non vuol dire che siamo in grado sempre di prevedere in quell’esatto momento cosa stia accadendo nella sua testa. Può essere d’aiuto nutrire qualche legittimo dubbio anche sui nostri modi di leggere la realtà non solo ed esclusivamente sulla fedeltà dell’altro.
Come combattere la gelosia
Se riuscissimo a non generalizzare, non etichettare, riconoscere i pensieri distorti..ecc…non soffriremmo come la gelosia fa soffrire. Partiamo dall’allontanare da noi l’idea che la gelosia debba sparire per sempre.
E’ già un buon obiettivo lasciare spazio alla gelosia imparando a gestirla e a disinnescarla non appena si attiva. Entrare a casa e sentire l’allarme dell’antifurto che si attiva non necessariamente significa che ci sono i ladri in casa nè che non possiamo attivarci a disinserirlo per eliminare il dolore assordante.
Lasciare spazio alla gelosia vuol dire trattare questi pensieri come un clacson nel traffico o degli inserti pubblicitari. Non ci è d’aiuto soffermarci a guardare ogni modello di auto che suona o leggere ogni riga di un volantino pubblicitario. Impariamo a cogliere lo stimolo ma a lasciarlo andare senza focalizzarci su esso.
Aiuta molto accettare le proprie emozioni, considerandole come nuvole che si formano in cielo e cambiano forma continuamente e non come riflesso diretto della realtà. Possiamo provare verso il partner amore, paura, rabbia, tenerezza: tutte emozioni che fanno parte dei rapporti reali, non idealizzati.
Lasciare spazio al sentimento di gelosia ed accettarlo non vuol dire doverci aderire. Piuttosto è il primo passo per iniziare a prenderci le distanze e iniziare a riflettere sul meccanismo che lo alimenta non sui contenuti della gelosia in sé.
Affrontare la gelosia in pratica
In termini pratici si traduce nel non lasciarsi dirottare dai pensieri, non alimentare la gelosia, non agire i sentimenti.
Vuol dire riconoscere quando si presentano i pensieri di gelosia e dirottare l’attenzione su altro. E’ un esercizio che richiede tempo e allenamento ma che ripaga in termini di benessere.
Purtroppo cercare semplicemente di bloccare i pensieri inerenti la gelosia senza fare altro risulta fallimentare: “Cerco di arrestare il pensiero ma dopo poco ritorna più intenso di prima”. Invece di bloccare il pensiero possiamo imparare a conviverci, come facciamo con i rumori di fondo delle nostre città. Non li vogliamo, desideriamo interromperli e alla fine impariamo a conviverci facendoli scivolare come rumori di fondo. Così alla fine arriviamo a non farci più caso.
Nel pensiero geloso la mente fa l’opposto: compare un pensiero intrusivo, ci si preoccupa per i suoi contenuti e la mente automaticamente cerca di aumentare la concentrazione: “Se mi è venuto in mente questo pensiero dai contenuti spiacevoli vuol dire che è importante, che devo prestarci attenzione”.
Ingenuamente la persona pensa che per non essere colto all’improvviso da questi sussulti emotivi deve prevedere e controllare tutto. Si attiva così un circuito disfunzionale in cui pensieri di gelosia richiamano alla mente pensieri simili. Il pensiero non viene percepito come un rumore di fondo con cui imparare a convivere, proprio come facciamo con i rumori della città o dei treni in una stazione, ma viene letto come un segnale importante che vuol dire qualcosa e che va sviscerato nei suoi contenuti.
Vengono interpretati i pensieri di gelosia come una sorta di autoprotezione evitando in tutti i modi di disattivare il sistema d’allarme interpretandolo come utile. Bisogna tenere a mente che l’allarme è diverso dall’evento che dovrebbe essere segnalato.
Pensieri utili e preoccupazioni inutili
Bisogna imparare a distinguere i pensieri produttivi da quelli improduttivi.
Un pensiero risulta produttivo quando riesco a impiegarlo per trovare una soluzione sensata al problema. Mi accorgo dell’improduttività di un pensiero quando non mi da indicazioni su cosa posso fare, come accade con il ripetersi che il proprio partner potrebbe tradirci.
Il pensiero produttivo è quello che, invece di ripetersi che si ha un problema, porta elementi utili e indicazioni utili a mettere in atto condotte che ci aiutano a uscire fuori dal problema.
Se proprio non riuscite a disinnescare l’allarme può essere d’aiuto concentrare i pensieri di gelosia in una fascia oraria della giornata. Vi aiuterà ad imparare a non cedere all’impulso ruminativo per rimandarlo a un’ora da voi decisa.
Esporsi ai pensieri che alimentano la gelosia per combatterla
La noia può essere un buon deterrente. E’ una tecnica semplice basata su un principio elementare della psicologia: l’assuefazione o saturazione. Se vedessimo il nostro film preferito 500 volte in pochi giorni continuerebbe a suscitare il nostro interesse?
Essere disposti ad affrontare ciò che temiamo all’inizio può portare a un aumento della paura che nel tempo si estinguerà lasciando spazio alla noia o indifferenza. Prendete uno dei vostri pensieri di gelosia ad esempio “Il mio partner potrebbe tradirmi” e ripetete il pensiero lentamente per 500 volte per una ventina di minuti.
Durante le prime ripetizioni l’ansia potrebbe addirittura aumentare, ma non fatevi scoraggiare. Non distraetevi e concentratevi invece sulla frase da ripetere, parola per parola. Dopo un po si farà fatica a focalizzare l’attenzione ed il pensiero inizia a diventare noioso.
Conclusioni su come combattere la gelosia
Come vedete ci sono alcune strategie – per sintesi non le abbiamo elencate tutte – che possono aiutare a gestire la gelosia.
Ricordate che il fatto di aver avuto un pensiero non vuol dire che necessariamente è importante. Limitatevi a osservare i pensieri e lasciarli andare (come facciamo con la maggior parte pensieri che abbiamo nella giornata). Non sempre i pensieri sono collegati a ciò che succede realmente, spesso sono nostri prodotti mentali. Se penso che il mio partner sia inaffidabile, il fatto che nella realtà mi tradisca o meno non è il nostro pensiero che lo stabilisce ma le condotte messe in atto.
Bibliografia
Robert Leahy: La cura della gelosia. Edizioni Erickson
Approfondimenti
Scarica gratis la prima parte del libro “La cura della gelosia”