Depressione e inquadramento diagnostico
Per depressione ci riferiamo ad un disturbo psicologico caratterizzato da una deflessione del tono dell’umore (tristezza, vuoto, irritabilità) di marcata intensità e durata. Questa è accompagnata da una serie di altri sintomi fisiologici (es., dolori muscolari e articolari, rallentamento psicomotorio o agitazione), emotivo-motivazionali (ad es., scarsa volizione, diminuzione del piacere sessuale) e cognitivi (es., focalizzazione ruminativa su pensieri negativi, difficoltà di concentrazione).
I sintomi provocano un’importante sofferenza soggettiva o un’alterazione del funzionamento generale della persona. Infatti, anche sul piano comportamentale la persona depressa, presenta tendenza al ritiro sociale, diminuzione delle attività utili o piacevoli, tendenza alla diminuzione o aumento del sonno e dell’appetito che impattano enormemente sulla qualità di vita.
Nella nosografia psichiatrica internazionale attuale (DSM-5; APA, 2013) si parla di “Disturbi depressivi” come un gruppo di disordini affettivi, quali il disturbo depressivo maggiore, il disturbo depressivo persistente o distimia, il disturbo da disregolazione dell’umore dirompente e altri disturbi depressivi indotti da sostanze, cause mediche o altre specificazioni.
Tutti questi disturbi depressivi sono caratterizzati da umore triste, vuoto o irritabile assieme ad altre modificazioni somatiche e cognitive; le differenze stanno invece nella durata e nell’eziologia.
Disturbo depressivo maggiore: come identificarlo
Il disturbo depressivo maggiore è il quadro più comune tra questi ed è caratterizzato da (APA, 2013):
- umore depresso con sentimenti di vuoto o disperazione, tristezza o irritabilità;
- marcata diminuzione di interesse o piacere verso la maggior parte delle attività;
- significativa perdita o aumento di peso;
- insonnia o ipersonnia;
- agitazione o rallentamento psicomotorio;
- faticabilità o mancanza di energia;
- sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati;
- ridotta capacità di concentrazione o eccessiva indecisione;
- pensieri ricorrenti di morte o ideazione suicidaria.
Secondo i criteri diagnostici del DSM-5 (APA, 2013) questi sintomi (almeno 5 di questi) devono essere presenti quasi tutti i giorni – ad eccezione della perdita di peso e dell’ideazione suicidaria – per un periodo di almeno due settimane.
Inoltre i sintomi principali di umore depresso e anedonia devono essere presenti per quasi tutto il giorno o verso quasi tutte le attività, come riferito dal paziente stesso o evidente a chi lo circonda.
I sintomi descritti, per essere tali da poter giustificare una diagnosi di Disturbo Depressivo Maggiore, devono causare un disagio significativo al soggetto che li esperisce e alterarne le capacità di funzionamento nelle aree di vita importanti quali la professione o le relazioni interpersonali (APA, 2013).
Depressione: come curarla
Come tutte le problematiche di natura psicologica, la depressione per poter essere curata, deve prima essere correttamente inquadrata e diagnosticata da un professionista.
La persona, quindi, deve rivolgersi al proprio medico o ad uno specialista della salute mentale (psichiatra e/o psicoterapeuta) per individuare correttamente il disturbo ed escludere che i sintomi che esperisce non possano essere spiegati da problemi di altra natura come malattie organiche (es. ipotiroidismo), neurologiche (es. demenza) o psicologiche (es. altri disturbi dell’umore oppure disturbi post-traumatici).
Davanti ad un corretto inquadramento diagnostico, il disturbo depressivo può essere affrontato come diversi piani terapeutici, anche integrabili tra loro.
Terapia farmacologica
Il trattamento farmacologico della depressione prevede prevalentemente, ma non solo, l’utilizzo di psicofarmaci antidepressivi che ad oggi sono considerati indispensabili nella cura delle forme gravi e recidivanti di depressione, nelle depressioni con sintomi psicotici o negli episodi depressivi all’interno di quadri bipolari.
Le principali categorie di antidepressivi utilizzate in questi casi sono: antidepressivi triciclici, AntiMAO o IMAO, inibitori della ricaptazione della serotonina o SSRI e un gruppo misto di cui fanno parte altre sostanze quali agomelatina, trazodone, amisulpiride.
Nelle forme di depressione accompagnate da sintomi psicotici il trattamento viene spesso coadiuvato anche dall’uso di farmaci antipsicotici e nella depressione bipolare da stabilizzatori dell’umore.
Psicoterapia
Nelle forme lievi invece le linee guida (NICE, 2009) indicano la psicoterapia come prima scelta, in particolare la psicoterapia cognitivo-comportamentale. La psicoterapia, in generale, può essere integrata ed accompagnata da un piano farmacologico di trattamento oppure, in alternativa, può essere fornita dopo che il soggetto è stato sottoposto per un periodo a terapia farmacologica (si parla in questo caso di terapia sequenziale).
Le forme di psicoterapia classicamente proposte ai soggetti affetti da depressione sono state la psicoterapia supportiva, la psicoterapia dinamica e la psicoterapia interpersonale, ma è la terapia cognitivo-comportamentale (TCC) di Aaron Beck, Peter Seligman e Albert Ellis quella attualmente più utilizzata e dotata di basi di comprovata efficacia.
Altre terapie
Dato che non tutti i pazienti rispondono in modo soddisfacente ai farmaci e/o alla psicoterapia, esistono altre possibili vie terapeutiche da poter valutare, quali la terapia elettroconvulsivante (ECT), la stimolazione magnetica transcranica (TMS) e la stimolazione elettrica del nervo vago.
Ad eccezione di questa ultima, che è ancora in fase sperimentale, la ECT e la TMS hanno mostrato prove di efficacia nelle forme resistenti di depressione che non rispondevano ad altri trattamenti.
La depressione in ottica cognitivo-comportamentale
In ottica cognitivo-comportamentale la depressione viene descritta, nella sua eziologia e mantenimento, con l’unione di due modelli teorico-metodologici: quello cognitivo (Beck, 1967;Hawton et al., 1989) e quello comportamentale (Ferster, 1973; Lewinsohn, 1984).
Questi contributi esitano il un modello in cui la depressione si innesta su una vulnerabilità di base individuale data da fattori biologici (es. genetici), ambientali (es. educazione) e esperienze precoci di vita che vanno a costituire il terreno fertile per lo sviluppo del disturbo depressivo a seguito di particolari accadimenti con particolare valenza in termini di stress psicologico (i cosiddetti eventi critici).
È importante sottolineare che tali eventi, nonostante siano capaci di creare sofferenza transitoria in qualsiasi essere umano, diventano inneschi di un disturbo depressivo solo in soggetti con tale vulnerabilità di base.
In ottica cognitivo comportamentale, infatti, i fattori che determinano la vulnerabilità alla depressione si traducono in cognizioni interiorizzate: credenze di base e assunti che predispongono il soggetto a decodificare gli eventi critici in modo rigido o distorto, aumentandone l’impatto emotivo.
Schemi e credenze
Ad esempio, una persone cresciuta in un ambiente critico ed emotivamente freddo, con genitori severi e esigenti ed eventi di vita precoci di insuccesso sociale o scolastico, potrebbe essere portato a costruire, nella fase di sviluppo, delle convinzioni profonde di essere una persona di poco valore e delle “regole interne” estremamente rigide (“Devo eccellere in tutto”, “L’errore non è ammesso”, “Se non hai successo sei una persona incapace”) con standard eccessivamente elevati o perfezionismo patologico in ambito professionale.
Per questa persona, sempre a titolo esemplificativo, un demansionamento lavorativo potrebbe avere un impatto emotivo enormemente più drammatico rispetto ad altri, proprio perché l’evento potrebbe essere interpretato come un grave fallimento personale. Le reazioni emozionali all’evento, che in altre persone sono transitorie, potrebbero cronicizzarsi e cristallizzarsi in sintomi depressivi quali emozioni pervasive di tristezza, scoraggiamento, rabbia, non più soltanto legate all’evento ma ad una più generale difficoltà di adattamento alle conseguenze dell’evento critico.
Inoltre la persona – assieme a questi stati affettivi – potrebbe iniziare a percepire persistenti sensazioni corporee di affaticamento ed irrequietezza, un calo della spinta volitiva verso le normali attività della vita quotidiana, ricorrenti pensieri di carattere negativo sull’evento stesso e, più in generale, su di sé e sul mondo circostante e infine comportamenti di isolamento sociale o di evitamento attivo verso molte attività che prima svolgeva.
Il circolo vizioso depressivo
Nel modello cognitivo-comportamentale i sintomi depressivi venutisi a creare a seguito dell’interpretazione eccessivamente negativa dell’evento critico, si autoalimentano nel tempo rinforzandosi vicendevolmente.
Infatti, la persona depressa mette in atto strategie comportamentali (evitamento, ritiro) e cognitive (ruminazione e focalizzazione sui contenuti mentali negativi) che involontariamente aumentano le emozioni dolorose, i sintomi di scarsa volizione e le sensazioni fisiche tipicamente depressive.
Questi ultimi fattori affettivo-motivazionale amplificano a loro volta la tendenza all’inattività ed i processi cognitivi disfunzionali in un circolo vizioso senza fine.
L’intervento sulla depressione con la psicoterapia cognitivo-comportamentale
È intuibile, da quanto detto, che il lavoro psicoterapico in ottica cognitivo-comportamentale andrà a cercare di modificare gli elementi sopra illustrati che sono ritenuti i fattori responsabili del mantenimento della sintomatologia depressiva.
Quindi, il terapeuta, dopo aver condiviso col paziente il funzionamento del circuito di auto-rinforzo della sintomatologia depressiva, andrà a proporre un intervento che agisca proprio su queste componenti comportamentali e cognitive del disturbo.
Strategie comportamentali
Il primo obiettivo terapeutico, strettamente comportamentale, sarà quello volto a stimolare, sul piano pratico, una ri-attivazione della persona, sia verso le attività utili che quelle piacevoli che erano state progressivamente sacrificate.
Facendo prima un monitoraggio delle comuni attività che la persona svolge allo stato attuale e aiutando il paziente a notare il nesso tra inattività e umore depresso, il terapeuta andrà poi a proporre un graduale rinserimento di azioni necessarie per ristabilire un normale funzionamento dell’individuo (ad esempio, attività utili come accompagnare i figli a scuola o prendersi cura del proprio igiene) o ad aumentare l’accesso a emozioni piacevoli (ad esempio, fare giardinaggio o prendere il caffè con un’amica).
Questa riattivazione comportamentale permetterà una graduale diminuzione dell’abulia del paziente, una riorganizzazione delle abitudini che si erano dis-regolate (es. alzarsi entro le 8 senza restare nel letto tutta la mattina), l’inserimento di routine adeguate (es. pranzare seduti a tavola anziché sul divano davanti alla tv), una promozione di comportamenti che generino rinforzi positivi (es. fare un bagno caldo).
È importante che il paziente sia aiutato anche a curare la qualità di tali attività e non solo il loro aumento in termini quantitativi, identificando ostacoli o difficoltà personali che ne impediscano l’apprezzamento.
Strategie cognitive
Come abbiamo detto, i sintomi depressivi sono costituiti anche da pensieri negativi ricorrenti che sono strettamente connessi a più generali “regole” o “assunzioni” cognitive ed a credenze profonde che la persona ha su di sé.
Se ne evince che il piano di terapia più strettamente cognitivo andrà a lavorare su tali cognizioni, prima individuandole e poi tentando di depotenziarle. La ristrutturazione cognitiva è la procedura che in terapia cognitivo-comportamentale viene utilizzata allo scopo di modificare i contenuti mentali negativi ricorrenti e rendere meno rigide le strutture di significato sottostanti.
L’allenamento all’individuazione di certe ricorrenze cognitive e la messa in discussione delle stesse permetterà al paziente di individuare alternative di pensiero più funzionali ed elastiche ed uscire progressivamente dal vortice di pensieri depressivi che influenza lo stato affettivo e spinge a comportamenti disfunzionali.
Strategie metacognitive
Più recentemente, la TCC ha implementato le proprie procedure terapeutiche inserendo un focus di lavoro ulteriore rivolto al piano metacognitivo, ossia rivolto ai pensieri del paziente relativi ai propri processi mentali.
Abbiamo infatti illustrato quanto i sintomi depressivi siano caratterizzati anche da processi metacognitivi problematici, come la ruminazione. Per ruminazione ci si riferisce ad un processo ricorsivo di pensiero cronicamente focalizzato su aspetti negativi o dolorosi di se stessi e dell’esperienza passata.
Gli obiettivi del lavoro in questa fase saranno il mettere in evidenza e discutere le eventuali idee di utilità della ruminazione spiegando al paziente che essa non permettere di trovare soluzioni ai problemi, superare le proprie paure o riflettere in modo lucido sulle cose.
La ruminazione – al contrario – ha effetti deleteri sulla capacità di autoriflessione e sull’umore, aumentando l’ansia e lo stress. Il secondo obiettivo sarà quello di imparare a riconoscere l’attivazione del flusso ruminativo all’interno dei propri processi mentali per poi interromperlo focalizzando la propria attenzione sull’esperienza presente.
Prevenzione delle ricadute
Il protocollo di trattamento cognitivo-comportamentale per la depressione prevede anche una fase conclusiva del lavoro dedicata alla prevenzione delle ricadute.
Questa consta di un rafforzamento degli obiettivi raggiunti o delle risorse costruite durante il percorso (come la ristrutturazione cognitiva e la cura delle attività quotidiane) che il paziente potrà utilizzare anche autonomamente dopo la fine della terapia.
Inoltre, viene sottolineata l’importanza del mantenimento di uno stile di vita sano per prevenire lo stress e ridurre la vulnerabilità alla depressione. Infine, in questa fase è previsto un allenamento al riconoscimento dei segnali precoci di crisi che permetterà anch’essa di prevenire episodi depressivi futuri.
Cenni bibliografici
- American Psychiatric Association (2013). DSM-5. Guilford Press.
- Clark, Beck e Alford (2001). Teoria e terapia cognitive della depressione. Masson
- Leveni, Michelin e Piacentini (2014). Superare la depressione, un programma cognitivo-comportamentale. Erickson