Come indicato da Steeves et al. (2001), col termine lutto possiamo riferirci al periodo successivo alla perdita, quando gli effetti di questa sono maggiormente sentiti. Sicuramente ogni lutto è diverso: rappresenta un’esperienza soggettiva che risente di diversi fattori. Tuttavia, come indicato da Onofri e La Rosa (2015), è possibile rilevare “un sottofondo comune”. Ci sono “reazioni emotive, cognitive e comportamentali, che autorizzano gli studiosi a parlare di un ‘processo biologico’ del lutto identificabile anche aldilà delle differenze antropologiche, culturali, sociali”.
Ogni lutto è caratterizzato, quindi, da un processo di elaborazione con diverse fasi. Tra i fattori che promuovono l’elaborazione dello stesso molti autori (tra cui Stroebe e Shut, 1999; Bowlby, 1980; Adams et al., 2004) rilevano l’importanza del sostegno sociale percepito. In particolare, nei termini di presenza di un’altra persona significativa che possa sostenere, aiutare a comprendere e attribuire un significato a quanto accaduto. Che possa ascoltare senza giudizio anche i ricordi dolorosi, promuovere il riconoscimento e l’espressione delle emozioni, fornire aiuto concreto nei problemi da affrontare nel presente e nel futuro (Onofri e La Rosa, 2015).
Per quanto si possa desiderare farlo, può non essere facile stare vicino ad una persona che ha subito un lutto e soffre. Si può temere di far sentire peggio l’altro attivando in lui stati emotivi dolorosi. Oppure di non essere in grado di gestire il dolore dell’altro o di sostenerlo adeguatamente. O di provare noi stessi stati emotivi dolorosi. O, infine, di non sapere cosa fare e come farlo.
A fronte di questo, come è possibile aiutare chi ha subito un lutto? Non possono esistere “ricette preconfezionate” o indicazioni che possano essere valide per tutti. Ogni persona ha i suoi bisogni, la sua storia e il suo modo diverso di fronteggiare la sofferenza e richiedere, quindi, anche la presenza dell’altro. Proveremo però a vedere insieme alcune indicazioni generali. Queste è bene che siano valutate e calibrate anche sulla base delle caratteristiche del rapporto che si ha con la persona che ha subito la perdita.
Innanzitutto, può essere utile cercare di non rimandare e quindi non aspettare troppo a contattarla, che sia di persona, con una chiamata o un messaggio. Rimandare potrebbe rendere più complicato aprire un contatto in seguito. Come abbiamo visto, non è sempre facile farlo e può essere faticoso. Tuttavia, questo consente di condividere il proprio dispiacere e far sentire a chi ha subito il lutto la propria presenza.
È inoltre importante coltivare e mantenere questo contatto nel tempo. Anche perché, generalmente, dopo una prima fase di shock, è col passare delle settimane che le persone che hanno subito un lutto contatteranno più profondamente stati emotivi dolorosi. Quelli derivanti dalla perdita e dal senso di solitudine, per i quali la presenza di un’altra persona di supporto può rappresentare un importante sostegno.
È poi fondamentale cercare di creare, nell’interazione con l’altro, uno spazio in cui possa sentirsi davvero ascoltato. Occorre promuovere l’espressione di ogni sua emozione e rispettare le modalità che ha di farlo. Uno spazio in cui la persona che ha subito la perdita possa condividere pensieri, ricordi, emozioni, sensazioni. Tutto questo rappresenta un importante sostegno ai fini dell’elaborazione del lutto. Consentire alla persona di poter raccontare l’esperienza della sua perdita promuove infatti il processo di accettazione.
Nell’ascolto attivo può essere utile incoraggiare l’altro a parlare di come si sente. Ed è importante che anche emozioni come la rabbia, il senso di colpa, la paura, la preoccupazione, il dolore e la tristezza possano trovare spazio di espressione. Così, può essere utile utilizzare frasi che siano centrate sull’esperienza emotiva dell’altro (come, ad esempio, “deve essere davvero terribile per te”, “non posso immaginare quanto sia difficile quello che stai attraversando”), piuttosto che sull’attribuzione di significato che ne facciamo noi (come, ad esempio “so che ora è dura ma vedrai che passerà presto”).
È importante tenere a mente che non c’è sempre qualcosa da dire, soprattutto in certe situazioni. E per questo occorre accettare che potranno esserci anche momenti di silenzio. Questi, così come gesti come un contatto con la mano, un abbraccio o una carezza, possono diventare spazio prezioso per veicolare presenza, vicinanza e sostegno.
In alcuni momenti potrebbe essere utile anche condividere una propria esperienza di perdita, sempre facendo attenzione a non passare il messaggio che quella dell’altro sia necessariamente analoga alla nostra. Ognuno ha, infatti, le sue personali modalità e i suoi tempi di stare in contatto ed esprimere certe emozioni ed è importante rispettarli. Così, ad esempio, è importante non spronare necessariamente le persone ad immergersi in attività che possano distrarle o che siano orientate a farle rientrare subito nella routine quotidiana. Così come è importante rispettare modalità quali guardare fotografie, abiti, oggetti del defunto.
E, ancora, se la persona piange è bene non cercare di distrarla per farla smettere: è normale che accada ed è un segnale importante per esprimere quello che prova. Questo vale per ogni emozione espressa dall’altro. Fare finta di nulla, cercare di distrarre o parlare di altro, non promuove la condivisione della perdita e non aiuta chi ha subito il lutto. Queste modalità possono essere sorrette da credenze relative al fatto che, ad esempio, parlare del defunto riattivi stati emotivi dolorosi e che quindi sia meglio non farlo. In realtà non è così: non si può proteggere l’altro dal dolore della perdita.
E, se parlare di un argomento addolora, questo dolore è comunque presente nell’altro. È quindi importante avere modo di poterlo esprimere. Peraltro, soprattutto col passare del tempo, non sentire più parlare del proprio caro può far sperimentare alla persona emozioni altrettanto sgradevoli. Col tempo diventa inoltre sempre più importante avere uno spazio per poter ricordare anche gli aneddoti felici, divertenti, piacevoli, oltre a quelli dolorosi. Anche questo promuove l’elaborazione.
Infine, può essere importante offrire sostegno pratico: ad esempio proporsi per una mansione specifica, come andare a prendere i bambini a scuola o tenerli del tempo con sé in un determinato giorno. Questo può essere più utile rispetto a proposte generiche del tipo “se hai bisogno chiamami”, in quanto non necessariamente l’altro ha energia e motivazione sufficienti a richiedere aiuto.
Può anche aiutare chi ha subito una perdita importante proporre iniziative di socializzazione, come una cena insieme, pur sempre rispettando i tempi dell’altro. È importante infatti non esercitare pressioni affinché vi partecipi. Come abbiamo già visto, soprattutto all’inizio, è fondamentale che la persona possa muoversi per quelle che sono le sue energie e necessità. E questo dobbiamo rispettarlo.
L’elaborazione del lutto non è un processo lineare. È importante comprendere e rispettare il fatto che implicherà momenti in cui la persona si sentirà meglio e momenti in cui potrà contattare nuovamente stati emotivi dolorosi. Tuttavia, se dopo diversi mesi dalla perdita, la persona non ha mai espresso emozioni dolorose, o se, al contrario, sono ancora presenti in maniera significativa umore basso, tristezza, rabbia, colpa o ritiro sociale, con ripercussioni sul suo funzionamento generale, un percorso di psicoterapia potrebbe rivelarsi utile.
BIBLIOGRAFIA
- Adams, K. B., Sanders S., & Auth A. (2004). Loneliness and depression in indipendentliving retirementcommunities: risk and resilience factors. Aging and Mental Health 8, 6, 475-485.
- Bowlby J. (1980). Attacchment and Loss: sadness and depression. New York: Basic Books. (Trad. It. Attaccamento e perdita. Vol. 3. Torino: Boringhieri, 1983.
- Onofri, A., & La Rosa, C. (2015). Il lutto. Psicoterapia cognitivo-evoluzionista e EMDR. Roma: Giovanni Fioriti Editore.
- Parkes C. M. (1972). Bereavement. Studies of grief in adult life. Penguins Book LtD, Harmondsworth. (Trad. it.: Il lutto. Studi sul cordoglio negli adulti. Milano: Feltrinelli Editore, 1980)
- Steeves R., Kahn, D., Ropka, M. E., & Wise, C. (2001). Ethical considerations in research with bereaved families. Family & Community Health, 23(4): 75–83.
- Stroebe W., Stroebe M., Abakoumkin G., & Schuth H. (1996). The role of loneliness and social support in adjustment to loss: a test of attachment versus stress theory. Journal of Personality and Social Psychology, 70(6): 1241–9.
Stroebe, M., & Schut, H. (1999). The dual process model of coping with bereavement: rationale and description. Death Studies, 23, 3, 197-224.