Quando sentiamo parlare di Terapia Cognitivo-Comportamentale (TCC), pensiamo subito a strategie per ridurre ansia, depressione o pensieri disfunzionali.
La TCC, tuttavia, non è solo uno strumento per “rimettere in ordine” ciò che non va: può anche diventare un percorso per coltivare emozioni positive, sviluppare risorse interiori e costruire resilienza.
Emozioni come la gratitudine, la speranza, la compassione non sono solo piacevoli: ci aiutano ad affrontare meglio le sfide, ci sostengono nei momenti difficili e ci permettono di vivere con maggiore senso di connessione e significato.
In questo articolo esploreremo come le emozioni positive possano essere integrate nel lavoro terapeutico, e perché rappresentano una risorsa potente anche nel trattamento dei sintomi psicologici.
Perché le emozioni positive sono importanti
Quale funzione hanno le emozioni positive? Non si tratta solo di “sentirsi meglio”: gioia, curiosità, gratitudine e serenità hanno un valore evolutivo e adattivo.
Secondo la teoria Broaden-and-Build di Barbara Fredrickson (2001), queste emozioni ampliano il campo dell’attenzione e stimolano l’esplorazione dell’ambiente, favorendo la costruzione di risorse cognitive, sociali ed emotive.
In concreto, chi coltiva regolarmente emozioni positive tende a:
- sviluppare relazioni più empatiche e soddisfacenti;
- affrontare con maggiore flessibilità i problemi;
- sostenere nel tempo la motivazione verso i propri obiettivi;
- rafforzare la resilienza, ovvero la capacità di “ritornare in piedi” dopo una difficoltà.
Nel lavoro clinico, questo significa che potenziare le emozioni positive non è solo un effetto collaterale del miglioramento psicologico, ma può diventare parte attiva del trattamento.
Emozioni positive, cervello e neuroplasticità
Cosa succede nel cervello quando viviamo emozioni positive?
La ricerca neuroscientifica conferma che le emozioni positive hanno effetti significativi sul cervello. Stati emotivi come la gratitudine e la compassione sono associati all’attivazione di aree cerebrali coinvolte nella regolazione affettiva, nella connessione sociale e nel senso di sicurezza (es. corteccia prefrontale mediale, insula, sistema limbico).
Alcune ricerche suggeriscono che emozioni positive regolari siano associate a un aumento della connettività funzionale tra aree prefrontali e limbiche, favorendo processi di resilienza neurale (Kok et al., 2013).
Inoltre, le emozioni positive possono modulare l’attività dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), riducendo i livelli di cortisolo e aumentando il benessere soggettivo.
In particolare, esperienze emotive positive frequenti sembrano stimolare la neuroplasticità, ovvero la capacità del cervello di modificare la propria struttura e funzione in risposta all’esperienza.
Questo è un aspetto centrale nei percorsi terapeutici basati sulla TCC: ripetere atti intenzionali che generano emozioni positive (come prendersi cura di sé, coltivare relazioni, apprezzare il presente) può aiutare a creare nuove connessioni neuronali più funzionali, sostenendo il cambiamento anche a livello cerebrale (Davidson & McEwen, 2012).
Il ruolo della compassione nella psicoterapia
Tra tutte le emozioni positive, la compassione verso se stessi ha un impatto particolarmente trasformativo.
Non si tratta di autoindulgenza o giustificazioni, ma della capacità di trattarsi con la stessa gentilezza e comprensione che riserveremmo a un amico in difficoltà. Secondo Kristin Neff (2003), questa attitudine è associata a una migliore regolazione emotiva, a minori livelli di ansia e depressione, e a una maggiore resilienza.
Negli ultimi anni, la Compassion Focused Therapy (CFT), sviluppata da Paul Gilbert, ha approfondito l’uso della compassione in ambito clinico, soprattutto nei casi in cui prevalgono vergogna, autocritica o senso di inadeguatezza. La CFT lavora sull’attivazione di un sistema emotivo orientato alla cura e connessione, contrapposto a quello della minaccia.
Attraverso esercizi guidati – come la visualizzazione della “voce compassionevole” o la “versione compassionevole di sé” – si stimola un nuovo modo di relazionarsi a se stessi, più supportivo e meno giudicante.
Questo approccio è perfettamente integrabile nella cornice della TCC, specialmente quando la persona fatica a sperimentare emozioni positive o si blocca nel cambiamento per via di un’eccessiva autocritica.
Coltivare emozioni positive: spunti nella pratica clinica
Come può un percorso terapeutico promuovere emozioni positive, in modo strutturato e personalizzato?
Ecco alcune modalità utilizzate nella pratica della TCC:
- Imagery positiva guidata: il richiamo a ricordi piacevoli o situazioni sicure, con l’uso di dettagli sensoriali, può aiutare ad attivare stati affettivi positivi, contrastando emozioni negative come paura o vergogna.
- Diario delle esperienze nutrienti: annotare ogni giorno piccoli momenti piacevoli o significativi (una chiacchierata, un gesto gentile, un paesaggio) aiuta ad allenare lo sguardo verso ciò che funziona e ricarica.
- Lettera di gratitudine: scrivere a una persona che ha avuto un impatto positivo nella propria vita (anche senza inviarla) può attivare stati di connessione e apprezzamento profondi.
- Allenamento all’autocompassione: in presenza di forte autocritica o perfezionismo, si possono introdurre pratiche tratte dalla CFT, come esercizi di “risposta compassionevole” o meditazioni guidate per coltivare gentilezza verso sé.
Tutti questi strumenti vanno adattati al momento e alla sensibilità della persona.
Il punto non è forzare il pensiero positivo, ma creare spazi emotivi nuovi, che consentano di accedere a risorse più funzionali e durature.
Conclusione
Prendersi cura delle proprie emozioni positive non è un lusso, ma un gesto concreto di salute mentale.
Non si tratta di ignorare le difficoltà, ma di costruire una base emotiva solida per affrontarle con maggiore equilibrio.
La TCC – anche integrata con approcci come la Compassion Focused Therapy – offre strumenti pratici, validati dalla ricerca, per riscoprire la resilienza e vivere in modo più pieno e consapevole.
Le emozioni positive sono come semi: a volte silenziosi, ma capaci di germogliare in momenti inattesi. Allenarci a riconoscerle è un atto di fiducia verso la nostra possibilità di stare bene, davvero.
Bibliografia
- Kok, B. E., Coffey, K. A., Cohn, M. A., Catalino, L. I., Vacharkulksemsuk, T., Algoe, S. B., … & Fredrickson, B. L. (2013). How positive emotions build physical health: Perceived positive social connections account for the upward spiral between positive emotions and vagal tone. Psychological Science, 24(7), 1123–1132.
- Davidson, R. J., & McEwen, B. S. (2012). Social influences on neuroplasticity: Stress and interventions to promote well-being. Nature Neuroscience, 15(5), 689–695.
- Fredrickson, B. L. (2001). The role of positive emotions in positive psychology: The broaden-and-build theory of positive emotions. American Psychologist, 56(3), 218-226.
- Gilbert, P. (2009). The Compassionate Mind: A New Approach to Life’s Challenges. New Harbinger Publications.
- Hofmann, S. G., Asnaani, A., Vonk, I. J., Sawyer, A. T., & Fang, A. (2012). The efficacy of cognitive behavioral therapy: A review of meta-analyses. Cognitive Therapy and Research, 36(5), 427-440.
- Neff, K. D. (2003). Self-compassion: An alternative conceptualization of a healthy attitude toward oneself. Self and Identity, 2(2), 85–101.
- Seligman, M. E. P., Steen, T. A., Park, N., & Peterson, C. (2005). Positive psychology progress: Empirical validation of interventions. American Psychologist, 60(5), 410-421.
- Sin, N. L., & Lyubomirsky, S. (2009). Enhancing well-being and alleviating depressive symptoms with positive psychology interventions: A practice-friendly meta-analysis. Journal of Clinical Psychology, 65(5), 467-487.