Aneddoticamente, l’amore è una questione di cuore. Tuttavia, l’organo principale influenzato dall’amore è in realtà il cervello. Dove si “trova” l’amore nel cervello, e cosa fa alle nostre menti e ai nostri corpi, secondo la scienza?
È solo relativamente di recente che i ricercatori hanno iniziato a sondare le basi neurali di uno degli stati più potenti e coinvolgenti conosciuti dagli esseri umani, ovvero l’amore.
In realtà, l’amore nelle sue varie tipologie (romantico, erotico, materno) è stato nel passato raramente oggetto di indagine scientifica; in parte, ciò può essere dovuto al fatto che l’amore è sempre stato dominio di poeti e artisti; magari psicologi e clinici, ma non è stato certamente preso in grande considerazione nell’ambito della scienza sperimentale, cioè della ricerca neurobiologica.
Pertanto, le nostre conoscenze in questo campo devono ancora evolversi e solo di recente le ricerche hanno portato alla luce informazioni dettagliate sugli “ingredienti” molecolari e fisiologici del fenomeno dell’amore.
La chimica dell’amore: i neurotrasmettitori
Il ruolo della dopamina
La passione amorosa suscita sentimenti di euforia e di felicità spesso travolgenti e indescrivibili, perché quando ci innamoriamo è come se una tempesta chimica si fosse scatenata nel cervello.
E le aree che si attivano in risposta a questi sentimenti sono le regioni del cervello che contengono alte concentrazioni di un neuromodulatore associato a ricompensa, desiderio, dipendenza e stati euforici, vale a dire la dopamina. La dopamina viene rilasciata dall’ipotalamo, una struttura situata in profondità nel cervello e che funge da collegamento tra il sistema nervoso ed endocrino.
L’amore è un reciproco dare e ricevere qualcosa di molto gratificante e quindi la dopamina viene prodotta sia quando si riceve qualcosa di piacevole da parte del partner sia quando lo si gratifica trasmettendogli il nostro amore.
Il rilascio di dopamina mette nella sensazione di “sentirsi bene” sotto diversi aspetti poiché la dopamina sembra essere collegata non solo alla formazione delle relazioni ma anche al sesso, considerato un esercizio gratificante e di “benessere”.
Un’altra proprietà della dopamina è che inizialmente viene rilasciata solo al momento dell’eccitazione, ma poi il cervello si abitua a rilasciarla già prima dell’eccitazione, in previsione di un abbraccio, un bacio o anche della semplice presenza della persona amata.
Il ruolo della serotonina
Un aumento dei livelli di dopamina si associa anche alla diminuzione di un altro neurotrasmettitore, la serotonina.
In particolare, gli studi hanno mostrato una marcata riduzione della serotonina soprattutto nelle prime fasi dell’innamoramento, proprio come si verifica nei pazienti affetti da disturbi ossessivi. L’amore, dopo tutto, è una specie di ossessione, nelle sue fasi iniziali il pensiero viene rivolto incessantemente verso quel singolo individuo, colui o colei di cui ci stiamo innamorando; così come le azioni e i comportamenti sono diretti allo scopo di avvicinarsi al partner.
Questo ci può quindi dare una ragione “biologica” del perché le persone innamorate tendono a fissarsi sull’oggetto del loro affetto, restringendo il campo degli interessi e del pensiero a pochissimo altro.
Inoltre, proprio a causa di una riduzione dei livelli di serotonina, sostanza implicata nel processo di regolazione del tono di umore, se da un lato proviamo quell’intensa euforia prima ricordata, dall’altro siamo facilmente candidati a cadere in preda all’ansia e alla tristezza se notiamo segnali di rifiuto da parte del partner desiderato.
Il ruolo del fattore di crescita nervosa
Le fasi iniziali dell’innamoramento sembrano correlarsi anche con un’altra sostanza, il fattore di crescita nervosa. Questo è risultato essere più elevato in coloro che si sono innamorati di recente rispetto a coloro che non si trovano in questa condizione o che hanno un legame consolidato da tempo. E’ stata trovata anche una correlazione significativa tra concentrazione del fattore di crescita nervosa e intensità del sentimento.
Il ruolo degli altri neurotrasmettitori
Il nostro sistema nervoso rilascia anche la noradrenalina, la sostanza responsabile degli effetti fisici della passione (sensazione di calore, sudorazione, aumento della frequenza cardiaca, tremore, insonnia) che completano il senso di emozione ed eccitamento.
Altre due sostanze neurochimiche che appaiono a concentrazioni più elevate quando una persona è innamorata sono l’ossitocina e la vasopressina.
Entrambi questi messaggeri chimici facilitano il legame affettivo e sono associati al sistema di ricompensa del cervello, potenziando i meccanismi della memoria che fissano i ricordi emotivi positivi e tralasciano gli aspetti dolorosi.
Entrambi sono prodotti dall’ipotalamo e poi immagazzinati nella ghiandola pituitaria, per essere scaricati nel sangue ogni qualvolta si crea una “connessione amorosa” con qualcuno e ci si sente “ricompensati” dalla presenza di quella persona; fino anche a percepirsi in un “tutt’uno” con lei, in una sorta di legame chimico ed emozionale.
La conseguenza di ciò è che il cervello, attraverso la sua plasticità (cioè la sua capacità di riorganizzarsi, chimicamente, strutturalmente e funzionalmente) fa crescere la persona che si ama nel nostro “sé”, così da diventare una parte di noi stessi. Il risultato di questo processo è proprio la sensazione di essere legato a quella persona e di avere il compito di proteggerla.
Infine, nella passione amorosa, aumenta la produzione di endorfine che favoriscono il benessere e il rilassamento in un clima di stabilità e fiducia.
La sede dell’amore: le aree cerebrali
Nella storia umana si è sempre cercato di identificare la parte del corpo dove si formano le emozioni, ma oggi la ricerca scientifica ci ha regalato le vere sedi dei sentimenti e delle emozioni. Si utilizzano infatti strumenti di neuroimmagini come la RMF (Risonanza Magnetica Funzionale), che ci aiutano a comprendere quali aree cerebrali si attivano quando siamo innamorati.
Alcune di queste aree si trovano nella corteccia cerebrale stessa e altre si trovano nelle stazioni sottocorticali. Tutte costituiscono parti di quello che è noto come il cervello emotivo.
In primo luogo consideriamo l’ipotalamo, che abbiamo sopra nominato a proposito della produzione della dopamina. Gli studi condotti su questa struttura hanno evidenziato che l’attivazione dell’ipotalamo si verifica sia provando sentimenti di amore “romantico” che con l’eccitazione sessuale, ma invece non quando nutriamo sentimenti di amore “materno”.
La sua attivazione può quindi costituire la componente erotica dell’amore, evidentemente assente quando il sentimento in gioco è privo di questa connotazione.
Altre due strutture cerebrali, l’insula e il corpo striato, sono responsabili della progressione dal desiderio sessuale all’amore. L’insula è una porzione della corteccia cerebrale, mentre il corpo striato si trova in una zona sottostante alla corteccia.
Elemento di grande interesse è stato la scoperta che queste regioni hanno connessioni di tipo inibitorio con altre zone del cervello. Cioè la corteccia frontale, e l’amigdala, struttura situata all’apice del lobo temporale.
Pertanto assistiamo al fenomeno per cui un aumento di attività in alcune aree coinvolte nell’amore determina una diminuzione di attività, di altre zone corticali, con le conseguenze che andiamo ad esaminare.
Disattivazioni corticali e sospensione del giudizio
E’ di comune osservazione il fatto che la passione totalizzante dell’amore sia spesso accompagnata da una sospensione del giudizio o da un rilassamento dei criteri di giudizio con cui valutiamo il prossimo. Tale capacità critica è proprio una funzione della corteccia frontale. La sua inattivazione rende ragione del perché, quando siamo profondamente innamorati, sospendiamo il giudizio critico che applichiamo in altri contesti per valutare le persone, le situazioni o i nostri comportamenti.
Spesso gli altri si sorprendono per talune scelte attuate da chi si trova nelle prime fasi di infatuazione amorosa, trovandole irrazionali e incomprensibili. In effetti, in questo particolare stato emotivo, i giudizi razionali sono sospesi o non più applicati con lo stesso rigore. In questa fase della storia d’amore, il partner appare perfetto, senza difetti, l’unica persona a cui si vuole dare attenzione e amore.
E neppure esistono censure morali, perché pure la capacità di giudizio in materia morale è attenuata, dal momento che anche la moralità è associata all’attività della corteccia frontale.
La follia dell’amore
L’euforia e la sospensione del giudizio possono generare stati che altre persone potrebbero interpretare come una forma di pazzia. É questa la follia celebrata da poeti e artisti e certamente le spiegazioni neurologiche di una disattivazione delle parti cerebrali coinvolte nella creazione dei giudizi aiuta meglio a capire la palese irrazionalità dell’amore.
Scriveva Nietzsche in Così parlò Zarathustra: «C’è sempre un po’ di follia nell’amore. Ma c’è sempre un po’ di ragione nella follia»
Questa ragione è da cercare proprio negli schemi di attivazione e di disattivazione neurobiologica prevista nell’amore. Questi sono al servizio di una sorta di “finalità superiore”, che mira a unire coppie (altrimenti improbabili) per accrescere la variabilità della specie.
C’è comunque da sottolineare che se le persone innamorate sospendono il giudizio sulle persone oggetto del loro sentimento, non necessariamente sospendono il giudizio in altri campi. Potrebbero, ad esempio, essere perfettamente capaci di giudicare la qualità di un libro o di un lavoro scientifico.
La sospensione del giudizio, quando si tratta dell’amore, è selettiva e agisce su un insieme molto specifico di connessioni cerebrali.
L’altra area del cervello che subisce un processo di disattivazione nel corso dell’innamoramento è l’amigdala. Una struttura che coordina le risposte alla paura, aiutando gli esseri umani a mantenersi più possibile lontani da situazioni potenzialmente pericolose.
La sua disattivazione comporta una riduzione delle risposte alla paura, con la conseguenza di mettersi più facilmente in situazioni rischiose pur di stare con la persona amata.
Ma quanto dura la fase di passione?
Secondo gli studi più recenti, questa “tempesta” di trasmettitori chimici dura dai 12/18 mesi fino a circa 3 anni.
Poi, inevitabilmente, tutto ritorna normale. Tristemente normale per coloro che hanno bisogno di vivere l’amore come esperienza continuamente fuori dell’ordinario. Ecco quindi la tensione verso un nuovo soggetto che possa innescare quei meccanismi di benessere, alla ricerca di un altro triennio di felicità.
Bibliografia
Zeki, S. (2007). The neurobiology of love. FEBS letters, 581(14), 2575-2579
Esch, T., & Stefano, G.B. (2005). The neurobiology of love. Neuroendocrinology Letters, 26(3), 175-192
De Boer A, van Buel EM, Ter Horst GJ: (2012). Love is more than just a kiss: a neurobiological perspective on love and affection. Neuroscienze; 201:114-24 (ISSN: 1873-7544)