Che cos’è il catcalling
Lo spiacevole episodio accaduto lo scorso dicembre, che ha visto come protagonista una giornalista di cronaca sportiva di una rete televisiva locale palpeggiata durante un servizio da alcuni tifosi all’uscita dallo stadio, ha riacceso i riflettori sul fenomeno del catcalling.
Il termine viene utilizzato per indicare tutto l’insieme di quei comportamenti verbali e non verbali finalizzati a commentare il fisico di una donna in un’accezione sessualizzante.
In questo senso sono inclusi commenti, battute sessiste, domande allusive, avances, fischi, palpazioni, suoni di clacson, affiancamenti a piedi o in macchina.
Le origini del termine
L’origine della parola catcalling può essere ricondotta a due possibili spiegazioni: una si ricollega al significato delle due parole inglesi da cui è composto il termine, che richiamerebbe l’insieme dei suoni emessi per attirare l’attenzione (call) dei gatti (cat); l’altra riconduce ad uno strumento utilizzato secoli fa in Inghilterra dal pubblico di teatro per esprimere disapprovazione nei confronti dello spettacolo o dei teatranti, denominato appunto catcall, che emetteva un fischio acuto e sgradevole, simile al verso di un gatto.
Dato che solitamente tale comportamento viene emesso in contesti pubblici da parte di sconosciuti (strade, parchi, mezzi di trasporto) è possibile trovare anche alcuni sinonimi. Ad esempio, street harassment, letteralmente “molestia di strada” (Fairchild e Rudman, 2008), o stranger harassment, “molestia da parte di sconosciuti”.
In Italia potrebbe essere utilizzato il termine “pappagallismo” che, secondo l’enciclopedia Treccani, indica un comportamento insistente atto a infastidire e importunare.
Il comune denominatore di tutte le diverse espressioni è quindi costituito dalla manifestazione, inopportuna e non richiesta, di atteggiamenti volgari emessi nei confronti di donne, che vengono approcciate pubblicamente come “prede sessuali”.
Diffusione del fenomeno
Uno studio interculturale condotto da un movimento denominato ONG Hollaback! e dalla Cornell University ha intervistato più di 16.000 donne, indagando l’età della prima molestia subita, il tipo di molestia e i conseguenti effetti emotivi e comportamentali riportati.
Emerge che l’84% delle donne intervistate ha dichiarato di aver ricevuto molestie di strada prima dei 17 anni di età; nel contesto italiano più della metà delle donne ha dichiarato di essere stata accarezzata o palpeggiata e il 69% di essere stata pedinata per strada da uno o più uomini e di essersi conseguentemente sentita in pericolo.
Complimento e molestia: due concetti molto diversi
Troppo spesso, soprattutto negli anni passati, tali comportamenti sono stati considerati assolutamente non gravi e, anzi, quasi giustificati come goffi tentativi di corteggiamento e approccio, espressione di “normali flirt”.
Talvolta, purtroppo, le donne stesse non hanno condannato il fatto, arrivando in alcuni casi a sentirsi lusingate dal ricevere tali attenzioni.
In realtà tale fenomeno è da considerarsi come il riflesso di una visione maschilista e sessista in cui la donna viene identificata come mero oggetto sessuale, in linea con quanto descritto da Fredrickson e Roberts già nel 1997.
L’oggettivazione sessuale
I due autori parlano di “teoria dell’oggettivazione sessuale” per indicare un contesto sociale in cui le donne sono considerate a priori come oggetti sessuali, prima ancora che come persone. Gli uomini, di conseguenza, si sentono in diritto di giudicare ed esprimere apertamente il loro parere in tal senso, in maniera unilaterale e senza che questo sia stato in alcun modo richiesto.
All’interno di questa cornice teorica di riferimento, il catcalling può essere considerato a pieno titolo una delle varie forme di oggettivazione sessuale.
L’espressione di un giudizio non richiesto, l’assenza di consenso e di chiari segnali di disponibilità da parte di chi riceve il giudizio e la natura volgare, sessuale e offensiva del commento, sono gli elementi che riconducono il catcalling all’interno della categoria di molestia, piuttosto che in quella di complimento.
Quest’ultimo, infatti, presuppone la presenza di un contesto di socializzazione appropriato, l’adesione da parte di entrambi gli attori sociali ad una forma di scambio e di interazione condivisa. Soprattutto, la volontà di valorizzare una qualità personale, piuttosto che quella di oggettivizzare sessualmente un corpo.
Effetti del catcalling
Una delle conseguenze della continua esposizione a questo tipo di giudizio espresso nella forma di catcalling è il verificarsi di un processo di auto-oggettivazione messo in atto dalle donne nei confronti di loro stesse. Questo consiste nell’interiorizzazione di una visione oggettivata del proprio corpo (Szymanski e Feltman 2014; Fisher, Lindner e Ferguson, 2019).
Le donne possono diventare intensamente preoccupate di come appaiono nei contesti pubblici, focalizzandosi sul proprio aspetto esteriore, monitorandolo costantemente e sperimentando intensi vissuti di vergogna associata alla propria immagine corporea.
Il disagio psicologico associato al catcalling può manifestarsi con effetti di natura fisica, emotiva e comportamentale.
I sintomi fisici generalmente riportati includono tensione muscolare, problemi di respirazione, vertigini e nausea (Tran, 2015); il disagio emotivo può esprimersi attraverso sentimenti di imbarazzo, fastidio, rabbia repressa, decremento della percezione di sicurezza, incremento del timore di stupro, manifestazioni ansiose e/o depressive e un peggioramento della qualità del sonno (Davidson et al., 2016; Del Greco e Christensen, 2019).
A livello comportamentale la percezione di minaccia e pericolo può portare le donne ad adottare comportamenti di evitamento o di modifica delle proprie abitudini (Kearl, 2009), come rinunciare ad uscire, cambiare percorso, scegliere orari diversi, rivedere o limitare il proprio abbigliamento per cercare di essere meno attraenti e “non dare nell’occhio”.
Motivazioni alla base del catcalling
Pur riconducendo il fenomeno del catcalling ad una cornice socioculturale di natura maschilista, è importante chiedersi quali siano le motivazioni degli uomini che adottano tale atteggiamento.
La volontà di affermare la propria mascolinità dominante, favorendo e/o mantenendo uno squilibrio di potere tra generi, potrebbe essere affiancata anche da altre motivazioni La noia o l’essere animati da un reale desiderio di approccio e corteggiamento.
È interessante, quindi, approfondire quello che può essere l’intento comunicativo di chi compie catcalling.
Lo studio condotto da Del Greco (2020) ha preso in esame alcune variabili in relazione al fenomeno del catcalling, tra cui motivazioni degli uomini, livello di tolleranza nei confronti delle molestie e ruolo di potere.
Dallo studio emerge che l’87% di coloro che hanno ammesso di aver compiuto molestie da strada era animato dal desiderio di ottenere dalle donne risposte positive, come ad esempio sorridere o iniziare una conversazione. Chi compie catcalling, quindi sembrerebbe non percepire tale manifestazione come qualcosa di negativo, né si aspetta reazioni negative.
I risultati suggeriscono, inoltre, che una maggiore tolleranza alle molestie sessuali è associata a forti convinzioni sui ruoli di genere tradizionali, al grado di dominanza sociale e mascolinità e ad atteggiamenti ostili verso le donne.
Quali possibili risposte?
A fare da contraltare agli aspetti descritti, ci sono variabili quali la percezione di potere e il livello di autostima riportato dalle donne, che ricoprono il ruolo di fattori di mediazione nella risposta emessa.
Se, di fronte al tentativo di controllo, la donna ha la percezione di avere uguale potere rispetto all’uomo, è più frequente che la stessa metta in atto un tentativo di contro-controllo, mentre la frequenza diminuisce se la donna crede di avere un potere inferiore rispetto all’uomo (DelGreco, 2020).
Di fronte alla molestia subita, le donne che manifestano bassa autostima tendono a percepire più vergogna e ad auto-colpevolizzarsi (si parla in questo caso di victim blaming), rispetto a quelle che riportano livelli di autostima più alta (Saunders et al., 2017).
Le reazioni di tipo passivo manifestate dalle donne di fronte al catcalling consistono principalmente nell’abbassare lo sguardo e ignorare completamente l’autore della molestia.
Stand up!
Una ricerca internazionale, che ha coinvolto oltre 15.000 partecipanti di tutte le età provenienti da otto diversi Paesi (Ipsos, 2019), ha evidenziato che il 78% delle donne intervistate ha subito molestie sessuali in spazi pubblici, ma solo il 25% delle vittime ha ricevuto aiuto. L’86% degli intervistati, inoltre, non saprebbe cosa fare quando si verificano episodi di questo tipo.
La sopracitata ONG Hollaback!, in collaborazione con L’Oréal Paris, ha promosso una campagna di sensibilizzazione sul tema, promuovendo corsi formativi on line per istruire gli utenti, maschi e femmine, ad affrontare le molestie di strada.
Tale formazione, inserita nel programma Stand up! si basa sul metodo delle “5 D”: Distract, Delay, Document, Delegate, Direct.
Nel corso del webinar vengono forniti gli strumenti per disinnescare una molestia di strada o intervenire in maniera efficace e sicura.
Le indicazioni si basano sulla messa in atto di azioni quali distrarre e/o ritardare il tentativo di molestia, ad esempio chiedendo l’ora o fingendo di essersi perso; documentare il fatto, filmando la molestia o facendo da testimone in caso di denuncia; delegare, richiedendo quando possibile l’intervento di chi in quel momento detiene l’autorità (ad esempio, il conducente di un autobus, se la molestia avviene su un mezzo pubblico); dirigere e coordinare la situazione, parlando per verificare che la vittima stia bene e darle conforto o affrontando il molestatore direttamente a parole.
Solo la sensibilizzazione e la promozione di una cultura finalmente libera da retaggi sessisti sembrerebbe essere la strada più efficace da percorrere per progredire verso una condizione di reale parità e libertà.
Bibliografia
- Davidson, M. M., Butchko, M. S., Robbins, K., Sherd, L. W., & Gervais, S. J. (2016). The mediating role of perceived safety on street harassment and anxiety. Psychology of Violence, 6, 553–561.
- DelGreco, M., & Christensen, J. (2019). Effects of Street Harassment on Anxiety, Depression, and Sleep Quality of College Women. Sex Roles, 1-9.
- DelGreco, M., Ebesu Hubbard, A. S., & Denes, A. (2020). Communicating by Catcalling: Power Dynamics and Communicative Motivations in Street Harassment. Violence Against Women, 27(9), 1402–1426.
- Fairchild, K., & Rudman, L. A. (2008). Everyday stranger harassment and women’s objectification. Social Justice Research, 21(3), 338-357.
- Fisher, S., Lindner, D., & Ferguson, C. J. (2019). The effects of exposure to catcalling on women’s state self-objectification and body image. Current Psychology, 38(6), 1495-1502.
- Fredrickson, B. L., & Roberts, T. A. (1997). Objectification theory: Toward understanding women’s lived experiences and mental health risks. Psychology of women quarterly, 21(2), 173-206.
- Ipsos – International survey on sexual harassment in public spaces. L’Oréal Paris. April 2019
- Kearl, H. (2009). Always on guard: Women and street harassment. American Association of University Women, 103(1), 18–20.
- Saunders, B. A., Scaturro, C., Guarino, C., & Kelly, E. (2017). Contending with catcalling: The role of system-justifying beliefs and ambivalent sexism in predicting women’s coping experiences with (and men’s attributions for) stranger harassment. Current Psychology, 36, 324– 338.
- Szymanski, D. M., & Feltman, C. E. (2014). Experiencing and coping with sexually objectifying treatment: internalization and resilience. Sex Roles, 71, 159–170
- Tran, M. (2015). Combatting gender privilege and recognizing a woman’s right to privacy in public spaces: Arguments to criminalize catcalling and creepshots. Hastings Women’s Law Journal, 26, 185–206.