La violenza ed il bullismo al femminile crescono sempre di più, nonostante se ne parli ancora troppo poco, diventando simili o quasi uguali ai comportamenti tipicamente maschili, mentre in passato si notava più differenza (maschi aggressivi fisicamente vs femmine più attive a livello psicologico, con pettegolezzi, derisione, esclusione, diffamazione e critiche).
L’unica discrepanza che rimane tutt’ora tra i sessi è che il bullismo al femminile è più subdolo. La bulla-capo resta spesso in disparte, non si espone direttamente ma fa agire le sue “amiche” gregarie, sulle quali esercita un potere silenzioso e più nascosto, rendendole sottoposte ed assoggettate, nella speranza di compiacerla ed essere, a loro volta, apprezzate (o, più concretamente, evitare loro stesse di diventare vittime).
Si muovono in gruppo, la leader dà ordini e le sue seguaci picchiano, minacciano ed umiliano la vittima, mentre qualcun altro filma tutto con lo smartphone, come successo in recenti episodi presso istituti superiori del nostro paese. Spesso passanti e/o insegnanti rimangono impassibili spettatori; poi il video viene messo in rete (un classico dei nostri tempi e delle abitudini degli adolescenti).
Tutto ciò comunque, alla fine, viene fatto proprio per conquistare autorevolezza sul “branco”, esser temuta e rispettata da tutti, maschi compresi (infatti, al contrario dei bulli maschi, le ragazze si accaniscono contro vittime di entrambi i sessi) e per riuscirci deve mostrarsi particolarmente feroce e crudele.
Il web, come già accennato, aiuta in questo intento, nel senso che rende praticamente universale l’umiliazione della vittima, che inizia a vivere nel terrore e, paradossalmente, si sente sempre più isolata nonostante la sua totale esposizione e visibilità (in negativo), fino a volte ad arrivare a gesti disperati come il suicidio, magari proprio annunciato in rete, cioè in quello stesso mezzo che la sta condannando.
Subire la violenza del bullismo ha conseguenze atroci, sia per i ragazzi che per le ragazze: la vittima sente di esser sola al mondo, che tutti ce l’hanno con lei, non solo la bulla, e che in fondo se lo merita: è colpa sua se le cose stanno così. A lungo andare, le vittime perdono autostima, soffrono d’ansia e di problemi psicosomatici o sono depresse, sviluppano un’avversione per la scuola e si inventano mille motivi per non andarci, addirittura per non uscire più di casa, ed evitare così ulteriori abusi.
Anche i bulli, comunque, pagano un costo altissimo. Gli studi sinora svolti riguardano le conseguenze a medio e lungo termine soltanto per i bulli maschi: essi tendono ad assumere comportamenti devianti come l’abuso di alcool o l’assunzione di sostanze, a scuola il loro rendimento è inferiore a quello dei loro coetanei e rischiano di entrare in una escalation di violenza che potrebbe portarli a episodi di vandalismo, furti, piccola criminalità, fino a problemi seri con la legge.
Spesso, infatti, sono essi stessi soggetti già problematici ed insicuri, che richiedono attenzione su di loro nel modo sbagliato. Per quanto riguarda la possibili cause, si è visto che il bullismo al femminile, al pari di quello maschile, consente di accrescere il proprio prestigio tra i pari, essere quindi più popolari e avere maggiore potere sugli altri, in modo da salvaguardare o migliorare la propria posizione sociale (status).
Sono tutti fattori che si legano a dinamiche di dominanza all’interno di un gruppo, dove i ruoli sono organizzati in maniera gerarchica: si tratta, dunque, di un fenomeno di natura sociale che serve allo scopo di emergere sul gruppo e controllarlo.
Una caratteristica particolare del bullismo al femminile è che prende di mira e critica l’aspetto fisico, un argomento molto sentito dalle ragazze specie in adolescenza. Esse vengono prese in giro per il peso, l’altezza o il colore/tipo dei capelli, ecc. Perché un adolescente si senta parte integrante del gruppo (essenziale alla loro età poiché base per strutturare la propria identità), è davvero fondamentale che sia fisicamente a suo agio, ed i bulli, molto spesso, si concentrano proprio sull’aspetto estetico della vittima, per emarginarla e renderla insicura.
Gli atti di bullismo, anche se sporadici, possono aver un forte impatto sull’equilibrio emotivo di una ragazza ed è emerso da svariati studi un altro dato allarmante: il bullismo indebolisce a tal punto l’autostima delle vittime che, le ragazze che l’hanno subito, non riescono più ad accettare e credere sinceri i complimenti che vengono loro rivolti, soprattutto quelli sull’aspetto fisico.
Le vittime prescelte dalle bulle di sesso femminile possono esser fatte rientrare in due categorie principali: da un lato la ragazzina timida, quella solitamente brava a scuola, ma un po’ introversa, che non è in grado di ribellarsi, dall’altro le coetanee considerate belle che, potenzialmente, potrebbero rubar la scena alla bulla.
Ad ogni modo, al di là di tale categorizzazione, una volta individuati i punti deboli della vittima, l’aguzzina di turno passa all’azione, trascinando con sé il gruppo.
E’ fondamentale, comunque, sfatare alcuni stereotipi che contraddistinguono, per il senso comune, il bullismo femminile: non è vero che le bulle appartengono sempre a bassi ceti sociali, in realtà molti casi hanno come protagoniste ragazze “bene”, con genitori istruiti o con una certa posizione sociale. Spesso, proprio gli impegni e l’intensa attività lavorativa di mamma e papà creano lacune nell’educazione.
Non è neanche vero che abbiano per forza vissuto traumi o subìto esperienze particolarmente dolorose tra le pareti domestiche, le bulle sono per lo più ragazze con una famiglia “normale”, anche se sarebbe facile dare la colpa dell’aggressività alla separazione dei genitori o, peggio, alla perdita di uno dei due.
Altro mito da sfatare è che siano figlie uniche, mentre lo sono solo in pochissimi casi, non significativi a livello statistico. Anzi, spesso proprio le bambine che hanno conosciuto la prepotenza di un fratello o di una sorella maggiore cercano poi una rivalsa all’esterno compiendo le stesse azioni che hanno dovuto sopportare.
Non hanno neppure un look aggressivo che le contraddistingue e le fa riconoscere a colpo d’occhio, uno stile sfacciato può corrispondere a un carattere forte e sicuro così come può, invece, celare una profonda insicurezza. Le bulle, però, si nascondono anche dietro un impeccabile abbigliamento da “educanda”.
Non è facile accorgersi di questi fenomeni: una vittima di bullismo probabilmente non ne parlerà con nessuno, certa del fatto che le cose possano soltanto peggiorare.
Il più delle volte i genitori possono rendersi conto dell’esistenza del problema a partire dall’osservazione di alcuni cambiamenti nella figlia (senza dover aspettare di vederne i segni fisici dopo un’aggressione), esempio: il soggetto non vuole più andare a scuola e studia con meno risultati, ha spesso disturbi fisici come mal di pancia o mal di testa e li usa come scusa per non andare a scuola, non esce più, nessuno viene a trovarla a casa, non è invitata a uscire, alle feste, ecc., si veste in modo diverso da prima, fa fatica ad addormentarsi, cambia abitudini alimentari, si mostra di umore depresso, è irritabile, preoccupata.
La prima cosa da fare è, appunto, rompere il muro del silenzio su questo argomento. Considerata la difficoltà nel parlarne, anche in contesti familiari dove vige un buon dialogo generale, è inutile se non controproducente fare delle domande dirette che vadano dritte al punto. Meglio fare domande più generali su cosa si fa a scuola, come sono i compagni, ecc.
La cosa fondamentale è che la vittima si senta sostenuta ed ascoltata, accolta sul piano emotivo senza giudizi, ad esempio, che non venga criticata perché debole o incapace di difendersi (già lei stessa si fà questi rimproveri), così come è bene che si senta compresa ed aiutata, visto che è già vittima di esclusione dal gruppo dei pari, e questo non deve avvenire anche in famiglia.
Deve esser creduta e presa sul serio, senza che il suo disagio venga sminuito o liquidato come episodi “normali” tra ragazzi; bisogna capire se è in grado di affrontare la situazione da sola o se ha bisogno di un aiuto esterno (es. psicologo) per esser “istruita” su come reagire e gestire il problema; infine, va spinta a parlare e denunciare i fatti, sia a scuola (con insegnanti, preside, ecc.) che con le autorità se si tratta di casi seri (es. forze dell’ordine, polizia postale per azioni sul web, ecc.).
E’ interessante vedere quali possono esser i consigli anche per i genitori che, invece, hanno il sospetto che le bulle siano proprio le loro figlie: innanzitutto, dare il buon esempio (spesso le radici del bullismo affondano nell’educazione ricevuta in famiglia); è facile, infatti, che un atteggiamento aggressivo si sviluppi dove è mancato affetto in tenera età o se i rapporti in casa sono sempre stati gestiti con aggressività.
Ha molto peso anche il modo in cui i genitori hanno gestito il potere in casa. L’uso di punizioni fisiche, accompagnato dalla mancanza di dialogo, porta i figli a usare lo stesso metodo per farsi rispettare all’esterno.
E’ utile controllare le amicizie: non basta conoscere il carattere della propria figlia, perché anche le compagnie influiscono sul comportamento. All’interno del gruppo si sa che si riduce la responsabilità individuale: cosi, in presenza di ragazze aggressive, lo diventa per emulazione anche chi di solito non lo è.
Inoltre, non essere troppo permissivi, poiché chi ottiene tutto con troppa facilità e ricatta i genitori se non ha ciò che vuole, può impostare su queste basi anche le altre relazioni e cercare una “vittima” tra le coetanee per imporle di fare quello che le aggrada.
E’ bene, infine, non idealizzare la propria figlia: spesso i genitori non vogliono vedere la realtà e, anche di fronte alle segnalazioni degli insegnanti, ritengono che la figlia sia accusata a torto. Anche se la ragazza non manifesta aggressività in altri ambiti o ha ottimi voti a scuola, meglio prestare subito attenzione ai campanelli d’allarme.
Sarebbe opportuno anche incanalare la sua aggressività: se una bambina comincia a mostrare atteggiamenti prepotenti, è bene orientarla verso attività che le permettano di sfogarsi rispettando le regole, come gli sport che insegnano la disciplina.
Comunque, da entrambi i punti di vista, sia come vittime che come bulli, sia come figli che come genitori, si rivela sempre molto utile un aiuto psicologico: il sostegno di un esperto può dare suggerimenti per fronteggiare nel modo più corretto situazioni difficili e/o delicate, per ammettere e superare le proprie paure, per migliorare le proprie reazioni ed i comportamenti, al fine di sentirsi più sicuri ed aumentare l’autostima.
Un percorso di psicoterapia ad indirizzo cognitivo-comportamentale è sicuramente adatto e consigliato in tutti quei casi dove si sente il bisogno di un professionista che ci supporti, in momenti di difficoltà, al fine di sviluppare e garantire il nostro benessere e la qualità di vita nostra e dei nostri familiari.