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Apatia: sintomi, cause e cura

apatia sintomi e significato

Apatia significato

Per comprendere il concetto di apatia ci riferiamo alla definizione proposta da Robert Marin. Questi la concettualizza come una “perdita di motivazione non imputabile a una compromissione dello stato di coscienza, a un impairment cognitivo o ad un distress emozionale”. Bisogna però trovare un accordo sul definire cosa si intende per “motivazione”.

La motivazione la potremmo definire come una  guida al comportamento necessario per poter mettere in atto una condotta finalizzata al raggiungimento di uno scopo. L’essere motivati a iniziare un’azione si può considerare l’anello di congiunzione tra un’idea e un comportamento.

Può risultare strano, ma non sempre i soggetti apatici sono privi di motivazione.

Vi sono situazioni di tremenda apatia in cui assistiamo addirittura a  livelli di motivazione molto intensi, pur non riuscendo a mettersi in movimento. I clinici conoscono bene le espressioni di molti pazienti: “Vorrei tanto…..ma non ci riesco”.

I livelli motivazionali sono adeguati ma sono carenti purtroppo i passaggi da mettere in atto necessari per raggiungere un fine. In molti casi di apatia il processo che dovrebbe portare al raggiungimento dello scopo si arresta subito dopo la fase ideativa.

Apatia e depressione

Il diverso grado di questa frattura determina i diversi livelli di gravità dell’apatia (un processo diametralmente opposto l’osserviamo nell’impulsività in cui pensiero e azione appaiono fusi).

Una confusione che viene fatta spesso da clinici, e non, riguarda l’associazione tra apatia e stato depressivo. Non necessariamente l’apatia è collegata a un disturbo depressivo: molte volte i soggetti apatici non scoppiano di felicità ma neppure sono particolarmente tristi.

Certamente è possibile osservare tratti apatici nei soggetti depressi ma in genere sono accompagnati ad altri elementi: prevale spesso l’assenza di provare piacere nelle cose (anedonia) e il conseguente senso di vergogna  o colpa per tale difficoltà.

Nei soggetti apatici a volte prevale una componente di scarsa empatia o scarsa consapevolezza di sé che li porta difficilmente a esperire sentimenti di colpa.

E’ di fondamentale importanza tenere distinti i disturbi depressivi dai quadri di apatia, non solo dal punto di vista concettuale. Infatti molti trattamenti farmacologici antidepressivi, che portano ottimi risultati nel primo caso, possono addirittura far peggiorare i secondi.

Basi biologiche dell’apatia

L’apatia vedrebbe anche il coinvolgimento di strutture neuroanatomiche differenti rispetto a quelle coinvolte nel disturbo depressivo. A volte deriva da lesioni cerebrali, traumatiche o vascolari, che si manifestano a livello dei lobi frontali o dei gangli della base. Altre volte può essere il segnale clinico di esordio di un quadro demenziale che si manifesta ancor prima del deficit mnesico o delle funzioni esecutive.

Dal punto di vista neurofisiologico l’apatia potrebbe essere il risultato di tre differenti processi:

  • una compromissione del collegamento dell’emozione all’azione;
  • un’inerzia cognitiva;
  • un deficit della ”auto-attivazione”.

In altri termini l’apatia può essere il risultato di una compromissione a qualunque livello del processo attraverso il quale formuliamo idee. Nonché riusciamo ad attribuire un valore emotivo all’obiettivo da raggiungere e collochiamo le idee alla messa in atto comportamentale.

Gli studi di neuroimaging

Dagli studi di neuroimaging e delle lesioni cerebrali dovute a cause diverse, si osserva che la corteccia prefrontale ventro-mediale e orbitofrontale risulta essere una struttura fondamentale nell’associare le emozioni allo svolgimento di un compito.

Quest’area cerebrale è più antica, evolutivamente parlando, rispetto ad alter regioni corticali superficiali e laterali (come le aree prefrontali dorso-laterali). La cosa non ci sorprende dal momento che la corteccia prefrontale si trova anatomicamente in prossimità delle aree limbiche (amigdala e ippocampo) che regolano i drives appetitivi.

L’inerzia cognitiva

Nella situazione definita di Inerzia Cognitiva non è lo scollegamento tra emozione ed azione a generare lo stato di apatia bensì l’elaborazione dell’obiettivo di per sé. Riuscire a formulare pensieri e articolarli tra loro in una sequenza articolata che porta alla completa esecuzione di un compito è un’abilità cognitiva di alto ordine, recente dal punto di vista evoluzionistico.

Una lesione a livello delle regioni frontocorticali o di altre parti connesse ad essa in un circuito (come ad es il talamo) può portare a grosse difficoltà anche in operazioni considerate semplici. Ad esempio il vestirsi, proprio per la difficoltà a rappresentare la sequenza cognitiva necessaria per eseguire correttamente il dato compito.

Tali quadri possono osservarsi a seguito di  ictus o demenze vascolari o frontotemporali.

I deficit di auto attivazione

Ancora diversa è la situazione di un quadro apatico derivato da un deficit dell’Auto-Attivazione. Gli stimoli che determinano una condotta umana possono derivare sia dall’ambiente interno che esterno.

In soggetti con lesioni focali a livello dei nuclei della base, pur non osservando deficit della funzione motoria, si può osservare una completa incapacità a svolgere qualunque azione. Possono rimanere immobili nella stessa posizione o addirittura non proferir parola per lunghi periodi. Questa viene considerata la forma più grave di apatia, definita abulia.

Ciò nonostante questi soggetti possono rispondere correttamente quando vengono formulate loro delle richieste o quando vengono guidati nello svolgimento delle attività. Si ritiene che in queste situazioni manchi proprio la capacità interiore a formulare  una corretta guida interna al compito, cosa che non accade quando questa giunge dall’esterno.

Il ruolo dei gangli della base

Sarebbero proprio i gangli della base le strutture deputate a integrare, organizzare e filtrare in modo adeguato le informazioni provenienti dall’interno o dall’esterno. Lesioni focali a livello dei  gangli della base – come il globo pallido o il talamo – possono determinare l’arrivo di una serie di informazioni disorganizzate alla corteccia prefrontale che impediscono la messa in atto di una qualsiasi condotta in modo autonomo.

Gli studi di neuroimmagine in soggetti apatici con lesioni dei gangli basali rilevano una marcata riduzione dell’attività della corteccia prefrontale, anche se quest’ultima risulta intatta dal punto di vista strutturale. I sistemi neurotrasmettitoriali che verrebbero compromessi nelle varie forme di apatia riguarderebbero in modo primario le vie dopaminergiche. Non a caso è proprio sui farmaci dopamino-agonisti che si sta concentrando la ricerca per migliorare l’apatia come sintomo.

Purtroppo per la cura delle cause a monte ancora ci vuole del tempo. Abbiamo parlato finora delle forme di apatia derivate da problemi organici.

Differente è la concettualizzazione di quadri in cui aspetti apatici possono derivare da strutture di personalità che possono beneficiare di un intervento cognitivo comportamentale e per le quali dedicheremo un ulteriore approfondimento.

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Autore dell’articolo

Dott. Michele Conte

Medico Chirurgo, specialista in Psichiatria, psicoterapeuta. Da circa 20 anni psichiatra nel Servizio Sanitario Nazionale; responsable del Centro Diurno del Distretto 8, USL Centro Firenze. Docente di Psicopatologia, Psichiatria e Psicofarmacologia presso la scuola di specializzazione quadriennale istituto IPSICO. Autore di circa 50 pubblicazioni, su riviste nazionali e internazionali, riguardanti aree psicopatologiche, psicofarmacologiche ed epidemiologiche. Profilo linkedin

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